teCLa :: Rivista #3

in questo numero contributi di Monica Preti-Hamard - Bénédicte Savoy, Nicoletta Di Bella, Carmelo Bajamonte, Iolanda Di Natale, Roberta Priori Marcella Marrocco.

codice DOI:10.4413/RIVISTA - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010

Un grande corrispondente europeo. Aubin-Louis Millin tra Francia, Germania e Italia di M.Hamard-B.Savoy

Chiunque si interessi alle scienze e alle arti nella Parigi del periodo rivoluzionario e napoleonico ha incontrato il suo nome. Aubin-Louis Millin (1759-1818) è uno dei principali attori della vita intellettuale e delle istituzioni culturali francesi intorno al 1800. Contemporaneamente soprintendente del Gabinetto delle Medaglie e Antichità a Parigi, tessitore di reti di contatti, perno di un vasto sistema di informazioni letterarie, redattore del famoso “Magasin encyclopédique”, uno dei più efficaci strumenti di diffusione delle novità scientifiche europee in Francia, Millin è senz’altro una delle personalità che meglio incarnano i tre imperativi della République des lettres: propagazione, emulazione, scambio[1].

Nell’ambito di un convegno dedicato alle dinamiche degli scambi artistici in Europa e ai loro attori, ci è parso interessante interessarci alla sua attività di corrispondente tra la Francia, l’Italia e il mondo tedesco. Una ricerca ovviamente parziale, che acquista senso solo se viene messa in rapporto con altre ricerche, in particolare coi lavori pionieristici realizzati da Cecilia Hurley durante gli scorsi anni[2].

Per analizzare il ruolo d’intermediario di Millin, la sua corrispondenza offre un ricco campo di ricerca. Essa permette di seguirlo da vicino: dinamiche transfrontaliere un po’ evanescenti; canali di diffusione internazionali; la costruzione di un sapere e di un discorso omogeneo su obiettivi scientifici comuni (monumenti antichi, monete e medaglie, testimonianze architettoniche, ecc.). Nelle pagine seguenti ci proponiamo di delineare una cartografia sommaria della rete epistolare di Millin nello spazio germanico e in Italia, insistendo soprattutto sul carattere complementare della sua attività di corrispondente e quella di viaggiatore. Tenteremo poi di individuare, alla luce di due precisi scambi epistolari, le funzioni della corrispondenza, la natura delle informazioni e degli oggetti scambiati, l’impatto di questi scambi sull’elaborazione di un sapere comune. Cercheremo infine di valutare, in termini di transferts culturali, quali effetti triangolari abbia comportato il doppio dialogo tra Millin e le comunità dotte italiane e tedesche.

In ultima analisi, si tratta di contribuire ad una migliore conoscenza delle interrelazioni forti che caratterizzavano lo spazio europeo del sapere sotto l’Impero.

 

La rete di corrispondenti europei di Millin. Millin e lo spazio germanofono

Bénédicte Savoy

 

J’ai bien peu de momens libres, il faut voir le monde et le recevoir, courir les monumens quand il fait beau, visiter les cabinets et les artistes lorsque le tems est – comme depuis 8 jours – detestable, rediger mes notes et entretenir ma correspondance avec le ministre, mon administration, mes parens, mes amis, et les redacteurs subrogés du magasin[3].

 

Millin descrive così le sue attività in una lettera del 9 gennaio 1812 scritta da Roma. Attività certo diverse da quelle che svolge di solito a Parigi, ma tuttavia caratterizzate, come quelle, dalla preoccupazione costante di accumulare conoscenze e documenti sul patrimonio artistico messo alla sua portata; di curare le sue reti sociali e le amicizie professionali; ma anche, e soprattutto, di alimentare la sua vasta corrispondenza. Una corrispondenza di cui i ventotto volumi che la racchiudono al dipartimento dei manoscritti della Bibliothèque nationale de France ci suggeriscono l’ampiezza (tanto più che questi volumi presentano non poche lacune). Questi ventotto volumi contengono soprattutto le lettere ricevute da Millin. Gli autori sono dotti francesi, ma anche più di trecento eruditi europei rappresentati da almeno una lettera. In generale tuttavia essi sono presenti con diverse lettere, il cui insieme conta talvolta diverse centinaia di pagine. Tra i corrispondenti europei si annoverano almeno novantacinque autori germanofoni, distribuiti in tutta l’Europa centrale, da Amburgo a Trieste e da Strasburgo a San Pietroburgo. Ma vi figurano anche tedeschi di Parigi o di Roma. Sono presenti inoltre quasi centocinquanta italiani, alcuni inglesi, degli scandinavi, degli olandesi e qualche spagnolo. La maggior parte delle lettere ricevute di Millin è in francese, anche se l’erudito parigino insiste molto sulla propria capacità di leggere il tedesco e l’italiano.
Il suo plurilinguismo ha talvolta un tono militante. Esso gli conferisce una fama internazionale di poliglotta, come testimoniano queste parole, scritte nel 1813 dallo spagnolo Juan Andrés, napoletano d’adozione:

 

Vi scrivo in italiano […]. Potrei scrivervi anche in ispagnolo, tutte due lingue a voi egualmente note che la francese, come pure il tedesco e l’inglese, […] che formano la vostra poliglottia[4].

 

Un poliglottismo limitato certo a conoscenze soprattutto passive, ma che è una delle armi principali di Millin nel paesaggio intellettuale francese. Ama infatti sottolineare sistematicamente, nelle lettere ad alcuni corrispondenti tedeschi:

 

Votre langue ne m’est point etrangere et comment sans sa connaissance suivre les travaux philologiques, malheureusement la plupart de nos litterateurs et de nos savants l’ignorent, c’est ce qui fait que nous sommes si peu au courant de ce qui se passe hors de notre republique[5].

 

Essere al corrente e mettere al corrente, ecco cosa interessa Millin. La specificità (e l’interesse particolare) del suo modus operandi va senz’altro ricercata nella sintesi che egli propone tra modelli di erudizione e di circolazione ereditati dal XVIII secolo e la creazione di strumenti moderni, democratici, rapidi e istituzionalizzati di diffusione del sapere. In effetti, tra i corrispondenti tedeschi di Millin si annoverano tanto dei rappresentanti della pura tradizione filologica universitaria tedesca quanto dei conservatori di biblioteche più o meno pubbliche, dei pedagoghi, ma anche e soprattutto dei librai e degli esponenti del giornalismo. Anche se Millin non ha mai viaggiato in Germania, era considerato dalla comunità scientifica d’oltre Reno come un alleato estremamente importante. È spesso lui che si sforzava di contattare per ottenere informazioni affidabili sulla vita culturale parigina. È a lui che venivano spesso raccomandati i giovani da introdurre in società. Questo status privilegiato, questa visibilità particolare di Millin non è un fenomeno esclusivamente franco-tedesco. Ne si ritrovano le forme, forse un po’ attenuate, nel contesto franco-italiano. Millin, che non era mai andato in Germania, viaggiò a lungo in Italia. La sua corrispondenza italiana, intensa e diversificata, ci testimonia l’importanza che rivestirono i suoi viaggi.

 

Millin e l’Italia, Millin in Italia

Monica Preti-Hamard

 

«J’avois toujours désiré de faire le voyage d’Italie. Mes regards se tournoient sans cesse vers cette terre classique […]» scrive Aubin-Louis Millin in aprtura del suo Voyage en Savoie, en Piémont, à Nice et à Gênes[6]. È in Italia che Aubin-Louis Millin, all’età di cinquantadue anni, compì il suo unico viaggio fuori di Francia.
Vi consacrò due anni, dal settembre 1811 al novembre 1813, durante i quali egli visitò una gran parte della Penisola.
Questo viaggio, tanto desiderato e lungamente preparato, rappresentava il coronamento della sua carriera di savant e di responsabile di istituzioni culturali: «J’aurai un plaisir infini à vous voir en Italie assurer par la vue des objets et des lieux les connaissances que vous avez déjà su acquérir si loin de ce beau Pays […]», gli scriveva Seroux d’Agincourt che, sin dal 1809, lo aspettava a Roma[7]. Gli obiettivi di Millin erano, da una parte, quello di verificare ed approfondire le sue conoscenze, dall’altra, quello di riunire un materiale documentario (soprattutto libri e stampe) destinato ad arricchire le collezioni della
Bibliothèque nationale ed anche le proprie.

In Italia egli fece inoltre realizzare, da artisti impiegati sul posto, diverse migliaia di disegni principalmente di «monuments inédits», ma anche di siti, paesaggi e costumi locali. Questo ricco materiale doveva servirgli da base per future pubblicazioni e per l’insegnamento dell’archeologia che da numerosi anni impartiva al Cabinet des Médailles e la cui principale novità era proprio l’analisi diretta delle opere (originali o riproduzioni)[8].

Millin avrebbe voluto pubblicare il resoconto completo del suo viaggio d’Italia, accompagnato da illustrazioni.
Un progetto ambizioso che occupò gli ultimi anni della sua vita: «C’est pour moi un sujet de recherches et d’études, et de correspondance continuelle» – scriveva al collega ed amico Karl August Böttiger da Parigi il 26 aprile 1814[9]; progetto che tuttavia rimase incompiuto. Furono pubblicati solo alcuni libri su argomenti specifici, qualche articolo nel “
Magasin encyclopédique” e i quattro primi volumi del Voyage, riguardanti il Nord dell’Italia e senza illustrazioni[10]. Nonostante l’importanza di questo viaggio, non esiste ancora alcuno studio approfondito sull’argomento. Disponiamo peraltro di fonti eccezionali che sono tuttavia sparse e difficilmente utilizzabili separatamente: esse si trovano per la maggior parte alla Bibliothèque nationale de France, ma sono disseminate nei suoi diversi dipartimenti[11].

L’analisi incrociata delle diverse fonti, che ho intrapreso, consente di studiare questo importante viaggio che, come si intuisce, offre innumerevoli possibilità e assi di ricerca: storia del viaggio, “transferts culturels”, storia del collezionismo, storia della disciplina archeologica e dei suoi metodi, ecc.  Inoltre la ricostruzione del corpus di disegni fatti eseguire da Millin in Italia e la loro identificazione potrà offrire una testimonianza straordinaria di monumenti e siti alcuni dei quali hanno subito modificazioni o sono oggi scomparsi.

Mi limiterò qui ad evidenziare due aspetti: le motivazioni e gli interessi che mossero Millin ad intraprendere il viaggio in Italia; l’organizzazione di quello che definirei un “bureau de correspondance itinérant”.

Fin dall’inizio Millin giustifica il suo viaggio come un’iniziativa di interesse generale in una lettera inviata, appena partito, ad un collega membro dell’Istituto e subito pubblicata nel “Magasin encyclopédique[12]. Egli vi afferma che l’Italia, ambita meta di tutti i viaggiatori del passato, non è più la stessa – «Tout a été changé» –; si propone dunque di essere l’“osservatore” di tali mutamenti e ne vuole rendere conto al pubblico con una nuova descrizione[13].
Il campo di interessi e la rete di persone incontrate durante il suo viaggio sono vastissimi. Nello spirito dell’universalismo enciclopedico, le sue ‘curiosità’ spaziano dall’arte antica e moderna ai fenomeni naturali, dalla lingua alla religione, dalle istituzioni agli usi e costumi. Ma soprattutto Millin va alla ricerca di «monuments inédits», ossia di reperti antichi che ancora non erano stati studiati né resi pubblici attraverso l’incisione o, qualora lo fossero stati, erano copiati male e quindi conosciuti in maniera parziale o erronea. Attraverso nuove riproduzioni e descrizioni, basate sull’esperienza diretta, egli desidera diffonderne la conoscenza ‘esatta’.

Gli orizzonti cronologici dell’antico sono per Millin vasti, coprendo, oltre all’antichità greca e romana, anche le antichità cristiane e il Medioevo. Egli si interessa inoltre alle testimonianze della storia francese in Italia come per esempio, nel Sud, i monumenti normanni e angioni. La stessa larghezza di vedute riguarda il tipo di opere studiate: Millin non si interessa solo ai “capolavori” dell’arte monumentale, ma a tutte le espressioni artistiche (codici, iscrizioni, medaglie, vasi o suppellettili) che possa aiutare alla comprensione della “cultura figurativa” di un’epoca.
Egli rivela in questo modo una concezione etno-antropologica dell’Antichità e del Medioevo come scoperta globale di una civiltà, di cui occorre ricostruire tutti i tasselli con ogni testimonianza possibile. Questo approccio dell’Antichità e del Medioevo era del resto in sintonia con le ricerche più avanzate della Roma della fine del XVIII secolo, di quel circolo cosmopolita di collezionisti e studiosi quali Seroux d’Agincourt, Lanzi, Borgia, Zelada e Zoega, al quale Millin apparteneva idealmente.
Gli obiettivi di Millin in Italia trovano anche consonanze profonde con il programma “antropologico”
della Société des Observateurs de l’homme di cui fu membro. Animata dall’“idéologue” di Louis-François Jauffret, questa Société, benché effimera (1799-1804), ebbe un ruolo importante nella transizione dei saperi che caratterizza il passaggio tra Sette e Ottocento.
Essa è legata alla nascita di una moderna pratica epistemologica sulle questioni riguardanti l’uomo, considerato nei suoi aspetti fisici, morali e intellettuali all’interno delle varie civiltà.
Una pratica basata sull’osservazione empirica e sperimentale, sui viaggi, sullo scambio interdisciplinare nonché sulla divulgazione attraverso l’insegnamento e la pubblicazione[14].

 

Sono questi le motivazioni e gli interessi che mossero Millin in Italia e che determinarono il suo itinerario[15]. Millin seguì un percorso quanto più completo possibile percorrendo la Penisola dal Nord al Sud.

Arrivato in Italia attraverso il Moncenisio, egli visita Torino e il Piemonte e si dirige poi direttamente a Roma. Nella capitale pontificia si trattiene per due lunghi soggiorni (dal 30 novembre 1811 a metà marzo dell’anno successivo, poi dal 29 aprile al 14 giugno 1814). Nel frattempo, trascorre più di un anno nel Regno di Napoli che visita sistematicamente. Non si limita a Napoli, ma percorre anche la Calabria, il Molise, gli Abruzzi e le Puglie.
La disfatta dell’esercito francese in Russia lo induce a prendere la via del ritorno, visitando di passaggio la Toscana, Venezia e la Lombardia con un breve soggiorno a Milano. In tutto, egli visitò oltre duecento tra città e località minori.

Si tratta di un viaggio minuziosamente preparato ed organizzato. Millin, che parte accompagnato da un segretario, l’alsaziano Jacques Ostermann, ha accumulato un bagaglio di conoscenze, di libri e di documenti; dispone inoltre dell’appoggio politico ed istituzionale nonché di una vasta rete di relazioni:

 

[…] je vais donc voir ce beau pays et y passer un assez longtems car je ne veux pas le parcourir rapidement, j’y ai une foule de relations de nationaux de françois et d’etrangers, un coffre rempli de tous les voyages un peu interessant derrière ma voiture[16].

 

Grazie ai suoi contatti internazionali e alla sua conoscenza delle lingue, egli può infatti procurarsi e leggere un grandissimo numero di libri di viaggiatori che siano francesi, inglesi, tedeschi o danesi. Ricorre anche alle diverse guide locali e alla letteratura specializzata. Durante il viaggio, egli continua inoltre a tenersi informato dell’attualità della ricerca facendosi inviare da tutta Europa gli articoli di giornali riguardanti l’Italia.
Il suo fine è di verificare e di completare le informazioni a sua disposizione, ciò che spiega le metodicità del suo viaggio e il fatto che scelga di perlustrare le regioni d’Italia meno note, come la Calabria, il Molise, gli Abruzzi o le Puglie, visitando anche territori quasi sconosciuti.

Un viaggio di studio e di ricerca, dunque, ed in questo si avvicina più ai viaggi di un Lanzi[17], di un Cicognara o di un Seroux d’Agincourt che ai viaggi pittoreschi di tradizione settecentesca: tuttavia egli non ha l’ambizione di tracciare una storia dell’arte panoramica ed esaustiva.
Uomo di comunicazione e grande divulgatore, desiderava rendere pubbliche le sue scoperte, comunicarle alla comunità internazionale dei conoscitori per permettere lo scambio di idee e di informazioni e, in questo modo, di far progredire la conoscenza.
La velocità e la vastità di trasmissione erano inoltre per lui essenziali al fine di evitare che gli studiosi avanzassero su false piste, ritardando così il progresso comune.

Dal regesto della posta inviata che teneva regolarmente aggiornato, si constata che, nonostante gli incessanti spostamenti, egli inviava in media fino a cinquanta lettere per settimana.
Bisogna pensare che percorreva territori allora tutti sotto il controllo diretto o indiretto della Francia e che poteva quindi beneficiare di una rete postale centralizzata.
Gli italiani e gli stranieri residenti in Italia indirizzavano le loro lettere nelle città sedi delle direzioni delle poste più vicine al luogo dove egli si trovava; Millin pertanto comunicava regolarmente a tutti i suoi spostamenti: il suo viaggio è pubblico.
La posta in provenienza dai diversi paesi d’Europa, invece, continuava ad essere inviata a Parigi da dove gli era spedita, senza spesa, ovunque si trovasse. Un’organizzazione che egli stesso aveva perfettamente messa a punto prima di partire. Così scriveva all’amico e collega Karl August Böttiger a Dresda, dieci giorni prima della partenza:

 

Il faut mon cher ami m’ecrire comme si j’etois a Paris, et m’adresser de meme ce que vous auriez a m’envoyer. On gardera les livres, gravures & jusqu’a mon retour et les lettres me seront expediées sans frais partout ou je serai […] je voulois emporter votre livre sur l’acheologie de la peinture mais il n’est pas encore arrivé ; j’ai dit de me l’adresser sous bande, car je desire bien le lire et en faire l’application aux monumens que je pourrai observer dans mon voyage. On m’adressera de meme dans mon absence les ouvrages qu’on aura mis chez moi et dont j’aurai trouve le titre interessant afin que je puisse me tenir au courant j’ai pour cela le timbre de la direction des postes, ainsi il ne m’en coutera rien. Vous voyez que nous pouvons entretenir nos liaisons comme a Paris[18].

 

L’attività di corrispondente è per Millin essenziale e non può tollerare alcuna interruzione. Due importanti carteggi, quello con l’archeologo tedesco Böttiger e quello con l’erudito romano Francesco Cancellieri sono rappresentativi delle diverse funzioni di questa forma di scambio.

 

Forme e funzioni della corrispondenza di Millin:
due esempi

Le lettere di Aubin-Louis Millin a Karl August Böttiger

Bénédicte Savoy

 

Come abbiamo detto, la corrispondenza tra Millin e Böttiger costituisce solo un sott’insieme in seno all’ampia serie di lettere “tedesche” ricevute o spedite dall’erudito parigino; ed acquisisce un pieno senso solo in rapporto ad altri tipi di fonti (le pubblicazioni scientifiche degli autori, i cataloghi delle loro biblioteche, i rendiconto delle loro opere, i resoconti di viaggio che li menzionano). Essa permette tuttavia di studiare la natura dei rapporti che univano Millin ai rappresentanti tedeschi della sua disciplina, intesa in senso largo.
Da questo punto di vista, questa corrispondenza illumina in particolare il modo in cui venne creato e si fece oggetto di cure un asse transnazionale, strategico, del sapere e della sua diffusione pubblica (in particolare nel campo dell’archeologia), asse che le successive costruzioni storiografiche hanno spesso sminuito o affatto dimenticato. Infine, in un’epoca in cui le diverse specializzazioni universitarie e scientifiche si stanno differenziando, questa corrispondenza permette di cogliere la percezione rispettiva che i suoi autori avevano del loro ambiente scientifico che lo circondava[19].

Chi era Böttiger? In un articolo pubblicato nel 2001, Claude Rétat ricorda che Millin fu considerato dai suoi contemporanei come il “Monsieur Archéologie” del momento, «operaio, rappresentante e quasi apostolo dell’archeologia»[20]. Con una piccola forzatura potremmo utilizzare le stesse qualifiche per l’archeologo tedesco Böttiger – archeologo, ma anche uomo di stampa e di rapporti come Millin –. La simmetria dei loro percorsi, del resto, non si limita a questo: Millin nasce nel luglio 1759, Böttiger nel giugno 1760.
Studi di filologia moderna per il primo, classica per il secondo. Seguace l’uno di una filantropia educativa (Millin), professionista della pedagogia l’altro (fu direttore del collegio di Weimar), essi insegnano entrambi la loro scienza ad un pubblico di cultori non specialisti – Millin d’estate (per mancanza di riscaldamento), Böttiger d’inverno –. Tutti e due sono attivi massoni[21].
L’uno e l’altro riuniscono vaste biblioteche private, che aprono generosamente al pubblico interessato nelle loro rispettive città. E tutti e
due occupano, l’uno in Francia, l’altro in Germania, una posizione chiave nel paesaggio del giornalismo dotto. Propagazione, emulazione, scambio: consci della necessità che hanno le scienze, le lettere e le arti, di mantenere i «mezzi di corrispondenza e comunicazione che son loro tanto necessari»[22], Millin e Böttiger utilizzano i giornali come gli strumenti privilegiati della loro azione scientifica.
Il “Magasin encyclopédique” è al centro dello scambio epistolare che ci interessa; il “Neuer Teutscher Merkur”, il “Journal des Luxus und der Moden”, la rivista “London und Paris” e, più tardi, il “Morgenblatt für gebildete Stände”, queste gazzette nelle quali Böttiger è a diverso titolo coinvolto, vi sono costantemente evocate. Ultimo punto comune: due secoli dopo la loro morte, Millin e Böttiger appaiono oggi come attori secondari, schiacciati retrospettivamente dal peso di personalità che hanno potuto frequentare, come Dominique-Vivant Denon o Ennio Quirino Visconti per l’uno, Goethe, Wieland o Herder per l’altro.

Millin è già conosciuto e riconosciuto in Germania quando Böttiger lo accosta nel febbraio 1797. Fatto significativo, egli viene individuato in primo luogo come professionista della diffusione, e il suo nome si trova associato subito a quello del suo giornale.

 

C’est surtout le nouveau Magasin encyclopédique rédigé par vous, lui écrit Böttiger, qui m’a fait admirer l’étendue de vos connaissances et le rare talent de les rendre publiques en différentes voies[23].

 

Ampiezza delle conoscenze e talento nel renderle pubbliche: in termini di strategia editoriale, legarsi a Millin, alle sue connessioni e al suo giornale avrebbe offerto a Böttiger una pubblicità inedita sulla scena europea, e gli avrebbe allo stesso tempo permesso di ottenere informazioni di prima mano sulla vita scientifica francese e, più in generale, sugli argomenti alla moda che, in un contesto di estrema concorrenza editoriale, permettono ai giornali tedeschi di vender bene. In effetti, in quegli anni, in cui la geografia culturale dell’Europa si riorganizza a vantaggio di Parigi, una delle preoccupazioni dei circoli illuminati tedeschi è quella di accedere ad un’informazione affidabile di provenienza francese.

Böttiger è dunque alla ricerca d’informazioni sicure sull’effervescente vita letteraria e teatrale parigina, ma anche e soprattutto sulla riorganizzazione degli istituti di istruzione pubblica – Louvre e Bibliothèque nationale de France – che erano stati da poco arricchiti dalle campagne di confisca delle opere d’arte e di libri praticate in Italia (1796). Böttiger lo scrive in modo palese a Millin: «J’ai beaucoup de questions à vous faire sur le Muséum dont vous êtes le conservateur», prima di suggerire che questo rapporto potrebbe essere anche l’occasione di ottimizzare a distanza,  imitando o mutuando le pratiche di Millin, alcune delle proprie competenze pedagogico-scientifiche: «[J’ai beaucoup de questions à vous faire] sur le plan de vos cours en archéologie, sur laquelle je vais publier moi-même»[24]. Come controparte, Böttiger offre al suo corrispondente di mandargli traduzioni, informazioni regolari sulle novità archeologiche, filologiche e letterarie tedesche, che considera non adeguatamente rappresentate nel “Magasin encyclopédique”: «Pardonnez, Monsieur, la franchise avec laquelle je vous parle, c’est justement la littérature allemande qui me paraît être bien défectueuse dans le journal. Elle n’y entre presque pas»[25].

Al di là di questo incipit, tutto sommato classico, anche se costituisce un’eccezione nel campo franco-tedesco, si rimane colpiti dal fatto che Millin prenda l’iniziativa di dare subito allo scambio un carattere di autentico dialogo scientifico: tra il 1797 e il 1817, la corrispondenza presenta il tessuto di un sapere condiviso che, in questi primi anni del XIX secolo, è all’origine di pubblicazioni quasi simultanee, in Francia e in Germania, su argomenti molto vicini. Si è discusso in altra sede della forte compenetrazione scientifica e metodologica dei procedimenti di Millin e Böttiger[26]. È importante sottolineare come al centro delle preoccupazioni del tedesco e del francese ci sia l’Italia. L’Italia e le sue ricchezze archeologiche; l’Italia e le sue collezioni di opere d’arte; l’Italia e il progresso scientifico di cui essa è ancora capace. In questo modo, dietro Millin e Böttiger, due comunità scientifiche si sforzano, sotto l’Impero, di elaborare un sapere e un linguaggio comune su oggetti che fanno parte di ciò che l’epoca considera come il patrimonio dell’umanità.

In modo significativo, è in genere nel campo tedesco che il francese Millin va a procurarsi le informazioni e gli strumenti concettuali che gli permettono di cogliere le novità archeologiche o bibliografiche dell’Italia. Valga a testimonianza, tra numerosissimi altri esempi, questa annotazione sulla scoperta dei «manoscritti di Ercolano»:

 

Nous possedons a l’institut six manuscrits d’Herculanum dont nous sommes tres embarrassés ce seroit le cas d’y appliquer la méthode du cher Sickler, il faudroit la connoitre[27].

 

In senso inverso, Millin propone molto concretamente il suo aiuto per l’elaborazione di opere tedesche su alcune questioni italiane, come lo suggeriscono queste frasi, tratte da una lettera a Böttiger:

 

J’ai reçu l’ouvrage de M. Reichard, dites Lui que je pourrai Lui fournir des notes pour son Itinéraire d’Italie[28]. Je Lui conseille beaucoup de reduire ainsi son grand ouvrage[29] en différentes parties parce qu’il pourra toujours perfectionner successivement l’une ou l’autre à mésure que l’édition s’épuisera, et il pourrait aussi mettre à part ses conseil généraux sous le titre Guide des voyageurs[30].

 

È vero che, visto dalla Germania, e nel contesto del trasferimento a Parigi di migliaia di opere d’arte confiscate in Italia, Millin occupa una posizione privilegiata. Quando Böttiger lo sollecita nel febbraio 1797, il trasferimento massiccio di questo patrimonio artistico italiano domina l’attenzione degli ambienti illuminati tedeschi[31].
Per diversi mesi, e in modo regolare, Millin informa il suo corrispondente dell’arrivo e della ripartizione degli oggetti confiscati, ma anche delle grandi collezioni private inglesi e francesi formatesi in Italia, quella dei vasi etruschi di Thomas Hope (1796-1831), quella di Edmé-Antoine Durand (1768-1835) o quella di Joséphine Bonaparte, per esempio. La maggior parte di queste informazioni vengono pubblicate da Böttiger, ed alimentano tanto i suoi lavori scientifici che i suoi giornali. Intorno al 1800, il polo germanofilo e germanofono della Bibliothèque nationale, intorno a Millin, svolge quindi un ruolo importantissimo nella diffusione internazionale di informazioni sul patrimonio archeologico europeo.

 

La corrispondenza di Aubin-Louis Millin e Francesco Cancellieri

Monica Preti-Hamard

 

Francesco Cancellieri[32] – considerato al suo tempo da Giulio Perticari «principe dei viventi eruditi nelle cose italiane»[33] – non è tra i più illustri corrispondenti di Millin, ma l’importante carteggio conservato, che si estende per oltre un decennio, offre numerosi spunti per lo studio della vita culturale ed artistica a Parigi e a Roma nei primi decenni dell’Ottocento; esso fornisce inoltre importanti informazioni sul viaggio in Italia del Francese e sulla sua attività di corrispondente e d’intermediario.

Conviene prima soffermarci brevemente sulla personalità di Cancellieri.

Nato a Roma nel 1751 e formatosi presso le scuole gesuitiche del Collegio Romano, anche dopo la soppressione della Compagnia di Gesù (1773), continuò ad essere sostenuto dall’influente “partito gesuitico” che ne facilitò la carriera e
ne determinò orientamenti ed interessi culturali. Il lungo pontificato di Pio VI, segnato da numerose iniziative intese alla celebrazione trionfalistica della Roma archeologica e di quella pontificia, fornì a Cancellieri le occasioni e le grandi linee della sua abbondante attività letteraria. I suoi interessi principali – la storia della liturgia cattolica e dei riti romani, e la topografia sacra della città di Roma – si manifestano nelle sue opere maggiori, quali il trattato De secretariis basilicae Vaticanae (1786) o la Storia de’ solenni possessi de’ Sommi Pontefici (1802), vere summae di sapere antiquario, ed in un gran numero di scritti minori dedicati ad aspetti particolari della liturgia sacra o a singoli monumenti; questi ultimi destinati, nell’intenzione dello stesso autore, non soltanto agli studiosi, ma anche ad un pubblico più largo di turisti italiani e stranieri.
Si intravedono già qui le qualità che dovettero fare di Cancellieri un interlocutore privilegiato per Millin: la sua conoscenza approfondita delle fonti per la storia della Roma classica e cristiana, la sua rigorosa tecnica di raccolta e di pubblicazione dei documenti, nonché la sua vocazione di colto divulgatore.
Proprio grazie alle sue pubblicazioni Cancellieri si affermò come figura di prestigio nella Roma del tempo.
Nominato soprintendente della Stamperia vaticana nel 1802, mantenne la carica anche dopo l’occupazione francese e sotto la Restaurazione fino alla morte nel 1826, ma il suo ruolo fu sempre più marginale, rimanendo sostanzialmente legato ad una cultura attardata, erudita e classificatoria.

È all’apice della sua carriera e nel fasto della Parigi imperiale al momento dell’incoronazione di Napoleone, che Cancellieri, giunto nel 1804 al seguito della spedizione pontificia, incontra Millin.
Un incontro che, sostenuto da interessi ed amicizie comuni, evolverà in una relazione duratura, documentata da un’ampia corrispondenza inedita, oggi conservata in parte alla Bibliothèque nationale de France ed in parte alla British Library di Londra[34]. Benché lacunoso, questo carteggio, composto di oltre duecentocinquanta lettere, copre gli anni dal 1806 al 1818. La corrispondenza più abbondante riguarda gli anni dal 1812 al 1818 per ragioni che vedremo. Due funzioni principali motivano questa epistolario bilingue (Millin scrive in francese, Cancellieri in italiano): lo scambio di informazioni e di materiale bibliografico; l’organizzazione e la raccolta di documenti iconografici sull’Italia.

 

In primo luogo Millin e Cancellieri scambiano le proprie pubblicazioni. Fin dall’inizio, Millin apre inoltre al corrispondente italiano le colonne del “Magasin encyclopédique” e vi inserisce gli estratti tradotti in francese e i resoconti dei suoi libri, che in molti casi redige egli stesso[35]. Così nella prima lettera conservata a Cancellieri, scritta da Parigi il 16 agosto 1806, egli argomenta:

 

Ce sera par ces extraits successifs que je ferai connaître parmi nous vos utiles travaux qui n’ont encore obtenu en France toute la celebrité qu’ils meritent car c’est en repetant plusieurs fois a nos francois les noms des savans etrangers qu’on les leur fait connaître. M. Visconti avant son arrivée n’etait gueres connu chez nous que par les frequentes notices que j’ai données de ses ouvrages et dans mon journal et dans mes cours sur les antiquités, il en est de même du celebre Bottiger qui est sans contredit un des plus habiles philologues. Comme il n’a ecrit qu’en allemand son nom ne serait pas connu si je n’avais pas donné souvent des notices sur ses ecrits. C’est le seul merite que j’aie aupres des gens de lettres et *** qui m’a valu la bienveillance de plusieurs. Je serai tres heureux de pouvoir obtenir toujours la votre et la continuation de votre amitié[36].

 

Come appare chiaro, il “Magasin encyclopédique” fu per Millin lo strumento principale per consolidare ed estendere la sua rete di relazioni internazionali. In questa lettera egli afferma inoltre il suo ruolo di promotore delle culture italiana e tedesca in Francia e sollecita nello stesso tempo una circolazione triangolare di informazioni.

«M. Visconti», citato nella lettera, è Ennio Quirino Visconti[37], archeologo illustre e direttore del Museo Capitolino, prima del suo esilio politico a Parigi (1799) dove fu nominato conservatore delle Antichità del musée central des Arts. Professore e membro dell’Institut (dal 1803) e come tale collega di Millin, intrattenne con quest’ultimo strette relazioni. Dopo la sua morte, il francese ebbe il progetto di consacrargli una vasta opera biografica che, tuttavia, non fu realizzato. Ne reca testimonianza una lettera all’amico e collega tedesco Böttiger:

 

Si me charge de cette tache ce n’est pas en speculation car il ne m’en reviendra rien certainement, et peut etre serace le contraire. je ferai un ou deux volumes contenant tout ce que je pourrai recueillir sur la vie de Visconti et sur ses ouvrages dont je donnerai une analyse, j’examinerai l’influence qu’ils ont eu selon les epoques, les pays, les genres sur l’acheologie et l’erudition. J’y joindrai ou plutot j’y melerai une histoire litteraire du dernier siecle dans sa fin et des dix sept annees de celui-ci depuis Winckelmann, en faisant connaître les savants, antiquaires, ***des arts avec qui il a ete en rapport et enfin les etablissemens, les musées a tout les monumens qu’il a decrits, je mettrai dans une Appendix ce qu’on pourra recueillir de sa correspondance, et des lettres qui lui ont été adressées, enfin je recueillerai les petites notes inedites que je pourrai rassembler. Le tout sera accompagne de son portrait; l’ouvrage splendidement imprimé chez Didot. Voilà mon plan, j’ecrirai a toutes mes relations en Europe […][38].

 

Attraverso la biografia di Ennio Quirino Visconti, un italiano stabilitosi a Parigi, Millin voleva rendere conto di una stagione feconda di scambi tra eruditi e studiosi in tutta Europa che, in questi anni tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX, lavoravano per fondare un nuovo approccio alle opere d’arte.

Nello stesso spirito, in un’altra lettera a Cancellieri, egli suggeriva al suo corrispondente l’opportunità di stabilire un sistema regolare che consentisse di inviare a Roma il “Magasin encyclopédique” in cambio di altri giornali romani come le “Memorie Enciclopediche” di Giuseppe Antonio Guattani e le “Efemeridi di Roma” che, da Parigi, sarebbero [stati] più facilmente comunicabili alle nazioni dell’Europa settentrionale:

 

Cela ne peut que tourner à l’avantage des artistes et des gens de lettres de Rome, puisque ce sera un moyen de faire connaître leurs succès et leurs productions, non seulement aux français, mais encore aux nations du Nord qui obtiennent plus facilement les journaux de France que ceux d’Italie[39].

 

Millin fu per Cancellieri, il quale non conosceva il tedesco, il principale intermediario per gli scambi con la Germania che rimasero tuttavia assai limitati: è al francese che chiede l’opportunità di spedire alcuni libri a Gottinga per un’eventuale traduzione in tedesco ed è ancora a Millin che invia gli esemplari delle sue opere destinati a Böttiger affinché ne parli nei suoi giornali d’oltre Reno, chiedendo in cambio opere di bibliografia.

Cosciente del pericolo di emarginazione della cultura romana, Cancellieri continuò a sollecitare la pubblicazione di articoli ed estratti dei suoi lavori nel “Magasin encyclopédique”[40].
Lavori che del resto devono molto a Millin. Egli prodiga infatti all’amico, in lunghe lettere, le sue osservazioni, correzioni ed aggiunte in uno spirito di collaborazione, per favorire il progresso della scienza comune[41].

Da parte sua, Cancellieri fu un informatore prezioso per il francese, tenendolo aggiornato sulle scoperte archeologiche, sulle novità bibliografiche e sul variegato mondo culturale ed artistico romano.

Tramite il suo corrispondente, Millin poteva disporre velocemente anche di tutta la produzione di opuscoli e di scritti minori, estremamente prolifica a Roma, di cui Cancellieri si teneva minutamente informato anche grazie al suo impiego di direttore della Stamperia di Propaganda Fide.

 

Ma soprattutto Cancellieri fu per Millin un contatto essenziale durante il suo viaggio in Italia, diventando il suo «directeur des arts à Rome» come lo definisce ad un altro suo corrispondente, Giuseppe Capecelatro, arcivescovo di Taranto ed erudito insigne[42]. Infatti, dopo aver lasciato Roma nel marzo 1812 per recarsi nel Sud dell’Italia, Millin lo incarica di sorvegliare il lavoro dei disegnatori e dei copisti romani al suo servizio[43]. Un lavoro sul quale si tiene peraltro regolarmente informato e che continua a dirigere da lontano tramite uno scambio intenso di lettere. Nello stesso tempo, egli informa il corrispondente romano dell’itinerario del suo viaggio, delle sue scoperte e degli altri disegni che fa eseguire in diversi luoghi. Queste lettere forniscono quindi dettagli essenziali sul viaggio di Millin, sui disegnatori, sul tipo di lavoro a loro richiesto, sui monumenti disegnati, sull’organizzazione e le modalità di raccolta di questa ricchissima collezione di copie. Ancora più interessante, in molti casi ho potuto mettere in relazione le numerose informazioni contenute nelle lettere con i disegni conservati alla Bibliothèque nationale de France.

Nel corso del suo viaggio, Millin sceglie personalmente i disegnatori e i monumenti da disegnare. Tra gli artisti che ho già potuto identificare figurano il torinese Angelo Boucheron[44], il veneziano Luigi Zandomeneghi[45], i romani Bartolomeo Pinelli[46] e Gioacchino Camilli[47], il tedesco Franz-Ludwig Catel[48] che lo seguì nel viaggio in Calabria eseguendo, oltre che copie di monumenti, disegni di paesaggi e di vedute, infine Michele Steurnal, Carlo Pecorari e Filippo Marsigli[49] attivi a Napoli. Lo stesso Millin informava i suoi corrispondenti dei progressi della sua raccolta documentaria senza poter celare la gioia quasi frenetica che gli procurava: «on diroit que je veut emporter Rome dans des feuilles de papier»[50], scriveva a Böttiger o ancora, a Capecelatro, «Le nombre des monumens inedits que j’y ai recuellis est si considerable que je n’ose le dire. Le vrai peut quelques fois n’être pas vraisemblable, et cela aura l’air d’une charlatanerie»[51]. Questo tipo di appropriazione “virtuale” è tuttavia ben diverso da quella, “reale”, che altri francesi imponevano nello stesso periodo al patrimonio italiano[52].

Quello che Millin ricerca in primo luogo è la fedeltà e l’esattezza delle copie: non vuole integrazioni di alcun tipo, né alcun abbellimento; inoltre esige che i disegni siano interamente eseguiti davanti alle opere originali. Il suo obiettivo è riunire una documentazione che abbia valore “scientifico”, suscettibile di essere resa pubblica ed accessibile a tutti.

 

Vorrei adesso soffermarmi più particolarmente sui disegni che il francese fece eseguire a Roma. Tra i copisti romani al suo servizio, oltre ai già citati Gioacchino Camilli e Bartolomeo Pinelli, andrà aggiunto l’abate Giuseppe Guerigi[53], archivista della basilica vaticana, esperto in paleografia, al quale egli affidò la copia delle iscrizioni di monumenti e lapidi.

Riguardo poi alla scelta dei soggetti da copiare, Millin procedette in due maniere: attraverso ampie campagne sistematiche o per singoli monumenti. Nel primo caso rientrano i disegni di monumenti inediti dei musei Vaticani commissionati a Bartolomeo Pinelli, il quale fu incaricato di eseguire anche le incisioni destinate ad illustrare un complemento ai volumi dei musei Pio-Clementino e Chiaromonti[54]; tale complemento non fu tuttavia poi pubblicato per mancanza di tempo e di mezzi nella situazione politica mutata[55]. La campagna di copie affidate a Pinelli si estendeva inoltre a numerosi altri monumenti antichi di diversi luoghi pubblici e collezioni private[56]. Un’altra ampia campagna di copie riguardava le iscrizioni inedite antiche e medievali di cui Millin riunì un’importante raccolta («véritable trésor lapidaire» secondo le sue stesse parole)[57], oggi conservata nel dipartimento dei manoscritti della Bibliothèque nationale de France in ben diciannove volumi[58]. Le copie delle iscrizioni furono verosimilmente realizzate tutte dall’abate Guerigi[59]. I primi undici volumi contengono le iscrizioni antiche (greche, romane e cristiane) suddivise, nei primi quattro, secondo la loro provenienza (essenzialmente la Biblioteca Vaticana e i Musei Vaticani) e negli altri sette per temi[60].

I successivi otto volumi contengono le iscrizioni medievali classificate nell’ordine alfabetico delle chiese di provenienza: più di ottanta edifici vi si trovano recensiti; oltre alle trascrizioni epigrafiche, essi contengono numerose lapidi figurate: in questi casi vi interviene il disegnatore Gioacchino Camilli (che spesso appone la sua firma). Per alcune di esse, lo stesso Camilli eseguì delle copie colorate all’acquarello. Questo materiale era destinato ad una pubblicazione, anch’essa rimasta inedita, sulle iscrizioni sepolcrali di Roma dal V secolo al 1450. Grazie ai proficui scambi che questo convegno ha consentito, ho potuto individuare le origini e le motivazioni di questo importante progetto concepito da Millin in piena epoca di riscoperta dei “primitivi” e ancora tutta da studiare. L’idea gli fu suggerita da Cancellieri che conosceva i materiali (appunti manoscritti e xilografie) raccolti dall’antiquario e collezionista seicentesco Francesco Gualdi per la pubblicazione di un trattato sulle lapidi sepolcrali figurate delle chiese di Roma, rimasto anch’esso inedito[61]. L’analisi comparata di questi progetti condotti a due secoli di distanza potrà fornire spunti interessanti per la comprensione della complessa vicenda della fortuna dei “primitivi” nonché per lo studio dei “transferts culturels” tra Francia e Italia. Sempre grazie all’appoggio e al sollecito aiuto di Cancellieri, Millin poté dirigere da lontano, durante il suo viaggio, l’esecuzione delle copie di numerosi altri “monumenti inediti”, affidate per la maggior parte a Gioacchino Camilli. La scelta dei monumenti da copiare (di cui il Francese aveva lasciato precise liste a Cancellieri e a suoi disegnatori) non segue in questo caso un piano sistematico di raccolta, ma è determinata dall’interesse storico-artistico dei reperti o dall’attualità di una scoperta, come per esempio il mosaico trovato nel 1814 nella villa Mattei. A Roma Millin s’interessò soprattutto alle antichità cristiane allora neglette e quindi maggiormente esposte al rischio di distruzione, come rende conto nelle lettere ai suoi colleghi dell’Institut a Parigi, poi pubblicate nel “Magasin encyclopédique”:

 

Je ne suis pas contenté d’épuiser, autant que je l’ai pu, les monumens antiques grecs ou romains qui enrichissent les Musées et qui décorent les palais et les ville, j’ai aussi porté mon attention sur les monumens chrétiens qui sont plus imminement menacés de la destruction. Je n’ai point fait dessiner ceux qu’on trouve dans les ouvrages de Ciampini, de Boldetti, de Bottari, et dans quelques écrits particuliers, quoique Ciampini surtout les ait très-mal représentés; mais j’ai reproduit quelques-uns de ceux qui sont gravés dans l’ouvrage du respectable M. Dagincourt. Il les a donnés d’après une échelle qui convient à son plan; mon but a été d’attirer l’attention du gouvernement sur les monumens qu’ils représentent. Ces dessins sont faits avec la plus grande fidélité; la couleur des marbres et des émaux y est imitée, ainsi que celle de l’or; je ne regretterai point mes soins et ce que ces dessins m’ont coûté, s’ils produisent l’effet que j’en espère. Cette recherche m’a fait trouver encore, dans des sacristies, des monumens et des ustensiles chrétiens très-curieux, tels que la chape de Léon III, qu’on prétend que ce Pape portait quand il a sacré Charlemagne, le piviale de Silvestre II, etc.[62]

 

In linea con Seroux d’Agincourt[63], rianimando la tradizione dell’erudizione sacra sei-settecentesca, Millin ebbe un ruolo non secondario nella rivalutazione dell’arte medievale all’inizio del XIX secolo: oltre a promuoverne lo studio e divulgarne la conoscenza, egli dimostrò inoltre una moderna coscienza patrimoniale, sensibilizzando i poteri pubblici alla salvaguardia e alla conservazione. Proprio «les monuments écclesiastiques» e «les églises des premiers temps du christianisme» sono al centro delle sue preoccupazioni in altre lettere che egli scrisse da Roma al ministro degli Interni conte Montalivet tra il gennaio e il febbraio 1812 per sensibilizzarlo alla valorizzazione di quei monumenti[64].

Alcuni disegni fatti eseguire da Millin, oggi conservati alla Bibliothèque nationale de France, recano testimonianza della sua curiosità e della sua particolare attenzione per diverse antichità cristiane: dalle decorazione musive, alla scultura, alla suppellettile e ai paramenti ecclesiastici.Alcune lettere scambiate tra Millin e Cancellieri riguardano le copie eseguite da Gioacchino Camilli dei due preziosi paramenti pontifici sopra menzionati, «la chape de Léon III» (dalmatica detta di Carlo Magno, oggi al museo del Tesoro di San Pietro, Città del Vaticano)[65] e «le piviale de Silvestre II» (piviale detto “di San Silvestro”, oggi Museo della Basilica di San Giovanni in Laterano)[66]; copie che ho entrambe ritrovate alla Bibliothèque nationale de France. Anche in questo caso Cancellieri agisce, oltre che come intermediario, come informatore. Così, a proposito della “cappa di Leone III”, in una lettera del 4 maggio 1812 informa Millin dell’esistenza di un disegno appartenuto al Cardinale Stefano Borgia e allora in possesso di Monsignor Valenti:

 

 

Ora [Camilli] penserà a fare il disegno della cappa di Leone III. Io sapevo che il Cardinale Borgia l’avea fatto eseguire, ma non mi era noto in quali mani fosse ora passato. Avendo fatte molte ricerche, mi è stato supposto, che possa essere presso Monsignor Valenti. Io vi sono andato due volte, ma non l’ho potuto trovare in casa. Domani vi tornerò, e se mi riuscirà di averlo, glielo farò copiare con tanta minor fatica, e con maggior sollecitudine, con non poco di lei risparmio[67].

 

Millin risponde da Castrovillari, in Calabria, il 23 maggio seguente, convenendo sull’opportunità di cercare il disegno Borgia, ma insistendo sulla sua volontà di avere la copia richiesta, preferibilmente dall’originale[68]. Nel frattempo Cancellieri aveva scritto al suo corrispondente per informarlo che Camilli, essendo andato a vedere il disegno in quattro fogli di Monsignor Valenti, «non l’ha trovato esatto, né nelle figure, né nei colori. Onde lo ha cominciato sull’originale con somma diligenza, e son certo, che verrà una bella cosa» (Parigi, 15 maggio 1812)[69]. Il disegno era già finito all’inizio dell’agosto seguente e i lavori proseguivano alacremente, come possiamo constatare dalle lettere dei mesi seguenti. Vale la pena riportarne alcuni passaggi per rendere conto dell’efficacia del sistema di corrispondenza epistolare instaurato da Millin durante il suo viaggio:

 

[…] Si monsieur Camilli a terminé la cappa il peut s’occuper d’un dessin que je veux faire executer. C’est celui de la mosaïque de la Salle des Muses, qui represente differentes scenes de theatre. Je desire que chaque exagone ou il y a une scene ou une figure soit separé parce que mon objet est d’en faire le sujet d’une dissertation sur le costume theatral[70]. Il faut donc que les couleurs soient fidelement imitées il faut aussi faire dans le dessin des petits cubes irregulier qui fassent juger que c’est une mosaïque et non une peinture. Quand a la vue generale de la mosaïque elle doit etre dans le premier volume ou le second du Museo Pio-Clementino en frontispice, je n’en ai pas besoin. Ces figures n’offrent aucune difficulté ainsi j’espere qu’il sera discret pour le prix si il veut surtout que je le puisse occuper jusqu’à mon second retour en octobre 1813, ce qui sera facile. […] (Naples, 6 août 1812).

 

[…] Il Sigr Camilli ha già terminato tutti i mosaici del Pavimento della Stanza delle Muse, avendo tralasciato soltanto il mascherone di mezzo, che suppone, che a lei non serva. Ora si accinge a fare il Piviale di S. Silvestro, il Musaico di S. Teodoro, la Gemma di S. M. in Campitelli, l’avorio della Barberina, e la Porta di S. Prudenziana, col Deposito che era a S. Clemente […] (Roma, 6 novembre 1812).

 

[…] M. Camilli a tres bien fait de ne pas dessiner le masque du milieu de la mosaique du musée. Il y a un trait leger de l’ensemble de cette mosaique dans un des frontispices du grand ouvrage de votre celebre Visconti, mais je desirois les petits cadres colories parce que c’est le seul monument ou on voye des comediens avec leur costume theatral en couleur. Le Terence n’a pas le meme avantage.

Je vois que ce brave jeune homme a encore de l’ouvrage pour quelques jours, puisqu’il travaille bien et qu’il est interessant et honnete j’aime mieux n’employer que lui afin de l’employer plus longtemps dans ces tems difficiles […] (Naples, 9 novembre 1812).

 

[…] Il Sigr Camilli sta lavorando il disegno del Piviale di S. Silvestro, che sarà più laborioso di quello di Leone III, formandolo tutto in un foglio, che rassomiglierà a un gran ventaglio, ed il monumento del card. Roverella a S. Clemente. Io l’ho diretto a Monr Callisto Marini, canonico di S. Giovanni, con un mio biglietto di raccomandazione, con un altro del marchese Longhi, pel musaico di S. Teodoro, e con uno del P. Burini per licenza di disegnare l’immagine di S. M. in Campitelli. È andato alla Barberina dove gli hanno fatto vedere un Dittico e tre miniature in carta pecora. Non ha saputo capire quale di queste tre Ella desidera. Onde la prego a significarmelo più chiaramente, per non errare. Egli suppone che sia la più grande, con varj busti di diverse figure assai belle. Se fosse questa, subito vi porrà mano.

Le trasmetto la nota di tutte le sue opere, con un foglio a parte di quelle, che mi sembra, che vi si debbano aggiungere […] (Roma, 13 novembre 1812).

 

[…] Je ne connois pas le piviale [il Piviale di San Silvestro] c’est M. Pouyard qui me l’a indiqué.

[…] Je ne me rappelle pas d’un diptyque a la Barberini mais tres bien du guerrier a cheval tableau d’ivoire du bas empire. Je vous ai prié de voir si il etoit dans le Thesaurus diptycorum de Gori.

Il faut pour les peintures que je reprenne les notes de Pinelli […] (Naples, 15 novembre 1812).

 

[…] Il Piviale di S. Sivestro è ormai finito, ed è pienissimo di figure.Il Dittico Barberino è già stato disegnato da Pinelli, col Guerriero a Cavallo, e con altre Pitture onde non occorre pensarvi […] (Roma, 24 novembre 1812).

 

Gli ultimi due lavori affidati a Gioacchino Camilli, che egli terminò dopo il rientro di Millin in Francia, sono le copie del Rotulo di Giosué e del Mosaico di Palestrina.

Il ben noto Rotulo di Giosué[71], rotulo bizantino del X secolo ed una delle prime vestige d’iconografia biblica, fu copiato da Gioacchino Camilli in 33 tavole oggi incollate in un volume in folio della Bibliothèque nationale de France[72]. Per guidare la realizzazione di questo prezioso documento che Millin, seguendo Seroux d’Agincourt, riteneva più antico e risalente all’epoca paleocristiana[73], egli prodigò numerosi consigli e redasse apposite note all’attenzione del disegnatore raccomandando soprattutto la più grande fedeltà all’originale: «Je demande surtout que rien ne soit embelli. J’ai bien peur que quelques figures ne l’aient été alors j’aurois une image et non une copie. Faite grande attention a l’exactitude pour le style. Je recommande surtout les inscriptions. Cela est tres essentiel car il faut que la forme des caracteres soit exacte»[74].

Millin desiderava inoltre vedere le tavole via via che erano ultimate, facendosele inviare nelle diverse tappe del suo viaggio di ritorno per apportare eventuali modifiche. Così, dopo averla esaminata, chiese che la tavola n. 9 fosse rifatta in quanto i colori «des figures se raccordent mal»[75]; egli reiterava inoltre le raccomandazioni affinché anche le proporzioni fossero rispettate per poter ricostituire esattamente il rotulo.

Solo a lavoro ultimato Camilli poté iniziare un’altra impegnativa impresa per il committente francese: la copia a grandezza naturale del mosaico nilotico di Palestrina. Questo celebre mosaico era stato al centro dell’attenzione di collezionisti ed eruditi sin dalla sua scoperta nel XVI secolo per il suo interesse antiquario e naturalistico[76]. Lo stesso Millin nel 1799 aveva pensato di scrivere una memoria sugli animali e i vegetali che vi sono rappresentati per la Societé d’histoire naturelle alla quale apparteneva; un progetto caldeggiato dal suo amico Böttiger e al quale Millin dovette allora rinunciare in quanto la realizzazione delle tavole illustrative sarebbe stato un impegno troppo difficile ed oneroso[77]. Non è quindi sorprendente che il Francese, avutane la possibilità, avesse chiesto al suo disegnatore romano una copia del mosaico, che egli volle realizzata e colorata davanti all’originale. Camilli vi si applicò soggiornando numerosi mesi a Palestrina nel 1815; infine, il 25 aprile 1816, inviò a Parigi la copia in 44 fogli[78]. A Millin mancò il tempo di realizzare la pubblicazione progettata, ma presentò subito la copia all’appena ricostituita Académie des inscriptions et belles-lettres. Per renderla accessibile ad un più largo pubblico propose inoltre a Auguste de Forbin, direttore dei Musées Royaux, di esporla al Louvre:

 

Je suis obligé de la garder en porte feuilles a cause de ses dimensions, elle perd ainsi de son interet.

Peu de personnes peuvent la voir et en avoir connaissance, et si elle etoit au musée […] je serai charmé qu’un pareil monument soit exposé aux regards du public[79].

 

L’attività del collezionista era per Millin indissociabile da quella del divulgatore. Inoltre, l’esperienza visiva era per lui una condizione necessaria per la conoscenza («voir» et «avoir connaissance»)[80]: la pratica del viaggio assume qui tutta la sua importanza in quanto consente l’osservazione diretta dei “monumenti” e la loro riproduzione esatta, permettendone una classificazione metodica e trasmissibile.

Allontanandosi dalla tradizione erudita, basata essenzialmente sullo studio dei testi, Millin è tra i fondatori di una nuova scienza archeologica, che non corrispondeva più alla pratica elitaria del collezionismo da “cabinet” o alla sociabilità di un ristretto circolo di conoscitori e “antiquaires”.
Egli favorì dunque in ogni modo un ampio scambio di informazioni. Lo dimostrano gli epistolari che abbiamo qui analizzato, i quali forniscono inoltre spunti inediti per studiare gli incroci di interessi e di relazioni tra Francia, Germania e Italia attivi nella costituzione europea di una scienza archeologica, troppo spesso ricondotta a definiti ambiti nazionali. A questo riguardo, non sembra quindi esagerato considerare l’insieme della corrispondenza di Millin come l’opera principale della sua carriera di studioso.

 

Appendice

 

1. Aubin-Louis Millin a Francesco Cancellieri [Londra, BL, Add 22891 - Vol. VII]

 

J’avois pensé que ces dessins avoient ete faits sur des papiers uniformes et s’ajustant ensemble par les extremités des figures, comme les planches des colonnes Trajane et  Antonina. Comment un homme qui a ces ouvrages sous les yeux a t’il pu prendre du papier de differentes tailles, ne pas regler la hauteur des champs des peintures, et ne pas le faire de maniere a pouvoir s’ajuster?

Des que le rouleau sera termine nous songerons a la mosaïque et ensuite au reste. Il faut toujours finir une chose avant de songer aux autres.

Je repete a M. Camilli qu’a ces observations pres je suis tres content de son dessin. Je l’engage a y mettre son nom qu’il a omis parce que il ne peut que lui faire honneur.

Je l’assure de mon amitié.

 

Aubin Louis Millin

 

De grace que M. Camilli ne fasse plus mes dessins sur du papier de rebut et casse, il est impossible de les conserver quand ils ont des coupures.

 

2. Aubin-Louis Millin a Francesco Cancellieri [Parigi, Bnf, Mss. fr. 24680, fol. 179]

 

Florence, 18 août 1813

 

Note sur M. Camilli Josue

 

Il y a au n° 9 des figures qui se raccordent mal, c’est un leger inconvenient. Je ne vous en parle que pour lui recommander ce genre d’exactitude si nous faisons la mosaïque [de Palestrina].

J’ai rassemblé mon Josue. Il manque encore le nos 5. 14. 25. 26. pour qu’il soit terminé. Je brule de les recevoir. Cet ouvrage lui fera honneur quand je le ferai voir a l’Institut et ne sera perdu ni pour sa reputation ni pour son existence a venir.

Il faut refaire la feuille qui n’est pas conforme aux autres.

Quand je serai a Paris et qu’il sera question de publier le Josue, je pourrai manager avec lui pour le graver et le colorier.

 

 

3. Aubin-Louis Millin a Auguste comte de Forbin [Parigi, Bnf, Mss. fr. 24686, foll. 182-184]

 

Lettera non datata (ma 1817)

 

Monsieur le Comte

Vous avez vu la belle imitation que j’ai fait faire a Rome de la mosaïque de Palestrine. Il n’existe aucune autre copie fidele de ce precieux monument qui, outre l’interet qu’il presente pour l’histoire de l’art, a encore le merite d’offrir aux yeux les scenes, les mœurs, les images, les sites, les plantes et les animaux de la haute ægypte relativement aux tems ou il a ete fait. Tout a ete calque avec le plus grand soin. La couleur a ete imitee sur le lieu même ou j’ai entretenu pendant plus de trois mois un artiste, dirigé par un chanoine qui depuis trente ans s’occupe de l’histoire de son pays. J’ai fait faire cet ouvrage il y a cinq ans uniquement par cet attrait qui me porte a recueillir tout ce que je puis trouver de nouveau sur les connaissances qui ont ete l’objet constant de mes etudes et il est de mon devoir de m’en occuper. Je l’ai mis il y a environ six mois sous les yeux des membres de l’academie des belles lettres, tous mes confreres qui sont aussi les votres se sont ecries qu’un pareil ouvrage etoit perdu chez un particulier, qu’il devroit etre dans un etablissement public puisque l’artiste, le naturaliste, l’antiquaire y pouvoient trouver, chacun selon leurs yeux, des sujets d’observations et qu’enfin sa place etait au musee royal. J’ai repondu que mon intention avait ete de faire peindre cette mosaïque pour moi, que je ne pretendais pas vouloir cacher et enfouir une chose qu’on croyait utile, que je la cederais volontiers, mais que ne le faisant pas pour argent ni pour besoin, je ne pouvois pas entamer sur ce point des sollicitations vives. Depuis j’ai eu l’honneur de vous voir, vous avez examiné cette peinture, elle vous a paru ainsi qu’a vos confreres interessante.

Je suis obligé de la garder en porte feuilles a cause de ses dimensions, elle perd ainsi de son interet. Peu de personnes peuvent la voir et en avoir connaissance, et si elle etoit au musée je pourrais la consulter comme tout le monde et je n’en aurais pas moins le merite de l’avoir fait executer. Si vous jugez Monsieur le Comte que l’affaire puisse s’arranger, j’y suis tout disposé et je serai charmé qu’un pareil monument soit exposé aux regards du public.

Il me serait toujours agreable de traiter avec un homme tel que vous et si la proposition vous plait, les conditions seraient bientôt reglées.

Agréez l’assurance de la haute consideration et du sincere attachement avec les quels j’ai l’honneur d’etre

  Monsieur le Comte

   Votre devoué confrere

A. L. Millin

 

 

Tutte le immagini sono gentilmente concesse dalla Bibliothèque nationale de France di Parigi, ad eccezione dell’immagine di p. 23, del Kunsthistorisches Institut in Florenz, Max-Planck-Institut di Firenze


[1]  Questo articolo è il testo di una conferenza presentata in occasione del convegno internazionale Roma e la creazione di un patrimonio culturale europeo nella prima età moderna. L’impatto degli agenti e corrispondenti d’arte e d’architettura, sotto la direzione di Christoph Frank, Roma, Villa Medici, 13-16 ottobre 2005. La conferenza è stata presentata a due voci: Bénédicte Savoy si è occupata delle relazioni di Millin con la Germania, Monica Preti-Hamard di Millin e l’Italia. Sull’argomento sono inoltre in preparazione gli atti del convegno Voyages et conscience patrimoniale. Aubin-Louis Millin (1759-1818) entre France et Italie (Parigi, Institut national du patrimoine, 27-28 novembre 2008, Roma, Sapienza Università di Roma, 12-13 décembre 2008), a cura di Anna Maria D’Achille, Antonio Iacobini, Monica Preti-Hamard e Gennaro Toscano (in corso di stampa presso Campisano Editore, Roma).

Le trascrizioni dei documenti sono conservative. I tre asterischi *** indicano una parola o una porzione di testo illeggibili.

Abbreviazioni

Bnf : Parigi, Bibliothèque nationale de France

BL : Londra, British Library

Ringraziamenti

Teniamo a ringraziare Chistophe Frank per aver creato l’occasione di presentare a Roma questo contributo a due voci nonché Philippe Sénéchal per la rilettura dell’articolo e i suoi sagaci commenti.

[2]  C. Hurley, Le non-dit comme principe d’écriture sous la Révolution: les Antiquités nationales (1790-1798) d’Aubin-Louis Millin, in “Zeitschrift für schweizerische Archäologie und Kunstgeschichte”, 53, 1996, pp. 275-284; Ead., Aubin-Louis Millin: programme du cours d‘histoire des arts chez les anciens, Paris 1805 with manuscript notes by Antoine Maire Chenavard, in “Scholion”, 0.2001, pp. 57-66; Ead., Building on ruins: Aubin-Louis Millin’s Antiquités nationales (1790-1798), tesi sotto la direzione di Jean-Daniel Morerod e Georg Germann, Université de Neuchâtel, Faculté des Lettres et Sciences humaines, Institut d’histoire, 2004; Ead., Un cosmopolitisme journalistique: les généalogies du “Magasin encyclopédique”, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne. Le Magasin encyclopédique - Les lettres à Karl August Böttiger, Atti del convegno, (Amiens 2003), a cura di G. Espagne e B. Savoy, Hildesheim-Zurich-New York 2005, pp. 107-119.

[3]  Millin a Böttiger, Rome, 9 janvier 1812, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne…, lettera n. 102, pp. 513-515: p. 514.

[4]  Bnf, Mss. fr. 24697.

[5]  Millin a Böttiger, Paris, 3 mars 1797, Aubin-Louis Millin et l’Allemagne…, lettera n. 2, pp. 296-300: p. 297.

[6]  A.-L. Millin, Voyage en Savoie, en Piémont, à Nice et à Gênes, 2 voll., C. Wassermann, Paris 1816.

[7]  Lettera di Seroux d’Agincourt a Millin, Rome, 13 novembre 1809, Bnf, Mss. fr. 24697.

[8]  L. Therrien, L’histoire de l’art en France: genèse d’une discipline universitaire, Paris 1998, pp. 37- 44; C. Hurley, Aubin-Louis Millin: programme du cours d’histoire des arts chez les anciens....

[9]  Aubin-Louis Millin et l’Allemagne..., lettera n. 105, pp. 519-520.

[10]   A.-L. Millin, Voyage en Savoie...; Id., Voyage dans le Milanais, à Plaisance, Parme, Modène, Mantoue, Crémone, et dans plusieurs autres villes de l’ancienne Lombardie, 2 voll., C. Wassermann, Paris 1816. Articoli: Lettre de M. Millin à M.*** par M. Millin, membre de l’Institut impérial, contenant quelques additions à son voyage de Paris à Lyon (Grenoble, le 25 septembre 1811), in “Magasin encyclopédique”, ottobre 1811, V, pp. 347-387 (estratto: Paris, J. B. Sajou, 1811); Lettre de M. Millin, membre de l’Institut impérial de France, et de la Légion d’honneur, à M. Boulard, ancien notaire, et membre de plusieurs académies, contenant quelques détails de son voyage de Lyon à Chambéry, in “Magasin encyclopédique”, novembre 1811, VI, pp. 93-134 (estratto: Paris, J. B. Sajou, 1811); Lettre de M. Millin,... à M. Langlès, membre de l’Institut, sur le carnaval de Rome (Rome, 12 février 1812), in “Magasin encyclopédique”, aprile 1812, II, pp. 241-312 (estratto: Paris, J.-B. Sajou, 1812) ; Royaume de Naples, in “Magasin encyclopédique”, gennaio 1814, I, pp. 155-157; Extrait de quelques lettres adressées à la classe de la littérature ancienne de l’Institut impérial par A.-L. Millin, pendant son voyage d’Italie, in “Magasin encyclopédique”, marzo 1814, II, pp. 5-75 (estratto: Paris, J. B. Sajou, 1814). Libri: Description des tombeaux qui ont été découverts à Pompeï dans l’année 1812, Impr. royale, Naples 1813; Description d’une médaille de Siris, dans la Lucanie, C. Wassermann, Paris 1814; Description d’un vase trouvé à Tarente, C. Wasermann, Paris 1814; Description des tombeaux de Canosa, ainsi que des bas-reliefs, des armures et des vases peints qui y ont été découverts en 1813, C. Wassermann, Paris 1816; Description d’une mosaïque antique du musée pio-clémentin à Rome, représentant des scènes de tragédies, impr. de P. Didot l’aîné, Paris 1819.

[11]   Il dipartimento dei Manoscritti conserva, oltre ai ventotto volumi della “correspondance littéraire” di Millin (preziosi anche per studiare il viaggio in Italia e la rete di corrispondenti italiani), 19 volumi contenti le copie di iscrizioni antiche e medievali fatte eseguire da Millin durante il suo soggiorno italiano, principalmente a Roma. Il Département des Estampes et de la Photographie conserva inoltre più di 1000 disegni del viaggio d’Italia. Questo importante fondo segnalato una ventina di anni fa da Françoise Arquié Bruley (Au Cabinet des Estampes, dessins executés en Italie de 1811 à 1813 pour Aubin-Louis Millin, in “Revue de la Bibliothèque nationale de France”, 15, 1985, pp. 25-43) non è poi stato studiato, anche per le difficoltà di identificarlo nel suo insieme. Infatti, acquistato dalla biblioteca a due riprese, nel 1819 e nel 1822, in seguito alle nuove classificazioni ottocentesche, esso è stato diviso in diverse ripartizioni tematiche, topografiche o per artisti: è soltanto grazie ad un inventario manoscritto compilato al momento dell’acquisizione, che oggi possiamo tentare la ricostruzione di questo corpus smembrato. Alla Bibliothèque de l’Arsenal esistono inoltre sette cartoni di note ed appunti di Millin durante il suo soggiorno in Italia.

[12]   Lettre de M. Millin à M.*** par M. Millin....

[13]   Millin ribadisce queste idee, quasi negli stessi termini, in apertura del primo volume del suo Voyage, pubblicato nel 1816, in un contesto politico ancora mutato: «L’Italie a été plusieurs fois décrite; ainsi ce n’étoit pas l’espoir d’y faire quelque heureuse découverte qui m’inspiroit le désir de voir ce pays si vanté. Je voulois examiner moi-même les grands monumens dont il s’enorgueillit, et que les meilleurs dessins et les gravures les plus fidèles ne peuvent qu’imparfaitement représenter. D’ailleurs quoiqu’on ait publié tant de descriptions de l’Italie, il n’existe aucun ouvrage qui en donne une idée conforme à celle qu’on doit s’en faire aujourd’hui. Richard, Lalande, Wolkmann, Bernouilli, et ceux qui leur ont succédé, ont enrichi leurs ouvrages de détails importans, et seroit de meilleurs guides, mais leurs écrits manquent d’ordre; ils ont tout recueilli sans goût et sans choix, et la marche des événements a tellement vieilli ces ouvrages, qu’il reste peu d’observations dont on puisse profiter. Des souverainetés ont été détruites, les lois et l’administration ont été changés; et, quoique les derniers événemens aient rétabli plusieurs Etats, et renouvelé plusieurs institutions, ces révolutions ont amené de grandes variations dans les mœurs et les usages. J’ai donc cru qu’il étoit encore possible de donner une nouvelle description de l’Italie, et de lui imprimer quelque intérêt, en visitant cette riche contrée, et en profitant de tous les ouvrages dont elle a été le sujet». A.-L. Millin, Voyage en Savoie…, I.

[14]   Lo studio più recente e stimolante su questa Société è: J.-L. Chappey, La Société des Observateurs de l’homme (1799-1804), Société des études robespierristes, Paris 2002. Si veda anche A. Castorina, Un observateur de l’homme e lo studio dell’archeologia: note su Millin, in “Prospettiva”, 69, 1993, pp. 88-93.

[15]   Itinerario che ho potuto ricostruire precisamente completando le fonti edite con le informazioni contenute nella corrispondenza.

[16]   Millin a Böttiger, Paris, 31 août 1811, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne..., lettera n. 100, p. 511.

[17]   L. Lanzi, Viaggio del 1793 Pel Genovesato e il Piemontese, a cura di G. C. Sciolla, Libreria Editrice Canova, Treviso 1984.

[18]   Ibid.

[19]  Ad oggi, non esiste ancora una sintesi sullo spazio del sapere archeologico in Europa nel XIX secolo né, più semplicemente, alcuno studio approfondito sull’opera archeologica di Böttiger o di Millin. Vanno tuttavia segnalati, tra i lavori più recenti, le ricerche che René Sternke sta conducendo per la sua tesi sulla corrispondenza di Böttiger e Désiré Raoul Rochette (su Raoul-Rochette vi veda anche la voce a lui consacrata da È. Gran-Aymerich e N. Lubtchansky, in Dictionnaire critique des historiens de l’art actifs en France de la Révolution à la Première Guerre mondiale, a cura di Philippe Sénéchal e Claire Barbillon, inha, Paris 2009: http://www.inha.fr/spip.php?article2506); la tesi di Cecilia Hurley sulle Antiquités nationales di Millin (cfr. nota 1); l’articolo di C. Rétat, Revers de la science. Aubin-Louis Millin, Alexandre Lenoir, in Rêver l’archéologie au XIXe siècle: de la science à l’imaginaire, a cura di E. Perrin-Saminadayar, Publications de l’Université de Saint-Étienne, Saint-Etienne 2001, pp. 97-119; e, più generalmente, È. Gran-Aymerich, Naissance de l’archéologie moderne, 1798-1945, cnrs éditions, Paris 1998. Considerando inoltre che ci si trova di fronte, nella corrispondenza di Millin, ad una straordinaria abbondanza di informazioni spesso allusive (titoli di libri, nomi di persone, allusioni a dibattiti eruditi ecc.), non è questione qui di avanzare risultati definitivi. La presentazione che segue è piuttosto concepita come un invito a proseguire sondaggi e ricerche capaci di fare emergere la base comune franco-tedesca della storia dell’archeologia in Europa. Storia all’interno della quale il “Magasin encyclopédique” – come in molti altri campi – svolge un ruolo importante. Essa, del resto, per essere completa, dovrebbe tener conto sistematicamente di altri assi transnazionali (ed includere certamente l’Italia e la Germania, ma anche, per esempio, la Danimarca), come pure di campi di studio vicini all’archeologia così come era intesa all’inizio del XIX secolo, quali la filologia o le scienze naturali.

[20]   C. Rétat, Revers de la science..., p. 99.

[21]   Riguardo all’appartenza di Millin alla Mère-Loge du Rite écossais philosophique, si veda C. Rétat, Revers de la science…, p. 107. Su Böttiger e la massoneria, si veda E. F. Sondermann, Karl August Böttiger, Literarischer Journalist der Goethezeit in Weimar, Bonn 1983, in particolare pp. 34-35.

[22]   Prospectus del 1805, citato da C. Rétat, Revers de la science…, p. 101.

[23]   Millin a Böttiger, Paris, 12 février 1797, Aubin-Louis Millin et l’Allemagne..., lettera n. 1, pp. 293-295.

[24]   Ibid.

[25]   Ibid.

[26]   B. Savoy, Des musées nationaux aux vases antiques du comte de Paroy. Regards allemands sur les collections parisiennes autour de 1800, in Collections et marché de l´art en France, 1789-1848, Atti del convegno, (Parigi 4-6 dicembre 2004), a cura di M. Preti-Hamard e Ph. Sénéchal, inha/Presses Universitaires de Rennes, Paris-Rennes 2005, pp. 387-405.

[27]   Millin a Böttiger, Paris, 22 janvier 1816, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne..., lettera n. 114, pp. 533-536: p. 534.

[28]   Probabilmente: H. A. O. Reichard, Guide des voyageurs en Italie et en Suisse; faisant partie de la 6e éd. originale du Guide des voyageurs en Europe, Weimar 1810, annunciato nel “Magasin encyclopédique”, 1811, II, pp. 222-223 e ibid., III, p. 194.

[29]   Cfr. H.A.O. Reichard, Guide des voyageurs en Europe, 6a ed., 4 tomi, Weimar, 1812.

[30]   Millin a Böttiger, Paris, 24 avril 1811, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne.., lettera n. 97, pp. 501-506: 503-504.

[31]   B. Savoy, Patrimoine annexé. Les biens culturels saisis par la France en Allemagne autour de 1800, 2 voll., Maison des Sciences de l’Homme, Paris 2003, I, capitolo VI.

[32]   A. Petrucci, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XVII, ad vocem, Roma 1974 (con indicazione di fonti e bibliografia).

[33]   F. Seni, Vita di Francesco Cancellieri, Roma 1893, p. 52.

[34]   Bnf, Mss. fr. 24680 e Londra, BL, Add 22891-Vol. VII. A Parigi sono conservate le lettere di Cancellieri e numerose copie delle lettere di Millin (tuttavia in gran parte illeggibili). Il volume della British Library contiene gli originali delle lettere di Millin: esso fa parte di 12 volumi di lettere e altro materiale manoscritto che lo stesso Cancellieri vendette nel 1824 al collezionista inglese Dawson Turner (1775-1858); la biblioteca li acquistò alla vendita della collezione di quest’ultimo, cfr. Catalogue of Additions to the Manuscripts in the British Museum in the Years 1854-1860, London 1875, pp. 757-765.

[35]   Le opere di Francesco Cancellieri iniziano ad essere regolarmente recensite nel “Magasin encyclopédique” dal giugno 1806 fino al gennaio 1816.

[36]   BL, Add 22891-Vol. VII.

[37]   Su Ennio Quirino Visconti (Roma, 1751 - Parigi, 1818), si veda l’esaustiva voce bio-bibliografia redatta da Daniela Gallo, in Dictionnaire critique des historiens de l’art actifs en France de la Révolution à la Première Guerre mondiale, a cura di P. Sénéchal, C. Barbillon, inha, Paris 2009: http://www.inha.fr/spip.php?article2565.

[38]   Lettera datata: Paris, 25 février 1817 (ma piuttosto 1818), in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne.., lettera n. 121, p. 548.

[39]   Paris, 9 mars 1809. BL, Add 22891-Vol. VII.

[40]   «Ecco il primo libro che comincia a trattare delle lodi del P. abate di Costanzo.[…] Io pongo questo nuovo mio figlio fra le sue braccia amorose, e lo raccomando alla sua bontà, affinché egli gli faccia avere un posto onorevole nel suo magazzino [il “Magasin encyclopédique”]. Dal valutabilissimo di Lei suffragio dipende la sua riputazione onde sono sollecito di sentire qual ne sarà il suo pregiatissimo giudizio» (Lettera di Cancellieri a Millin, Roma, 24 ottobre 1814, Bnf, Mss. fr. 24680, fol. 317r.).

[41]   Cancellieri riceve ammirato le precise osservazione e correzioni di Millin che integra regolarmente in fase di stampa o in edizioni aggiornate: «Ma chi può mai paragonarsi a Lei, Biblioteca ambulante, Archivio animato, e vero Emporio di ogni sapere?»; «Tutte le sue Lettere sono vere Lezioni le più istruttive, ed io le leggo col maggior interesse e sempre più la ringrazio de’ suoi Lumi, che con tanta pazienza ha trovato il tempo di somministrarmi per la mia Biblioteca Pompejana che più non si riconoscerebbe con tante belle giunte» (Lettere di Cancellieri a Millin. Roma, 4 dicembre e 22 dicembre 1812, ibid., foll. 94r. e 105r.).

[42]   «Je reçois toujours les lettres de votre brave abbé Cancellieri, mon directeur des arts à Rome, c’est à dire qu’il a bien voulu se charger de conduire et de payer, avec mon argent, les artistes qui travaillent pour moi». Lettera di Millin a Capecelatro, Reggio [Calabria], 22 juin, 1812, Bnf, Mss. fr. 24681, fol. 4r. Su Capecelatro, si veda P. Stella, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 18, ad vocem, Roma 1975, pp. 445-452 nonché il recente artcolo di M. Toscano, The figure of the naturalist-antiquary in the Kingdom of Naples: Giuseppe Giovene. and his contemporaries, in “Journal of History of Collections”, 2007, 19, pp. 225-237.

[43]   F. Cancellieri, Le Sette cose fatali di Roma antica, Luigi Perego Salvioni, Roma 1812, «Dedica al Ch. Sig. Cav. Albino Luigi Millin», pp. 3-4: «[…] dopo la vostra partenza, seguita ai 9 dello scorso marzo, io vi ho accompagnato col cuore a Napoli, nell’Abruzzo, nella Puglia, e fin nel fondo della Calabria, dove vi ha spinto, ad onta di ogni difficoltà e pericolo, l’ardente desiderio di visitare la Magna Grecia, madre feconda di tante insigni scuole filosofiche, la patria invidiabile di tanti eroi, in cui le belle arti hanno fiorito fin dai tempi più remoti, e dove la natura presenta anche adesso il vago spettacolo de’ più rari fenomeni, e la stessa sua popolazione un luminoso teatro di oggetti degni di osservazione. // Di più vi ho scritto in ogni ordinario e non contento di essermi impiegato nell’adempimento delle vostre molteplici commissioni, per fare eseguire le copie fedeli ed esatte delle iscrizioni di tutte le nostre chiese, e del Museo Vaticano, e i disegni coloriti a contorno de’ più belli monumenti sacri e profani di questa città, che fin nelle rovine spirano ancora la prisca e nativa lor maestà, mi sono occupato nella vostra assenza di questo lavoro, per dedicarlo all’illustre vostro nome».

[44]   Angelo Boucheron (Torino, ca. 1776-1859), plasmatore, disegnatore ed incisore, figlio del famoso argentiere del Regno Sardo Giovan Battista Boucheron (Torino, 1742-1815).

[45]   Luigi Zandomeneghi (Colognola, 1778-Venezia, 1850), scultore allievo di Canova.

[46]   Bartolomeo Pinelli (Roma, 1781-1835), disegnatore, incisore e pittore,
celebre soprattutto per le sue vedute della città e dei costumi romani. Non citiamo qui l’abbondante bibliografia sull’artista, la cui attività per Aubin-Louis Millin tuttavia, a mia conoscenza, non è stata studiata.

[47]   Gioacchino Camilli, disegnatore e calcografo attivo a Roma nella prima metà dell’Ottocento.

[48]   Franz-Ludwig Catel (Berlino, 1778-Roma, 1856), disegnatore e pittore. Nel 1812 accompagnò Millin per parte del suo itinerario nel Sud dell’Italia.

[49]   Cfr. G. Toscano, Le Moyen Âge retrouvé: Millin et Ingres à la découverte de Naples ‘angevine’, in Ingres, un homme à part?: entre carrière et mythe, la fabrique du personnage, a cura di C. Barbillon, P. Durey, U. Fleckner, La Documentation Française, Paris 2009, pp. 275-310.

[50]   Millin a Böttiger, Rome 9 janvier 1812, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne..., lettera n. 102, p. 514.

[51]   Millin a Capecelatro, Reggio [Calabria], 22 juin, 1812. Bnf, Mss. fr. 24681, fol. 4 v.

[52]   Proprio negli stessi mesi (dal settembre al dicembre 1811) era in Italia Dominique-Vivant Denon con la missione di prelevare una scelta di quadri “primitivi” destinati al Musée Napoléon: cfr. M. Preti-Hamard, L’exposition des ‘écoles primitives’ au Louvre: ‘la partie historique qui manquait au Musée’, in Dominique-Vivant Denon: l’œil de Napoléon, catalogo della mostra (Parigi, 20 ottobre 1999 - 17 gennaio 2000) a cura di P. Rosenberg, M.-A. Dupuy, Editions de la Réunion des Musées Nationaux, Paris 1999, pp. 226-253.

[53]   Le notizie di questo personaggio si ricavano dalla corrispondenza di Millin.

[54]   E.Q. Visconti, Il museo Pio-Clementino descritto da Ennio Quirino Visconti, 7 voll., Roma 1782-1807 (il primo volume redatto da Giovanni Battista Antonio Visconti); F.A. Visconti, G.A. Guattani, Il museo Chiaramonti aggiunto al Pio-Clementino da n. S. Pio VII con l’esplicazione de Filippo Aurelio Visconti e Giuseppe Antonio Guattani. Pubbl. da Antonio d’Este e Gaspare Capparone, 2 voll., Roma 1808. 

[55]   Non mi è stato per ora possibile rinvenire i disegni e le incisioni di Bartolomeo Pinelli, spesso menzionati nella corrispondenza Millin - Cancellieri. Millin parla di questo progetto di pubblicazione anche nella sua corrispondenza con Böttiger: «Hartmann a tort de publier le Musée Chiaramonti, cet ouvrage est indispensable pour ceux qui ont un gout decidé pour l’antiquité et qui possedent le Musée Pio Clementin mais il lui est bien inferieur je ne dis pas seulement pour le texte mais aussi pour les planches elles ne representent guere que des statues et des bustes, dans lesquels on n’a guere tenu compte des restaurations, les bas reliefs y sont peu nombreux, il y en a je crois deux ce sont des autels carres qui forment a eux seules 8 planches. C’est une speculation de capitaliste certainement les auteurs auroient dirigé l’ouvrage autrement s’ils avoient ete les maitres. J’ai fait dessiner tout ce qui n’est pas publié dans cet ouvrage je n’ai pris cependant que les morceaux qui sont utile pour l’instruction en laissant les statues indeterminables et j’ai de quoi faire deux volumes si on vouloit vendre du papier comme on l’a fait pour le Musée Chiaramonti, mais le tout rendu au trait pourra tenir en un volume 4°. […]/ J’ai aussi fait dessiner tout ce qui restoit dans le musée du Vatican, j’ai parcouru tous ses magazins et j’y ai trouvé et fait dessiner une trentaine de pieces interessantes, c’est cette dernière partie que j’ai laissée a faire a mon dessinateur en partant de Rome» (Millin a Böttiger, Naples, 24 avril 1812, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne.., lettera n. 104, p. 517). «Monsieur Pilat est ici avec l’empereur d’Autriche. Il m’a dit que Hartmann était employé à Vienne, ce qui me fait beaucoup de plaisir. Je ne sais s’il a publié, comme il le voulait, sa traduction du Museo-Chiaromonti si les observations que Vous proposez de lui donner n’ont pas encore été employées, je pourrais Vous fournir de bons renseignemens. Les auteurs ont mis peu de critique dans le choix qu’ils ont fait des pièces. Ils n’ont presque publié que des statues & ont tenu peu de compte des restaurations. Enfin ils ont donné dans des groupes comme antiques des figures connues pour modernes. J’ai les dessins, & même les gravures de tout ce qu’ils ont négligé, & il y a des morceaux bien plus curieux pour l’érudition que ceux qu’ils ont publiés» (Millin a Böttiger, Paris, 26 avril 1814, in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne..., lettera n. 105, p. 520). Il mese seguente, Millin aspettava altre incisioni per la pubblicazione progettata: «J’attends les gravures que Pinelli me doit remettre pour publier la suite des monumens des musées de Rome dont j’ai, comme vous le savez, à-peu-près cent planches» (Millin a Cancellieri, Paris, 23 mai 1814, BL, Add 22891 - Vol. VII).

[56]   Nella corrispondenza Millin-Cancellieri si trovano alcune di queste liste di opere da copiare, comunicate da Millin a Pinelli: Bnf, Mss. fr. 24680, foll. 32-35, 126 e BL, Add 22891-Vol. VII. I luoghi di provenienza dei «monumenti» da disegnare sono, oltre ai Musei Vaticani (compresi i «Magazzini»), numerose chiese (Santa Prudenziana, Santa Maria dei Monti, San Giovanni in Laterano, Santa Maria in Trastevere, Santi Cosma e Damiano, Santa Maria sopra Minerva), la Biblioteca Barberini nonché diverse collezioni private (Villa Albani, Villa Madama, «casa Ruffini», «chez Mr Maximilien», «Prince Poniatowski», «chez Mr Venuti», «madame la princesse de Dietrischtein», «l’atelier de Canova»).

[57]   Extrait de quelques lettres adressées à la classe de la littérature ancienne de l’Institut impérial…, p. 69.

[58]   BnF, Mss. fr. 24656-24674.

[59]   Riguardo alla copia delle iscrizioni dei Musei Vaticani, Cancellieri scriveva: «Le Iscrizioni di Guerigi vengono a venti per volta ogni sabato. Onde puo immaginarsi a qual numero siano giunte. Le profane de’ Magazzeni del Museo del Vaticano sono scritte a due, e a tre per foglio, quando son corte, per non abusare della sua generosità, benché la fatica di andare fino al museo, di muoverle, di alzarle per poterle copiare, sia maggiore di quella fatta per copiare nel suo gabinetto le Cristiane» (Lettera di Cancellieri a Millin, Roma, 28 giugno 1812, Bnf, Mss. fr. 24680, fol. 31 r.).

[60]   I titoli manoscritti descrivono il contenuto dei diversi volumi (BnF, Mss. fr. 24656-24666): «Vigna Carpegna; chiostro di S. Paolo; biblioteca Vaticana» – «Cippi posti nel corridore del Museo Vaticano» – «Nelle rimesse dietro il Museo Vaticano; corridore del Museo vicino alla porta della biblioteca; campana della chiesa S. Balbina» – «Nelle rimesse dietro il Museo Vaticano; stanza dietro il Museo Vaticano; inscriptiones solo Ostiensi, jussu Pii VII erutæ; iscriptiones græcæ» – «Inscriptiones antiques de Rome: Dei, deæ, sacrorum ministri … artifices, officinatores, negotiatores» – «Inscriptiones antiques de Rome: Duces exercitus … epitaphia patronorum, liberorum et servitorum» – «Inscriptiones antiques de Rome: Epitaphia maritorum et uxorum» – «Inscriptiones antiques: Epitaphia parentum et liberorum, fratrum et sororum, item alumnorum» – «Monumenta græca et monumenta romana veterum Christianorum» – «Monumenta veterum Christianorum» – «Epitaphia defuntorum nomine vel ab incertis posita».

[61]   F.  Cancellieri, Notizie sulla storia dell’Accademia dei Lincei, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Vat. Lat. 9683, fol. 469 r.: «Avendo io fatto conoscere nel 1813 al mio incomparabile amico cavalier Millin l’importanza, e l’utilità di questo lavoro [l’opera di Gualdi sulle «memorie sepolcrali»], che perciò era assai da dolersi, che non si fosse ultimato, io l’indussi a intraprenderlo. Egli dunque incaricò varj esperti giovani di andare a disegnare esattamente i depositi ne’ pavimenti, e ne’ muri di tutte le chiese, e di tutti i chiostri di questa città, per farne ben rilevare i diversi vestiarj, e di ricopiarne con fedeltà tutte le iscrizioni. Onde partì carico di questo tesoro, con animo di far incidere, e di pubblicare con le opportune illustrazioni tutti questi monumenti, come attesta il ch. Charles Guillaume Krafft nella Notice sur Aubin Louis Millin […] Parigi 1818 […] dice M. Millin rapporta un recueil précieux et unique d’inscriptions depuis le cinquième siècle jusqu’à l’année 1450. Avec les desseins des figures, qui ornent ces monuments». Devo la segnalazione e la trascrizione di questo documento a Fabrizio Federici il quale ha condotto importanti ricerche su Francesco Gualdi. Si veda: F. Federici, Il trattato Delle memorie sepolcrali del cavalier Francesco Gualdi: un collezionista del Seicento e le testimonianze figurative medievali, in “Prospettiva”, 110-111, aprile-luglio 2003 (2004), pp. 149-159. Lo stesso studioso sta attualmente preparando un’edizione critica del trattato per le Edizioni della Scuola Normale Superiore di Pisa.

[62]   Extrait de quelques lettres adressées à la classe de la littérature ancienne de l’Institut impérial…, pp. 67-68.

[63]  Su Seroux d’Agincourt, si vedano i recenti studi: I. Miarelli Mariani, Seroux d’Agincourt e l’histoire de l’art par les monuments. Riscoperta del medioevo, dibattito storiografico e riproduzione artistica tra fine XVIII e inizi XIX secolo, Bonsignori, Roma 2005; Eadem, Les «Monuments parlants»: Seroux d’Agincourt et la naissance de l’histoire de l’art illustrée, in Histoire de l’art par les monumens depuis sa décadence au IVe siècle jusqu’à son renouvellement au XVIe: ouvrage enrichi de 325 planches par J. B. L. G. Seroux d’Agincourt, introduzione al vol. VII, Aragno, Torino 2005; D. Mondini, Mittelalter im Bild. Seroux d’Agincourt und die Kunsthistoriographie um 1800, Zurich InterPublishers, Zürich 2005.

[64]   Per la trascrizione di queste lettere, cfr. M. Preti-Hamard, “Je me suis trouvé bien neuf en arrivant dans cette ville”. Millin à Rome et ses lettres au ministre de l’Intérieur comte de Montalivet (janvier-février 1812), in “Les Cahiers d’Histoire de l’Art”, 7, 2009, pp. 82-98.

[65]   Seta blu decorata in seta, argento e argento dorato. Numerose ipotesi sono state formulate su questo paramento che oggi si ritiene essere un sakkos bizantino del XIV secolo. Si veda: Byzantium: Faith and Power (1261–1557), catalogo della mostra (New York, 23 marzo - 4 luglio, 2004), a cura di  H. C. Evans, New Haven and London 2004, cat. n. 177, pp. 300-301 (con bibliografia precedente).

[66]   Lino decorato in seta, oro, argento e perle, indossato da Bonifacio VIII nel primo Giubileo celebrato nel 1300 (fine XIII-inizi XIV secolo). Si veda:
Tesori d’arte sacra di Roma e del Lazio dal Medioevo all’Ottocento, catalogo della mostra (Roma, 1 novembre 1975 - 11 gennaio1976) a cura di  M. Andaloro, A. Costamagna, L. Cardilli Alloisi, Roma 1975.

[67]   Bnf, Mss. fr. 24680, fol. 22r.

[68]   BL, Add 22891-Vol. VII: «Il sera mieux sans doute de calquer le dessin de la chape: cela sera moins long et moins couteux mais si on ne peut le trouver il faudra le faire d’après l’original».

[69]   Bnf, Mss. fr. 24680, fol. 24 r.

[70]   Questa “dissertazione” fu pubblicata postuma (Description d’une mosaïque antique du Musée Pio-Clémentin à Rome, représentant des scènes de tragédies; par A. L. Millin …, P. Didot, Paris 1819). Tuttavia, un «Avertissement» in apertura del volume indica che l’autore ne aveva completato interamente la preparazione: Millin, non solo aveva scritto il testo, ma aveva anche diretto l’esecuzione delle incisioni per le tavole illustrative, tratte dai disegni eseguiti da Gioacchino Camilli a Roma; aveva inoltre letto la Description all’Académie des belles-lettres, nella seduta del 10 aprile 1818.

[71]   Esso si compone ora di 15 membrane sciolte di varia grandezza, ma fino al 1902 questo era lungo circa 10 metri e mezzo. Si veda: P. Franchi de’ Cavalieri, Il Rotulo di Giosuè: codice Vaticano Palatino Greco 431; riprodotto in fototipia e fotocromografia, Milano 1905.

[72]   BnF Est., Ad-131-Fol.

[73]   Cfr. J.B.L.G. Seroux d’Agincourt, Histoire de l’art par les Monuments, depuis sa décadence au IVe siècle jusqu’à son renouveau au XVIe, 6 voll., Paris 1823, III, Planches XXVIII-XXX.

[74]   Florence, 13 juillet, 1813, BL, Add 22891 - Vol. VII. Se ne veda la trascrizione in appendice.

[75]   Florence, 18 août 1813, Bnf, Mss. fr. 24680, fol. 179. Se ne veda la trascrizione in appendice.

[76]   C. Forni Montagna, Nuovi contributi per la storia del mosaico di Palestrina, in “Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche”, serie 9, vol. 2 1991, pp. 227-293.

[77]   Si vedano le lettere di Millin a Böttiger (Paris, 28 juin e Paris, 3 octobre 1799) e di Böttiger a Millin (Weimer, 3 octobre 1799), in Aubin-Louis Millin et l’Allemagne..., lettere nn. 30, 33, 34, pp. 367-371, 376-380 e 380-383, qui pp. 370, 377-378 e 381.

[78]   Lettera di Camilli a Millin, Roma, 25 aprile 1816, BnF, Mss. fr. 24679, fol. 405. Le 44 tavole sono conservate sciolte entro un volume gran folio della Bibliothèque nationale de France: Gb-61-Ft 6 (113 cm.)

[79]   Lettera non datata (ma 1817) di Millin a Auguste comte de Forbin, BnF, Mss. fr. 24686, foll. 182-184. Se ne veda la trascrizione in appendice.

[80]   Sull’affermarsi dell’importanza dell’esperienza visiva negli studi antiquari, si veda l’ormai classico: A. Momigliano, Ancient History and the Antiquarian, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, 13, 1950, pp. 285-315; anche in Contributo alla storia degli studi classici, I, Roma 1955, pp. 67-106. Si veda inoltre: A. Schnapp, La conquête du passé. Aux origines de l’archéologie, Carré, Paris 1998 (trad. italiana: La conquista del passato: alle origini dell’archeologia,  a cura di G.P. Tabone, Leonardo, Milano1994.

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Temi di Critica - numero 3

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