teCLa :: Rivista

codice DOI:10.4413/RIVISTA - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010


teCLa

teCLa - rivista ospita articoli inerenti temi di critica e letteratura artistica, dal medioevo al contemporaneo, con attenzione alle riflessioni teoriche sugli aspetti del gusto, della metodologia, della storia del collezionismo, della museologia, del restauro e delle tecniche artistiche.
Diretta da Simonetta La Barbera, ha un Comitato scientifico internazionale, un Comitato di Referee anonimo e un Comitato di redazione.
La pubblicazione, a diffusione internazionale, fornita di codice ISSN e di codice DOI, ha cadenza semestrale.

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Abstract del quattordicesimo numero

Erasmo, la polemica sull’Antico e l’Italia di Stefano Colonna


Nel 1528 Erasmo da Rotterdam scrive il Ciceronianus, un testo sulla purezza della lingua di Cicerone che contiene un'invettiva contro la cultura antiquariale applicata in ambito cristiano e ricorda che non si potrà più «[...] effigiare la Vergine madre così come Apelle una volta dipingeva Diana», oppure «Santa Tecla con quella sembianza con la quale si ritrasse Laide» né tanto meno adornare «[...] le nostre chiese  di statue del genere di quelle onde un tempo Lisippo abbellì i templi degli dei [...]».
Veniva così colpita al cuore la pratica del ciceronianesimo praticata dai letterati e dagli artisti italiani dal tempo di Petrarca e poi Coluccio Salutati, Gasperino Barzizza ed Angelo Poliziano e, ancora, in pieno Rinascimento, Pietro Bembo e Iacopo Sadoleto e infine il meno noto, ma sempre indispensabile per i nostri studî, fondamentale contributo di Martino Filetico che, allo studio della perfetta lingua latina di Cicerone aggiunge quello, altrettanto importante, della lingua greca creando un binomio inscindibile che darà luogo alla creazione dell'Hypnerotomachia Poliphili del 1499.
Questo lavacro ciceroniano della cultura antiquariale italiana passava attraverso il recupero dell'archeologia e della letteratura dei classici ma anche e soprattutto del mito di Roma considerata come il centro ideale dell'Antico e anche, nei progetti politici dei papi del Rinascimento a partire da Alessandro VI Borgia, il fulcro della costituenda Italia.
D'altro canto il Sacco di Roma del 1527 fu motivato anche dalla volontà di punire i presunti eccessi della città eterna per cui il Ciceronianus del 1528 sembra sancire l'immediata ratifica degli avvenimenti storici e voler chiudere un'epoca corrispondente alla massima espansione del Rinascimento italiano e della Renovatio Urbis.
La Terza Accademia Romana di Fulvio Orsini cercherà di restaurare nella Galleria Farnese intorno all'anno 1600 la cultura antiquariale in ambito controriformistico grazie agli ossimori “catechistico-didattici” della “Teoria degli Affetti” di Pomponio Torelli ma si esaurirà lasciando il passo alla nascente estetica protobarocca.
Il Ciceronianus è dunque un testo importante anche se finora sottovalutato perché segna l'inizio della fine di quella stagione di felice connubio tra la cultura cristiana e l'estetica antiquariale rinascimentale dando inizio ad un lento ma irreversibile processo di diversificazione iconografica sotto il segno della Riforma e della Controriforma.

Una scheda su un disegno raffigurante l’Andata al Calvario qui restituito a Polidoro da Caravaggio di Antonio Cuccia


Lo studio propone l’attribuzione al pittore Polidoro Caldara da Caravaggio (1499 ?-1543), di un disegno appartenente alle collezioni del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Galleria regionale della Sicilia di Palermo. Il disegno a matita e penna. raffigurante l’Andata al Calvario e Il Cireneo solleva la Croce, conferma non solo la riflessione profonda del pittore lombardo sull’opera di Raffello (il celebre Spasimo presente a Palermo dal 1517) ma anche la grande qualità delle sue prove grafiche.

Un prototipo delle riviste d’arte in Italia: la “Deca di Belle Arti” (1813) di Francesco Paolo Campione

Tra il 1806 e il 1815, a seguito dell’invasione del Regno di Napoli da parte delle truppe di Napoleone, la Sicilia fu sottoposta all’occupazione militare degli Inglesi, che fecero dell’Isola un protettorato della Corona. Da una parte essi avevano assunto il ruolo di tutori dei sovrani borbonici per bilanciare le forze nello scacchiere del Mediterraneo; dall’altra, essi avevano tutta l’intenzione di rafforzare i propri interessi commerciali e finanziari in Sicilia. Risale a una breve parentesi di questo turbolento periodo la pubblicazione di una delle prime riviste d’arte in Italia, la “Deca di Belle Arti” pubblicata per una sola annata nel 1813. La sua palese adesione al partito filo-britannico e il sostegno alla Costituzione liberale emanata l’anno precedente si rivelano anche negli articoli nei pochi numeri della rivista, che coniugano l’informazione sull’arte a un acceso animus politico. Il fallimento della Costituzione del 1812, tramontata per il disimpegno militare degli Inglesi, e il progressivo allontanamento da parte del pubblico, determinarono la fine della rivista e con essa la scomparsa di un interessante esperimento culturale.

La ricognizione siciliana di Giovanni Morelli e Gustavo Frizzoni
di Maria Chiara Bennici

Il presente lavoro è dedicato alla ricognizione siciliana di Giovanni Morelli e Gustavo Frizzoni, contenuta nelle pagine dei fascicoli siciliani del faldone S.161 Inf., conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, che contiene quella che si configura come la versione frizzoniana manoscritta del cosiddetto “doppio catalogo” intrapreso da Giovanni Morelli nel 1874. I due studiosi, prima per incarico governativo, e, in seguito alla caduta del governo, per il desiderio di portare a termine comunque un progetto già avviato e per sete di conoscenza, si imbarcarono alla volta della Sicilia, si approcciarono all’arte dell’isola, e ne registrarono le opere più significative, con lo scopo di aggiungere un’altra tessera di quel mosaico che altro non era se non un catalogo delle principali opere del territorio nazionale, redatto al fine di approntare uno strumento che facilitasse le operazioni di tutela e conservazione dei capolavori, sempre più minacciati dalle brame di esperti e collezionisti stranieri.

La via di Palermo. Una sconosciuta copia del Maratti dell’Oratorio di S. Cita nella chiesa della Madonna del SS. Rosario di Milazzo
di Elvira D'Amico


L’articolo studia una tela raffigurante di ignoto artista settecentesco. Custodita nella chiesa della Madonna del SS. Rosario di Milazzo, l’opera è copia della Madonna del Rosario e Santi che il pittore Carlo Maratti eseguì per l’Oratorio del SS. Rosario in S. Cita di Palermo (1695).