IL
RITRATTO DI TERENTIVS NEO
CON GLI INSTRVMENTA SCRIPTORIA
ED ALCUNI TITVLI PICTI POMPEIANI
di Felice Costabile
in:
MINIMA EPIGRAPHYCA ET PAPYROLOGICA, III, 2000, 3,
LERMA di Bretschneider, pp. 8-17. |
Dal 12 al 15 marzo 1999 si è tenuto presso Reggio Calabria, sotto
il patrocinio di questa rivista, il I Incontro Internazionale di Epigrafia
e Papirologia Giuridica, del quale si dà conto nel Notiziario e la
cui locandina è stata illustrata dal celebre dipinto pompeiano di Terentius
Neo e della moglie con gli instrumenta scriptoria. Esso
ha incontrato, per il suo valore emblematico, tale gradimento da
parte del pubblico e dell'Editore Dr. Roberto Marcucci, che si è
deciso di usarlo d'ora in poi nella copertina dei Minima
Epigraphica et Papyrologica.
Mi è
sembrato perciò opportuno presentare in questo numero, che ospita
anche le prime relazioni dell'Incontro, qualche notizia e qualche
nuova considerazione sul dipinto.
L'affresco
di Pompei raffigurante un uomo e una donna, l'uno con un rotolo di
papiro, (altra con un dittico e uno stilo (fig. 1), è fra i più
conosciuti ritratti pittorici del mondo antico per l'espressività
fisionomica dei personaggi. Esso fu ritrovato nel 1868 (1)
nel tablinum della casa della regio VII, insula 2,6,
attribuita a Terentius Neo in base alla propaganda elettorale
dipinta sul muro a destra dell'ingresso (CIL IV, 871):
CVSPIVM
- PANSAM AED - TERENTIVS |
Cuspium
Pansam aed(ilem) Terentius |
La modesta dimora di Terentius Neo, con ingresso al numero
civico 6 della via Stabiana, era stata appena ristrutturata al
momento dell'eruzione (2)
lacconciatura della donna nell'affresco richiama modelli
di età neroniana e non ne era stata ancora del tutto
completata la decorazione pittorica. Una ristrutturazione in
particolare laveva resa comunicante con il contiguo pistrinum
al numero civico 3: si è perciò pensato che il proprietario della
casa lo fosse anche del pistrinum ed esercitasse dunque il
mestiere di panettiere.
Il
ritratto suo e della moglie in atteggiamento di intellettuali,
esibenti gli instrumenta scriptoria sarebbe allora segno di
una moda, per la quale un ceto di parvenus, avvezzo ad
impiegar lo stilo piuttosto per far di conto che per scrivere opere (3),
amava usurpare atteggiamenti ed iconografe dell'aristocrazia,
facendosi rappresentare con i simboli degli otia litterarum.
Un'analisi del volto di Terentius Neo, che sarebbe certo
piaciuta a Lombroso, ne ha riconosciuta tratti di rusticitas,
"tipicamente sannitici" zigomi alti, labbra
carnose, grandi occhi scuri, incarnato abbronzato e perfino
di astuzia da commerciante o da contadino nello sguardo, che
confermerebbero trattarsi non di un vero intellettuale, bensì di un
uomo rozzo, appunto un panettiere (4).
Ma si confondono così le umili origini, o la modesta agiatezza
raggiunta dal nostro, con le doti intellettuali, e si dimenticano
altresì i due Catoni ed i molti giuristi e letterati romani (per
non parlare di alcuni moderni!) che, nonostante la loro cultura,
dovevano essere di catoniana rusticitas nell'aspetto e nei
modi, come i ritratti dell'epoca tante volte confermano
. E
si pensi d'altronde all'aspetto popolano di alcuni fra gli stessi
imperatori: Vespasiano, non certo un raffinato letterato, ma
altrettanto certamente un uomo dotato di grandi capacità
intellettuali; "uomo di origine equestre", si dirà; ma si
ricordi allora lo stesso Nerone, che pure con la letteratura si
cimentava pare non indegnamente, o Nerva, sulla nobilitas dei
quali nessuno potrebbe ridire. Sicché siffatta analisi
"stilistica" è talmente condizionata da soggettività ed
arbitrarietà, da non avere alcun valore scientifico per stimare il
livello intellettuale di un personaggio, anche se le si può invece
riconoscere d'aver colto un tratto autentico della personalità
dell'uomo così rappresentato.
Del
resto Della Corte (5)
aveva contestato la tradizionale convinzione che il ritratto
raffiguri un panettiere, all'epoca identificato con un Proculus,
il cui nome si trova dipinto all'ingresso del pistrinum (CIL
IV, 920): Procule Frontoni tuo officium commoda ("Proculo,
fa il tuo dovere verso il tuo amico Frontone''), frase generalmente
intesa come raccomandazione elettorale. Della Corte aveva anche
pensato che Proculus fosse il pistor e Neo il
proprietario della casa, entrambi Terentii e probabilmente
fratelli.
Egli
aveva inoltre riferito loro il singolare programma elettorale della
vicina domus di M. Lucretius (CIL IV, 875):
C
- IVLIVM - POLYBIVM - II VIR - STVDIOSVS - ET - PISTOR |
da lui interpretato come (TT. Terenti Neo) studiosus et
(Proculus) pistor (rogant). Il Della Corte
recuperò un'intuizione dell'Avellino nel considerare studiosus
et pistor non già cognomina, ma epiteti, ed ipotizzava
che Neo fosse stato uno studiosus iuris (6)
; questa ipotesi, che il Della Corte confortava con precisi
riferimenti alle fonti (Suet., Nero 32; CIL VI, 33868), trova in
verità un riscontro di cui il Pompeianista non si avvide: il rotolo
tenuto in mano dall'uomo ha infatti in alto un'appendice di colore
rosso, nella quale va riconosciuto il sigillo di ceralacca tipico
dei papiri documentari. Ma l'attribuzione del pistrinum al Proculus
invocato in pro di Frontone nel titulus pictus sulla parete
esterna non è affatto scontata, come il Della Corte credeva, né è
stata accolta nella letteratura più recente, che attribuisce il pistrinum
e la casa insieme a Terentius Neo.
E ne
sono anch'io convinto per alcune ragioni, che vale la pena di
esaminare. Anzitutto sulla parete esterna del pistrinum di Neo,
Proculus è esortato al vocativo. Egli stesso invece è
(esortante nella propaganda elettorale (CIL IV 3651) di un altro pistrinum
(IX 3, 10 12), quasi antistante a quello di Terentius Neo:
POPIDIVM
- AED
PROCVLVS - ROG |
Popidium
aed(ilem)
Proculus rog(at). |
Mi sembra dunque più probabile che Proculus fosse
proprietario della taberna IX 3,10 12, dotata di un banco di
vendita del pane, mentre esso manca nel pistrinum VII 2,3 di Terentius
Neo. Questi fu dunque proprietario di un ben attrezzato
laboratorio per la confezione del pane (7),
ma non di un negozio per la sua vendita. Tale attività era invece
gestita da un Proculus nel negozio di fronte (8).
Vien
fatto dunque di pensare che Terentius Neo non gestisse la
vendita al minuto, ma piuttosto producesse e vendesse all'ingrosso,
avendo come suo primo cliente il dirimpettaio Proculus,
panettiere con piccola produzione propria ma con un banco di vendita
al dettaglio. Dobbiamo dunque considerare Neo controllore e
supervisore della produzione del suo pistrinum, piuttosto che
gestore in forma diretta: tale sarà stato se mai un suo servus
o libertus procurator. Egli appare dunque meno umile di un
panettiere, inteso come piccolo produttore e venditore di quartiere.
E precede infatti il piccolo panettiere Proculus nel titulus
pictus in lateribus dealbatis, dall'altra parte della strada
rispetto alla sua casa, con il quale "il professore" (studiosus)
ed "il panettiere" (pistor), solidali nel
commercio, esortavano insieme a votare il loro comune candidato
all'edilità, Caius Iulius Polybius. Questi, nonostante la
signorile agiatezza della sua domus, con lattività
molitoria doveva pur avere a che fare, ad un livello assai più
elevato di Terentius Neo, se di lui si diceva come referenza
elettorale che panem bonum fert((9)).
Non ripetendo la sua modesta agiatezza da un umile banco di vendita,
Terentius Neo poteva comunque atteggiarsi ad intellettuale,
secondo una tendenza sociale, che proprio in quell'epoca trovò la
sua caricatura letteraria in Trimalcione.
Ma
non è una garbata ironia da parte di amici, o un involontario
umorismo dello stesso Neo, che dobbiamo riconoscere
nell'epiteto studiosus: nella società di quartiere,
illetterata anche se alfabetizzata, "il professore" doveva
essere ammirato per la sua cultura, ed associato al
panettiere, un piccolo commerciante, certo, ma con la sua
posizione economica apprezzata, quando ci si accingeva a votare i
candidati alle cariche pubbliche.
Studiosus
sembra davvero un vivace commento al ritratto di Neo, che ci
restituisce una squarcio della vita quotidiana di Pompei. Dipinto
nel tablinum di una modesta casa, neppure confrontabile con
quelle domus, che imitavano in sedicesimo lo stile delle
ville patrizie (10),
il ritratto con gli instrumenta scriptoria si ispira a
signorili modelli pittorici perduti dell'ellenismo: la disinvoltura
del lezioso gesto di portare lo stilo alle labbra in atteggiamento
pensoso voleva dimostrare la familiarità della donna con la cultura
scritta. Vi faceva da pendent il mento dell'uomo poggiato
sulla sommità del volumen: ciò significava che entrambi
erano assorti in alti pensieri. Non a caso ritroviamo gli stessi
atteggiamenti in altri due più raffinati dipinti pompeiani (11)
dell'insula Occidentalis (figg. 3 4), che non sono
ritratti, ma raffigurazioni di genere. Al confronto, quello di Neo
si distingue per il ricordato sigillo di ceralacca rossa sul rotolo,
che vuole trasmettere un preciso messaggio del tutto
originale ed estraneo al modello iconografico cui attinse il pittore
pompeiano sul suo contenuto: è questo un papiro non
letterario, bensì documentario, un importante atto giuridico che,
insieme alla toga, palesa lo status sociale di Neo.
Che l'imitatio
dei modelli intellettuali della vita urbana da parte di
provinciali si risolvesse necessariamente in uno scimmiottare
la nobilitas è in fondo più che altro una presunzione dei
moderni, che erige a paradigma una verità parziale, ed a cui sfugge
la funzione di diffusione della cultura e della civiltà che tale imitatio
rivestì nella società dell'epoca tardo repubblicana e del
principato. Per un Trimalcione rappresentato da Petronio con
aristocratico distacco in ambito letterario e con finalità
caricaturali, non si dimentichi il più democratico giudizio storico
e sociale di Cesare sulla Gallia "togata", quand'egli sa
apprezzare senza pregiudizi cultus atque humanitas della
provincia romana.
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©
Felice Costabile |
Note:
1 Napoli, Museo
Nazionale, inv. 9058. Bibliografia sulla casa e sul ritratto:
Giornale degli Scavi di Pompei, Nuova Serie 1 4, 1868 1869,
61 64. Bullettino dell'Instituto di Corrispondenza
Archeologica 1868, 202 205. G. F10RELLI, Gli scavi di Pompei
dal 1861 al 1872, Napoli 1873, 28 29. ID., Descrizione di
Pompei, Napoli 1875, 183 184. A. MAU, Pompeji in Leben und
Kunst, 1(a) ediz., Leipzig 1900, 499. A. SOGLIANO, Le pitture murali
campane scoverte negli anni 1867-1879, in Pompei e la regione
sotterrata dal Vesuvio, 11, Napoli 1879, 114, 285, 349, 394, 557,
566, 634 5, 673, 795. L. CURTIS, Die Wandmalerei Pompejis, Köln
1929, Taf. XII. M.H. SWindler, Ancient Painting, New Haven 1929,
374. A.W. VAN BUREN, Further Pompeian Studies, Memoirs of the
American Academy in Rome, 10, 1932, 29 31. O. ELIA, Pitture
murali e mosaici nel Museo Nazionale di Napoli, ivi 1932, 109 e fig.
38. DERUP, Die Datierung Mumienporträts, Padeborn 1933, Taf. 4. A.
MAIURI, La peinture romaine, Genève 1953, 103. Id. Il Museo
Nazionale di Napoli, ivi 1957, 126. K. SCHEPOLD, Die Wände Pompejis.
Topographisches Verzeichnis der Bildmotive, Berlin 1957, 168 9.
M. DELLA CORTE, Case ed abitanti di Pompei, Napoli 1965(3), 157 160.
G. HANFWANN, Arte Romana, Milano 1965, tav. XLIII. R. BIANCHI
BANDINELLI, in EAA VI, 730, s.v. Ritratto, nr. 23. 1. BRAGANTINI,
M. DE VOS, F. PARISE BADONI, V. SAMPAOLO, Pitture e pavimenti di
Pompei, 111, Roma 1981, 55 56. B. MAYESKE, Bakeries, Bakers and
Bread at Pompeii, Diss. Univ. Maryland, Michigan 1972, 110 113.
U. SAMPAOLO. Bellezza e lusso, Roma 1992, 101 2. ID., in
Meisterwerke der Antike aus dem Archäologischen Nationalmuseum
Neapel, Bonn 1995, 130 n. 37. ID., in Pompei. Pitture e mosaici VI,
Roma 1996, 468 481 e fig. a p. 486. ID., in Romana pictura.
Catalogo della mostra. Venezia 1998, 312 nr. 136. M.R. BORRIELLO, in
Homo Faber. Natura, scienza e tecnica nell'antica Pompei, a cura di
A. Ciarello, Milano 1999, 74 con fig. a p. 79.
2 Per la
cronologia in base all'acconciatura della donna, attestata in età
neroniana, cfr. bibliogr. a n. 1 ed infra n. 6. Si consideri inoltre
che Terentius Neo sembra essere fra i sostenitori di C.
Iulius Polybius candidato all'edilità negli ultimi anni di
Pompei, forse nello stesso 79 d.C.: cfr. P. CASTRÉN, Ordo
Populusque Pompeianus, London 1975, 119, 178 nr, 205, 2; E. LA
ROCCA, M. DE VOS, Guida archeologica di Pompei, Roma 1976, 221.
3 Cfr. Mau,
Sogliano, Swindler, Maiuri, Bianchi Bandinelli, Sampaolo, Borriello,
citt. a n. 2.
4 Cfr. n.
prec.
5 Cit. a n. 1.
6 F.M, Avellino,
in Bull. Arch. NapoL 2, 1844, 86: «Singolari sono questi due nomi,
e difficilmente vorranno credersi i veri nomi degli acclamanti.
Questo epigramma conferma l'opinione che in tali nomi siavi
sovente qualche epigrammatica allusione». L'acconciatura è ormai
concordemente riferita all'età neroniana (contro: CURTIUS, cit.
a n. 1). Per il sigillo di ceralacca cfr. HANFMANN cit. a
n.1.
7 SAMPAOLO, in
Pompei. Pitture e mosaici, cit, a n. 1. Il panificio si distribuiva
su due piani, era dotato dì un atrio, quattro cubicoli per gli
schiavi, una cucina con latrina, una stalla con mangiatoia per gli
animali da macina, tre ambienti per il panificio vero e proprio,
fornito di macine, di cui una ricoperta con lamina di piombo, vasche
per acqua, un vasto magazzino per le scorte, il laboratorio con un
dolio seminterrato e un'anfora murata, ed infine il forno.
8 A. MAIURI.
Pompei, Roma 1967 14 , 58s.
9 E. LA ROCCA.
M. DE VoS, Guida archeologica di Pompei, Roma 1976, 227.
10 P. ZANKER,
Pompei, Trad. A. Zambrini. Torino 1993, 151 ss.
11 Napoli,
Museo Nazionale, inv. 9084 e 9072. MAIURI, La peinture romaine, Genève
1953, 103. SAMPAOLO, in Romana pictura, cit. a n. 2, 312 13 nr.
138 9. M.R. BORRIELLO, in Homo Faber, cit, a n. 2, 210. |
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