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questa notizia contiene 10 commento/i ] 

13-09-2007
Scuole, voti e competenze
Aline Pennisi
Salvatore Modica
Valentino Dardanoni

L’interesse relativo alla disponibilità di indicatori affidabili delle competenze degli studenti si è rafforzato nel dibattito internazionale, in virtù della loro crescente rilevanza nelle decisioni pubbliche in materia di istruzione e in quelle delle imprese sul mercato del lavoro.
Diverse misure di performance sono disponibili per gli studenti e gli altri stakeholders: innanzitutto i voti di pagelle ed esami finali e, sempre più frequentemente, le valutazioni derivate dalle indagini specifiche effettuate attraverso prove conoscitive standardizzate, in particolare quelle dello Iea e il programma Ocse-Pisa
Queste ultime sollevano questioni spinose, poiché è difficile costruire batterie di prove adeguate, è costoso somministrarle a tutti gli studenti e la ripetizione di prove simili nel tempo rischia di indurre meccanismi perversi, come "l’ammaestrare" gli studenti ai test e trascurare le discipline meno sottoposte a scrutinio. D’altra parte, il ricorso ai voti per valutare le competenze degli studenti offre vantaggi notevoli: le valutazioni effettuate nelle scuole dagli insegnanti sono frequenti, riguardano l’intera popolazione studentesca e sono disponibili senza dover incorrere in alcun costo supplementare. (1) Per esempio, se i voti riflettessero i livelli di preparazione degli studenti in maniera affidabile i test di ammissione alle università perderebbero il ruolo centrale che in questo momento rivestono.

Segnali del debole contenuto informativo dei voti scolastici in Italia

Purtroppo, in Italia il contenuto informativo dei voti scolastici sembrerebbe piuttosto debole. I dati dell’indagine Ocse-Pisa 2003 mostrano, ad esempio, che la distribuzione dei voti conseguiti dai quindicenni in matematica è del tutto simile per Centro, Nord e Sud, nonostante che la corrispondente distribuzione dei livelli di competenza sia assai diversa tra le diverse aree territoriali. Ciò suggerisce che gli insegnanti tendono a replicare un criterio di votazione "relativa" all’interno delle classi più che a confrontarsi con un metro nazionale. Tale distorsione renderebbe le informazioni ottenute tramite i voti scolastici inadeguate a fornire indicazioni attendibili alla comunità nazionale, sia per la valutazione di studenti e scuole che per un utilizzo efficiente delle risorse finanziarie nel territorio.

Modelli di omogeneità/eterogeneità tra scuole nell’assegnazione dei voti

Nel recente studio "Grading in Heterogeneous Schools" (2), gli autori di questo articolo presentano un modello teorico ed evidenze empiriche relative a cinque paesi (Australia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Stati Uniti nell’indagine Ocse-Pisa 2003) sul valore informativo dei voti scolastici come indicatori del livello di preparazione degli studenti in contesti istituzionali differenti.
Si individuano sistemi scolastici nazionali in cui a parità di livello di competenza, i voti sono omogenei e indipendenti dalla scuola frequentata dallo studente, e sistemi nei quali, invece, i criteri di assegnazione dei voti sono disomogenei tra scuole. In questo caso sussiste sul territorio una distorsione informativa più o meno forte e, tipicamente, nelle scuole più deboli si assegnano voti più elevati a parità di livello di competenza.
Dall’analisi risulta che in Australia e negli Stati Uniti vi è una certa omogeneità nei criteri di assegnazione dei voti scolastici da parte degli insegnanti, indipendentemente dalla scuola in cui operano. Negli altri paesi i voti tendono a essere "gonfiati" nelle scuole più deboli. Ciò accade in maniera uniforme - per tutti gli studenti - in Germania e nei Paesi Bassi.
In Italia questo avviene in misura più marcata per gli studenti con livelli di competenza più scarsi, ma in misura nettamente minore per gli studenti con livelli di competenza più elevati. In altre parole, nel nostro modello (assumendo che la distribuzione dei voti venga decisa sostanzialmente a livello della singola scuola e che due scuole che presentano una distribuzione delle competenze simile tenderanno a usare criteri di valutazione simili) risulta che in Italia uno studente con voti alti è bravo anche se proviene da un contesto sfavorevole. D’altro canto, la tendenza a non bocciare un numero troppo elevato di studenti per scuola porta a una sostanziale correzione all’insù dei voti bassi nelle scuole peggiori, di fatto localizzate in maniera predominante nel Mezzogiorno.
La figura di sotto rappresenta – per Germania e Italia – la relazione tra i punteggi Pisa stimati a livello nazionale e la valutazione data dalla scuola, per gli studenti che frequentano una scuola mediamente "buona" (retta di sotto) e una mediamente "scarsa" (retta di sopra). Si osserva che in Germania (diagramma a sinistra) esiste un’ampia differenza di punteggio tra scuole sia per gli studenti che hanno ottenuto dai loro insegnanti voti bassi che per quelli che hanno avuto voti alti, mentre in Italia (a destra) la differenza risulta molto più marcata per gli studenti con voti scarsi.

L’urgenza di sistema di valutazione nazionale credibile

L’esperienza internazionale insegna che paesi che adottano esami o test centralizzati sul piano nazionale, standardizzati non solo nel contenuto ma anche nelle procedure di valutazione degli esiti (magari condotte da soggetti esterni alla scuola) sono quelli in cui si osservano livelli di apprendimento più elevati. Questa sembra anche essere una condizione sufficiente (seppure non necessaria) per promuovere standard uniformi di riferimento per l’assegnazione dei voti scolastici. (3)
Nel caso italiano l’assenza di esami centralizzati, in particolare nelle medie inferiori, e il ritardo nella costruzione di un sistema nazionale di valutazione hanno contribuito a impoverire i riferimenti a disposizione degli insegnanti e delle scuole. Di fatto, non sono ancora stati definiti "standard di apprendimento" ovvero livelli essenziali di prestazione per la scuola, che pure sono previsti dal dettato costituzionale.
Le premesse per un cambiamento vi sono. È auspicabile che venga rafforzata la omogeneità degli esami di Stato (percorso già avviato tramite la re-introduzione di un commissario esterno), e sembra urgente anche progettare un sistema di valutazione nazionale robusto volto a misurare il valore aggiunto delle scuole, in grado di fornire alla collettività un valido strumento di supporto alle decisioni.

(1) I voti sono spesso comprensivi di informazioni sullo sforzo conseguito e sul comportamento/attitudine dello studente. Il punto qui è se le informazioni su conoscenze, abilità e competenze degli studenti sono rappresentate sufficientemente bene e secondo un metro comune tra le diverse scuole di uno stesso territorio.
(2) Disponibile su
www.unipa.it/modica
(3)
Si rimanda al lavoro citato per la bibliografia.



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Commenti presenti

20-09-2007 01:39:00
Emanuele Russo
Alcune certificazioni sarebbero GIÀ disponibili...
Istituire dei sistemi centralizzati di valutazione è molto semplice perché... CI SONO GIÀ, almeno per alcune materie.
Ad esempio basterebbe imporre che per essere ammessi alla maturità occorre avere l'ECDL e il Fist Certificate of English del British Council (e certificazioni analoghe per le altre lingue del Goethe, Cervantes, ecc.), abolendo contestualmente l'assurda e costosa ordalia autoreferenziale delle prove di inglese e informatica all'esame di maturità.

Vantaggi:

(1) I costi per i test li pagherebbe il ministero dell'istruzione (e non le famiglie), ma sarebbero comunque molto inferiori al compenso percepito dagli insegnanti delle rispettive materie per prendere parte alla commissione d'esame;
(2) Il ministero potrebbe strappare prezzi unitari migliori comprando le sessioni di test "in blocco";
(3) Le università risparmierebbero sui test d'ammissione in queste materie potendosi "fidare" della serietà dell'organo che gestisce la certificazione;
(4) Le famiglie verrebbero messe in condizione di scegliere con cognizione di causa la scuola a cui iscrivere i figli, potendo vedere i risultati conseguiti dagli alumni degli anni precedenti;
(5) Le scuole o i provveditorati vedrebbero quali insegnanti di informatica o lingue sono bravi (avendo un'alta percentuale di alunni che hanno conseguito voti alti nella certificazione), e quindi da incentivare con un benefit (es. un 1% di mensilità per ogni promosso, e un 3% per ogni promosso con buoni voti), e quali non sanno fare il proprio mestiere, e quindi sono da cacciare (ad esempio quelli le cui classi per due anni consecutivi non registrano almeno 2/3 di promossi).
In seguito potrebbero essere attivati test con procedure di valutazione simili in matematica (con temi d'esame come adesso ma corretti in doppio cieco e in separata sede su scala nazionale da professori terzi); magari gestiti dalla Normale di Pisa che ha già il know-how organizzativo delle "Olimpiadi della Matematica".
Perché non lo si fa?


19-09-2007 16:17:00
Gianfranco Giovannone
Uno scandalo intollerabile
L'articolo tocca un punto cruciale relativo sia alla valutazione dei singoli studenti sia a quella dei diversi istituti. Non c'è solo la questione della differenza tra Centro-nord e Meridione evidenziata dal rapporto OCSE-PISA. Nelle realtà che conosco meglio, quelle di Pisa e Livorno la percezione che in uno dei licei delle due città i voti siano gonfiati rispetto all'altro è
data per scontata a livello diciamo così popolare.In uno dei due licei gli studenti devono sudare per arrivare al sette, mentre nell'altro abbondano i nove e anche i dieci.Suppongo che lo stesso avvenga in altre città, del Sud, del Nord e del Centro.Se l'interesse della società nei confronti del sistema formativo fosse vivace come in altri paesi, questo sarebbe uno scandalo intollerabile, peggiore di quello recentemente emerso a proposito dei test delle facoltà a numero chiuso.
Occorre aggiungere che per avere un sistema centralizzato e standardizzato di valutazione, questa dovrebbe essere basata esclusivamente sulle prove scritte, come avviene in Inghilterra, dove solo per le lingue straniere è previsto un esame orale. Ma questo pone qualche problema perchè l'interrogazione orale è indubbiamente utile per aiutare l'organizzazione del pensiero e affinare le capacità espressive, soprattutto in un paese di rètori, chiacchieroni e legulei come l'Italia.


19-09-2007 15:45:00
Prof. Paolo Punter
sistema di valutazione accentrato
Ciò che viene rappresentato è verissimo. Attualmente i "voti" rappresentano se stessi e non la realtà. Sono il frutto nella maggior parte dei casi di mille mediazioni e mille vincoli (posti a chi deve "fornirli) e sempre o quasi spinti verso l'alto. Come nello sport esiste l'antidoping per rendere, per quanto possibile, leale la competizione, così nel percorso formativo (dal primo gradino al terminale)dovrebbe intervenire una valutazione omogenea e somministrata da un soggetto esterno (il conflitto d'interessi, anche in questo caso è realtà) per rendere credibile una valutazione. Che la si voglia rendere in un "voto", per semplicità e leggibilità universalmente conosciuta dai fruitori , o meno è assolutamente relativo. Ciò che conta è la sua credibilità ciò che oggi non è ! Che ci possa essere la volontà e la forza per tale cambiamento è (purtroppo) dubbio. Forse sarebbe l'inizio della fine: dei furbetti, del clannismo, del favoritismo, del familismo, del.....


18-09-2007 20:34:00
88ciccio88
Validità del voto
Ho letto il vostro articolo e posso dire che è molto dettagliato e ben articolato.
Io mi sono appena diplomato in un liceo scientifico in un piccolo paesino in provincia di Catania con 96/100.
La mia opinione sul voto è molto negativa. Sono d'accordo che il voto dipenda molto dal contesto classe e dal professore che valuta e per questo non credo sia possibile creare un test oggettivo su base nazionale.
Sono dell'opinione che da un test non si può riconoscere la totale preparazione del ragazzo.
La cosa più assurda per me è la media! Perché non si possono sommare giudizi di materie differenti. E' come dire che uno ha 10 patate e 5 carote in media 7,5 ortaggi.
Non vedo l'utilità di questo valore anche perché i paragoni tra questi valori sono assurdi secondo voi uno che ha 8 patate e 8 carote è migliore di chi ha 10 patate e 5 carote??
Secondo me i voti (e i prof incompetenti) sono quello che non funziona nella scuola.
La scuola deve essere un luogo dove il ragazzo deve formarsi liberamente, accrescere la propria conoscenza e non competere con i propri compagni x raggiungere un giudizio maggiore.
Studiare x un giudizio è come andare a prendere il legnetto in cambio dello zuccherino.
La scuola dovrebbe insegnare ai ragazzi a pensare con la propria testa e non a saper superare test.
Sono ben accette critiche al mio ragionamento


18-09-2007 19:17:00
Michele Ruggiero
Mia esperienza
Concordo con l'analisi fatta e con i commenti postati dagli utenti. E' davvero deprimente la situazione delle scuole italiane e delle università. Mi mancano due esami alla laurea triennale in ing. gestionale, mi ritengo discretamente bravo, ma diversi amici miei sono già laureati perchè sfruttano metodi "poco ortodossi" per passare gli esami, perchè all'orale magari sono più simpatici, perchè durante le lezioni andavano dal prof. solo per "farsi vedere"...
Non si valuta più in maniera obiettiva attraverso test scritti, ma si premia il più furbo. E non credo sia solo la mia esperienza, perchè leggendo in rete leggo che questo sta diventando uno standard italiano, un pessimo standard.
Al liceo io chiedevo di partecipare alle olimpiadi della matematica, ce n'erano di bravi nel nostro istituto,ma pagare 30 euro per il bus era troppo per il preside, perchè avrebbe dovuto investire su di noi...
Scusatemi per lo sfogo, ma condivido il vostro articolo e i commenti ivi esposti.


18-09-2007 17:41:00
Dott. Fabio Lottino
VOTO..APPARENZA..SCUOLA
Fresco laureato in economia aziendale con votazione 94/110..soddisfatto e realista..ho studiato tanto ma la mia valutazione reale oggettiva e soggettiva si discosta di poco da quella numerica.
Ciò che mi dispiace che tanti altri nell'Università italiana ottengono votazioni alte ma non altissime (si alzi le mani verso tanti dei 110 e 110 lode) con una preparazione molto più scarsa della mia.
Per non parlare del fiume umano di iscritti e laureati in una facoltà quanto mai ibrida quanto inutile quale Scienze delle Comunicazioni, il cui fondatore in Italia Ser. Maurizio Costanzo, oggi è tra i primi critici verso codesta facoltà!
Dove stiamo andando? Possibile mai che per affermarti dopo anni di studio devi continuare a sperare che qualcuno valuti soggettivamente e oggettivamente te e soprattutto faccia lo stesso con gli altri?

Dott. Fabio Lottino


18-09-2007 15:19:00
Giovanna Roiatti
scuola e valutazione
Son anni e anni che si parla di mettere in piedi un sistema di valutazione dei risultati dell'apprendimento, degli istituti, degli insegnanti e non si arriva mai a impostare qualcosa di concreto, utile, pragmaticamente efficace per il miglioramento del sistema scolastico. Fino a ieri guai a pronunciare la parola Valutazione, al massimo si poteva parlare di autovalutazione. E adesso?


18-09-2007 09:43:00
VITTORE DA RIN
Che scuola!
Il problema è che in Italia nessuno vuole un sistema di valutazione nazionale robusto volto a misurare il valore aggiunto delle scuole, come dice l'articolo perché la classe insegnante non vuol essre giudicata, lo Stato non vuole una verifica obiettiva del mal funzionamento di tanta parte della sua scuola e gli studenti sperano sempre che in un sistema così poco efficace nel valutarli possono trovare la possibilità  di andare avanti anche con poca applicazione. In occasione del recente scandalo dell'esame per l'ammissione a medicina ho sentito in tv il ministro Mussi sconfessare la validità  dei test a risposte multiple e sostenere la necessità  di introdurre anche una valutazione del curriculum scolastico. Quando abbiamo tutte le dimostrazioni che la valutazione all'interno della scuola ha un valore del tutto relativo. Quando feci io la maturità  nel 1962, esisteva non il singolo commissario esterno ma l'intera commisione esterna e le prove scritte erano nazionali eguali per tutti. Eppure i nostri compagni di scuola sonoramente bocciati e senza speranza che se ne andavano a rifrequentare l'ultimo anno in meridione alla maturità  seguente passavano con la media del 7 che a quei tempi per noi poveri tapini del nord era il risultato solo dei bravissimi. Se non si introdurranno delle prove obiettive come i test, valutare l'effettiva preparazione sarà sempre un miraggio. Ma quando i risultati raggiunti con gli attuali sistemi inefficaci hanno un valoreà  ha il più ampio spazio. Inoltre ci vuole l'effetiva volontà  di persweguire l'inganno. Quando due anni or sono mia figlia ha sostenuto l'esame di procuratore a Milano (Milano nel nord, non Catanzaro) i concorrenti avevano di tutto dai testi ai cellulari. Comunque del tutto inutili per la figlia di un magistrato che scioltasi in lacrime fu consolata da un Commissario che l'assistette per tutta la prova.


16-09-2007 02:42:00
Ugo Gragnolati
Alcune considerazione sugli esami centralizzati
Ho ritenuto eccellente e di grande interesse l'articolo proposto dagli autori e desidero ringraziarli. Vorrei aggiungere alcune considerazioni.

La prima è che esiste un eccellente esempio di esame centralizzato da cui ritengo che sarebbe importantissimo attingere esperienza e informazioni: si tratta dell'International Baccalaureate (www.ibo.org). E' un esempio estremo e di grande interesse poichè le scuole che aderiscono a tale programma non sono "nazionali", bensì localizzate in tutto il mondo; esse ricevono tutte il medesimo esame che viene poi valutato da un gruppo di "correttori" debitamente istruiti e assistiti da parte dell'organizzazione centrale (che ha sede a Ginevra). Questo sistema offre, tra gli altri, l'enorme vantaggio di non "relativizzare" la valutazione individuale sulla base della classe, e al contempo di poter garantire attraverso i grandi numeri la possibilità di una valida "normalizzazione" dei risultati.

La seconda riguarda un ulteriore vantaggio della centralizzazione. Infatti, attraverso di essa sarà finalmente possibile valutare l'operato degli insegnanti: la comparabilità dei risultati degli studenti comporta anche la possibilità di ricollegare ciascuna classe a precisi insegnanti, e quindi di verificare quanto ciascuno di essi abbia "fatto rendere" i propri allievi.

Normalmente, quest'ultima considerazione dovrebbe sollevare la questione del "livello iniziale": se una classe è composta da studenti mediamente meno bravi di quelli appartenenti ad un'altra classe, il minor rendimento dei primi potrebbe non essere completamente ascrivibile agli insegnanti. Tuttavia, attraverso test quali il Pisa è possibile valutare il livello iniziale di competenze di ciascuna classe e quindi valutare il miglioramento avvenuto durante il percorso scolastico. Di conseguenza, è anche possibile valutare l'operato degli insegnanti non sul valore assoluto delle competenze dei loro allievi, ma sul differenziale generato durante il loro insegnamento.


15-09-2007 18:13:00
rosario nicoletti
semplice riflessione
Trovo l'articolo interessante e ben documentato. Ma alla stessa conclusione (voti non rappresentativi della preparazione) si perviene sulla base di una semplice considerazione. Dato che non esistono più le bocciature (o sono statisticamente insignificanti) i voti si distribuiscono nello stesso intervallo qualunque sia la preparazione degli allievi. Chi giudica segue sempre il criterio di premiare chi sa di più, poco o molto, sufficiente o insufficiente che sia. Il guaio è nelle approvazioni generalizzate.



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