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Cityforming Taranto: strategie adattive e incrementali per la Città Vecchia

OPEN TARANTO: Concorso Internazionale di Idee per costruire una visione di sviluppo della Città Vecchia e per avviare il motore della rigenerazione articolata in un Piano di interventi.

Mario Cucinella Architects Srl
| Maurizio Carta | Luigi Oliva | Studio De Vita & Schulze Architetti | Tms Engineering Srl | Patrizia Di Monte | Land Milano Srl | Carlo Colloca | Ezio Micelli | ActionAid | Domenico Mancini | Antonella Agnoli| PPAN | et al.

MENZIONE SPECIALE
"per il valore attribuito al coinvolgimento della cittadinanza nel processo di trasformazione
e per la definizione di un solido impianto organizzativo per la sua implementazione"


Taranto, Respira
Taranto presenta aree di elevato interesse dal punto di vista paesaggistico, ambientale, biologico e naturalistico: da un lato sotto il profilo idrografico dell’Arco Ionico –Tarantino, che riflette i caratteri tipici del territorio pugliese, e dall’altro dal sistema fisico degli insediamenti industriali e dalla loro elevata antropizzazione. Queste aree comprendono zone umide, aree rupestri e boschive, tratti di costa e tratti di corsi d’acqua, nonché le aree del Mar Piccolo, le isole Cheradi e il parco naturale delle Gravine. Ed è proprio qui che il sistema delle gravine diviene di importanza ecologica e paesaggistica; morfologie aspre e sconnesse, infatti, hanno favorito il preservarsi della naturalità, permettendo anche l’instaurarsi di popolamenti vegetali e animali caratteristici. Una grande percentuale dell’area vasta di Taranto, risulta essere infatti interessata dalla presenza di aree naturali protette, e attraverso una strategia per le infrastrutture verdi, “una rete di aree naturali e semi naturali pianificata a livello strategico con altri elementi ambientali”, può essere progettata e gestita in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici, con l’intento di generare benessere, supportare la mobilità lenta e migliorare la capacità di creazione dello spazio pubblico.
Il territorio dell’area vasta di Taranto, è disposto lungo un sistema infrastrutturale funzionale, nelle sue interconnessioni reciproche e nelle relazioni con l’ Isola Città vecchia. Questo costituisce una “armatura territoriale”, caratterizzata da collegamenti di rilievo intercomunale e di connessione tra la rete urbana e regionale, da assi urbani principali, da reti tecnologiche e da impianti funzionali. La valenza paesaggistica è legata principalmente all’’identità del territorio e alla cultura materiale sedimentata nel processo di antropizzazione, nonche dalla salvaguardia di elementi che sia sul litorale costiera conservando un’immagine di attrattività turistica, sia sul sistema agricolo dell’entroterra. Per riportare in equilibrio l’ambiente, in parte fortemente inquinato, sia in termini di resilienza che di sicurezza ambientale, vengono proposti 3 GREEN FINGER, infrastrutture verdi di riconnessione paesaggistica al cui all’interno si potranno prevedere opere di phytoremediation, che rappresentano una grande opportunità per unire il recupero del territorio alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali esistenti. Un’infrastruttura ambientale e strategica, una struttura urbana dalle molteplici configurazioni e dimensioni progettuali, opere di difesa e corridoi ecologici, spazio pubblico di connessione e struttura di riferimento per l’innesco di processi incrementali per la tutela e la valorizzazione dei contesti attraversati. Una visione più a grande scala intende valutare l’area d’intervento del progetto di riqualificazione urbana della Città Vecchia di Taranto, non limitando le azioni all’interno del perimetro dell’isola ma bensì proponendo un’espansione del sistema, andando a lavorare in continuità con gli elementi d’importanza ecologica e paesaggistica esistentie, dove ne mancano andando in addizione, per arrivare a ricostituire un nuovo ecosistema rigenerato. Per il progetto di rigenerazione della Città Vecchia di Taranto, verranno proposti elementi volti a restituire alla comunità tarantina un nuovo spazio pubblico attraverso una grande passeggiata che permetterà di godere delle bellezze dell’isola e del paesaggio.

Un protocollo progettuale incrementale, adattivo e circolare
La visione di trasformazione proposta per l’Isola Città Vecchia di Taranto si fonda su un approccio strategico che rifiuta ontologicamente e metodologicamente il classico masterplan in cui fin dall’inizio si prefigura un progetto completo in un orizzonte temporale pluriennale. Riteniamo che nell’attuale situazione, un approccio di tale natura non avrebbe alcuna possibilità di realizzazione e, inoltre, rischierebbe di sembrare innestato dall’esterno, secondo un obsoleto modello rigenerativo impostato sulla dotazione di cospicue risorse finanziarie pubbliche o sul moltiplicatore prodotto dall’investimento immobiliare, senza riattivare i fattori ancora vitali e potentemente identitari della Città Vecchia.
La strategia proposta, invece, è basata su un processo incrementale, adattivo e ricorsivo, piuttosto che su un disegno di suolo chiuso e simultaneo. Al posto di un tradizionale masterplan rigido, istantaneo e pressoché immutabile nel corso della sua attuazione, si propone un Masterprogram temporalizzato in diverse fasi e adattivo al contesto e alla reazione della comunità agli effetti dei primi interventi. Un processo opensource capace di comporre una visione complessiva attraverso l’attuazione di visioni parziali e di azioni tempestive, anche temporanee, ma che abbiano la forza di generare un nuovo futuro per la Città Vecchia e per tutta Taranto. Si innesca quindi un processo rigenerativo che procede per cicli successivi, guidati da una visione generale dell’orizzonte quindicennale, ma capace di adattarsi agli esiti concreti del processo attuativo e in cui la strategia di rigenerazione urbana proposta, crei essa stessa le condizioni di successo e gli effetti nel dominio economico e sociale per alimentare e definire le fasi successive.
Proponiamo quindi un “protocollo” progettuale incrementale e adattivo che nel confronto con la realtà e con gli attori mira a riattivare per stadi successivi il metabolismo dell’Isola Città Vecchia di Taranto, partendo dalle sue componenti rigenerative latenti e attivando molteplici cicli ad intensità crescente per creare un nuovo ecosistema urbano sostenibile e solido nel tempo. Le fasi individuate sono quattro e così denominate: “Formattazione”, “Colonizzazione creativa”, “Consolidamento”, “Sviluppo responsabile” Le fasi in questione non possono prescindere dall’articolazione sociale della città, che muta in base alla domanda di mobilità territoriale delle popolazioni urbane con riferimento alle attività lavorative, del tempo libero oppure a pratiche sociali distinguibili su base generazionale; pertanto la stessa piazza, al pomeriggio, può essere luogo di ritrovo degli anziani e la sera trasformarsi in uno spazio per la movida e, quindi, con una forte prevalenza di giovani. La complessità sociale dell’Isola Città Vecchia di Taranto rende particolarmente interessante riflettere sull’eterogeneità delle popolazioni urbane tenuto conto delle differenze legate al crescente processo di individualizzazione ed al moltiplicarsi di culture, per effetto del combinarsi delle traiettorie lavorative, dalle caratteristiche della residenzialità e dei differenti di stili di vita e di consumo che risentono molto dello status socio-economico, nonché delle appartenenze di genere e della dimensione generazionale. Si propone dunque una problematizzazione della morfologia sociale urbana dell’Isola, con riferimento alle quattro fasi che tenga conto di tre comportamenti dettati dal risiedere, lavorare e consumare.

Fase 0 - Formattazione – da compiersi entro il 2018
La fase di “Formattazione” è intesa come una fase preliminare, necessaria, che comprende l’avvio di una serie di azioni mirate, propedeutiche e complementari alle fasi di “Colonizzazione creativa” e al “Consolidamento”. In questa fase viene “preparato il campo” attraverso azioni che hanno la finalità di ridare aria e luce alla città, renderla accessibile, percorribile, sicura e fruibile per accogliere un processo incrementale fatto di nuove funzioni, che andranno ad intergrarsi nel sistema urbano con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio storico - architettonico, archeologico di questa straordinaria Isola città stratificata, ed il suo capitale sociale.
Le azioni previste sono di messa in sicurezza dei luoghi e degli isolati resi fragili dall’abbandono, di demolizione finalizzata alla ricostruzione di nuovi edifici e di diradamento selettivo finalizzato allarealizzazioni di nuovi spazi aperti, di manutenzione urbana degli spazi pubblici, di manutenzione dei principali immobili pubblici in buono stato tramite una infrastrutturazione di base necessaria ad accogliere le funzioni previste dal progetto e di messa a valore delle principali risorse storico/archeologiche (come le Colonne Arcaiche e il largo San Martino), testimoni privilegiati e custodi della non comune stratificazione storica di questa città millenaria. Vengono quindi attuate le prime azioni sulla mobilità (orientate ad una progressiva pedonalizzazione dell’isola nel lungo periodo), con la finalità di depotenziare la mobilità carrabile sui waterfront e di rendere immediatamente fruibili le due porte di accesso, Porta Napoli e Piazza Castello, attraverso l’eliminazione della sosta.
Soggetti coinvolti: Governo, Regione Puglia, Comune, Soprintendenza, Azienda TPL, Proprietari degli immobili
Popolazioni urbane e indicatori qualitativi: In questa fase iniziale la morfologia sociale dovrà misurarsi con le principali popolazioni rintracciabili nella Città Vecchia. Si tratta, innanzitutto, dei residenti che, nonostante la profonda trasformazione subita dal quartiere, a seguito di un uso prevalentemente non residenziale, abitano nella Isola Città Vecchia e sono soprattutto dediti a lavori informali. È possibile qualificarli come residenti con lavori informali. L’altra popolazione è composta da core users per lavoro: costoro lavorano nella Città Vecchia, ma risiedono al di fuori di essa, nei vari quartieri, dove concentrano consumi e attività del tempo libero. Residenti e core users rappresentano le popolazioni più numerose che gravitano sul quartiere in questione, sebbene con differenti orari e pratiche di azione. Infine i turisti non residenziali, fruitori estemporanei di quest’area che albergano soprattutto nel resto della città, o nella provincia tarantina.
La qualità della vita non viene misurata da quantità standard per persona, ma espressa mediante indicatori che tengono conto della densità delle funzioni e delle relazioni che generano nell’ecosistema rigenerato. Quando interviene la Formattazione il vissuto spazio-temporale della Città Vecchia fa registrare la presenza dei residenti durante tutto l’arco della giornata, ma con maggiore continuità nelle ore notturne; concentra, invece, i core users nelle ore lavorative e vede limitata e contingente la presenta dei turisti. Con riferimento alle attività e alle funzioni, la fase della Formattazione si caratterizza per un rilancio dello “spazio pubblico” a seguito degli interventi sopracitati, mentre restano contratti gli ambiti di intervento riferiti a “cultura e formazione” (seppur sono presenti alcuni presidi universitari), “servizi”, “attività produttive” e “housing”. Il che è in sintonia con la scelta di intervenire innanzitutto sull’hardware, ovvero lo “spazio pubblico”, per poi innescare i vari software.

Fase 1 - Colonizzazione creativa - da compiersi entro il 2020
Nella fase di “Colonizzazione creativa” vengono localizzate alcune prime funzioni che agiscono come riserve di ossigeno per la formazione della nuova atmosfera indispensabile per l’innesco della rigenerazione. Le nuove funzioni localizzate nell’ambito del recupero di edifici o spazi da attivare hanno la funzione di “cellule staminali” perché, nonostante siano innestate attraverso un’azione progettuale, hanno caratteristiche e funzioni non dissimili dal tessuto preesistente. Queste cellule staminali urbane attivano una nuova urbanità necessaria a riattivare l’attrattività della Città Vecchia, spopolata e abbandonata in favore di altre parti di città. Le tre colonie di rigenerazione proposte (descritte in seguito) sono caratterizzate da un’elevata autosufficienza generata dalla loro capacità di produrre redditività sufficiente a sostenere i costi manutentivi, dalla capacità di attivare forme di partenariato diffuso per la loro gestione nonche anche dal punto di vista energetico, attraverso l’uso di fonti rinnovabili, che dovranno essere ricercate sperimentando le opportunità naturali esistenti e raccogliendo la suggestione di visionari (Coll. Dott. Milella G. “Esplorazione e captazione della sorgente d’acqua dolce detta “Anello di San Cataldo” nel Mar Grande di Taranto” 1947), che nel passato proposero l’utilizzo dei “citri” come fonte di energia naturale per la produzione di energia elettrica. Le colonie hanno anche una forte riconoscibilità, poiché, sebbene a bassa intensità di trasformazione, fungono da landmark della trasformazione, agiscono come testimoni della nuova reputazione dell’area, agenti del marketing urbano, non senza tenere in debita considerazione le identità e il capitale socio-territoriale ivi radicato. La colonia, infatti, non si caratterizza per un approccio neocolonialista che misconosca la centralità dei luoghi nei quali interviene, ma agisce sul set di risorse locali per riattivarle e ne propone di nuove.
L’obiettivo è infatti “interrompere l'apnea” per favorire una ripresa della “respirazione autonoma” della Città Antica. Nel degrado, nello spopolamento e nella complessità degli spazi interstiziali le colonie agiscono come veicolo per innestare qualità e rasserenamento del tessuto. Sono come l’Anello di San Cataldo nel Mare Piccolo dove, narra la leggenda, il Patrono San Cataldo gettò il suo anello vescovile – un vero e proprio atto fondativo – per placare le acque tempestose del mare generando un’area di tranquillità che fu il presagio della nuova colonizzazione Cristiana della città, caduta in mano al paganesimo. Scientificamente le polle e l’Anello di San Cataldo nel Mar Piccolo sono i cosiddetti “citri”, sorgenti di acqua dolce che rendono perfetta la salinità del mare e favoriscono la fertilità della coltivazione dei molluschi. La metafora, quindi, viene utilizzata nel progetto per individuare le tattiche urbanistiche che coinvolgono gli epicentri delle tre colonie proposte (Palazzo Amati, Palazzo De Bellis, Palazzo Delli Ponti) dove, come gli “anelli”, placano il declino, addolciscono la salinità del degrado, riconnettono i tessuti urbani frammentati in spazi conflittuali, creano delle aree di qualità che convinceranno i residenti a tornare a essere coloni di una città caduta in mano ai “demoni” del degrado, alla economia informale e alle paure del declino. Da ognuno dei nuovi “anelli” nascerà la nuova società creativa della Città Vecchia, ripartendo dalla mai dimenticata identità storica. Così le colonie saranno un modo per riabitare i luoghi e non un innesto di elementi esterni, ma al contempo saranno capaci di attrarre nuova popolazione coinvolta nelle nuove funzioni.
Gli epicentri creativi vanno ad inserire tre nuove funzioni che riteniamo fondamentali:
EDUCATION attraverso l’istituzione della REGENERATION SCHOOL, ovvero una Scuola Internazionale e Laboratori di ricerca sulla rigenerazione urbana in contesti ad alto valore culturale in collaborazione con le Università e altri centri di ricerca (nazionali e internazionali).
WORK and INNOVATION, attraverso l’apertura del FAB TARANTO, un incubatore di impresa, a capo di un nuovo distretto della produzione digitale e artigianale della città.
HERITAGE & CULTURE, attraverso l’apertura di un URBAN CENTER in cui si realizzi l’alleanza tra patrimonio culturale e creatività, attraverso una nuova interfaccia urbana tra identità e innovazione, tra valorizzazione del patrimonio culturale e sua fruizione creativa.
A partire dalle colonie generate attorno agli epicentri creativi sarà possibile restituire in tre anni agli attuali residenti una prima riserva di ossigeno, risolvendo i maggiori problemi di salubrità e garantendo una distribuzione omogenea dei servizi di vicinato;
Soggetti coinvolti: Comune, Residenti, Università, Azienda TPL, Curia, Soprintendenza, associazioni culturali e no profit, privati profit, investitori istituzionali, Invitalia, Regione, Fondazioni.
Popolazioni urbane e indicatori qualitativi. In questa fase la morfologia sociale registra una stratificazione della residenza, in quanto a seguito della colonizzazione, si contano i residenti con lavori informali, ma anche i residenti innovatori che per effetto dell’azione virtuosa delle colonie, investiranno in attività socio-culturali ed economiche, nel riutilizzo dei vuoti, avvalendosi di quel potenziamento dello spazio pubblico che la fase precedente ha favorito. I core users proseguiranno l’attività lavorativa nella Città Vecchia, ma si tratterranno oltre gli orari di lavoro, in quanto inizieranno a fruire del quartiere per consumi e attività del tempo libero, nonché per embrionali pratiche di residenzialità. Dunque saremo in presenza di core users per lavoro e per consumi. Infine i turisti: dilatano anch’essi il tempo di sosta nella Città Vecchia e ai fruitori estemporanei si affiancano anche quelli che scelgono di trascorrervi più tempo per altre funzioni; avremo quindi turisti fruitori di più funzioni. Quando interviene la Colonizzazione il vissuto spazio-temporale della Città Vecchia fa registrare la presenza dei residenti durante tutto l’arco della giornata, ma con maggiore continuità fin dal pomeriggio perché alla accresciuta disponibilità di “spazio pubblico”, già dalla fase precedente, segue un incremento di “housing” (temporaneo), ma anche di “servizi”, di “attività produttive” e di “cultura e formazione” dei quali beneficiano, oltre ai residenti, anche i core users e i turisti.

Fase 2 - Consolidamento - entro il 2025
Il “Consolidamento” agisce sul nuovo ecosistema in formazione attraverso il consolidamento e la scalarità delle funzioni previste per le colonie, nonché l’inserimento di alcune funzioni più pregiate e più potenti dal punto di vista della generazione dei profitti, poiché sostenute economicamente dall’incremento di valore e di attrattività dell’area generato dalle colonie stesse. Tali funzioni sono in stretto rapporto complementare con quelle possedute dalle colonie e consentono a queste di essere assimilate dal contesto e produrre il necessario senso di identificazione. La fase di consolidamento agisce più per reticoli che per nodi e assi, riduce l’autosufficienza e autonomia tipica delle colonie, iniziando a usare le risorse del luogo per radicarsi, consolidare le funzioni introdotte e per espandersi, ancheavviando un processo di mimetizzazione con il contesto che ne rafforza la presenza e l’identificazione. I “coloni” diventano nuovi abitanti, formando nuova comunità locale. In questa fase, infatti, con un orizzonte quinquennale, all’attrattività iniziale dei flussi di users si sostituisce la stabilità di nuovi abitanti che concorrono alla crescita della domanda di servizi e al rafforzamento della cura dei luoghi, anche attraverso forme pattizie e cooperative. Nei 5 anni successivi alla colonizzazione è possibile aprire l’ecosistema all’innesto di nuovi residenti, continuando a creare migliori condizioni di vivibilità per gli abitanti già presenti. Si lavora sulle connessioni dei vuoti e dei nodi precedentemente individuati, attraverso una progressione reticolare multilivello che comprende e rafforza le postierle, gli ipogei e la via Duomo e di Mezzo. Si utilizza metaforicamente la tecnica del kintsugi giapponese che colma vuoti e fratture con l’oro, rendendo la frattura un elemento prezioso del nuovo organismo. Per saldare gli assi delle tre colonie immettendo nuova linfa vitale e riqualificando il tessuto urbano indebolito dal degrado urbano si incentiva al riuso dei piani terra e degli spazi sfitti o degradati per l’avvio di attività laboratoriali, iniziative imprenditoriali e artigianali ad accesso agevolato rivolte ad artisti, designer, associazioni, artigiani e il recupero degli edifici e degli spazi delle corti. Vengono proposti quindi interventi di maggiore intensità sui pieni:
a) con il restauro degli edifici, attraverso un metodo che sia il più aggiornato dal punto di vista degli strumenti di indagine, del programma e dei modi dell’operatività sul campo e che si fondi su un progetto di analisi comparata delle cromie, basato su saggi stratigrafici, indagini colorimetriche, indagini fisico-chimiche sui materiali lapidei costitutivi delle superfici di calpestio e dei fronti urbani, la creazione di una anagrafe delle superfici finestrate, delle porte e dei portoni esterni, delle coperture; una attenta analisi delle forme di degrado fisico, chimico, antropico presenti nella scena urbana;
b) attraverso la ricostruzione delle prime volumetrie nelle aree precedente demolite, nel tentativo di stabilire un dialogo inedito fra l’antico ed il nuovo (dichiaratamente distinguibile e contemporaneo) che offrirà alla città, alla popolazione ed ai visitatori uno scenario diacronico armonico quanto sperimentale e coraggiosamente innovativo anche nelle funzioni insediate e nelle modalità di gestione degli interventi.
Comincia in questa fase ad essere più evidente la continuità spaziale e l’espansione dei due waterfront: sul Mar Grande mediante sistemi galleggianti che permettono di recuperare il contatto diretto con l’acqua, sul Mar Piccolo attraverso l’ampliamento dello spazio pubblico e del verde con ulteriore funzione di mitigazione rispetto alla mobilità. Gli interventi sono i terminali di una fitta rete di spazi e relazioni generate nelle fasi precedenti e richiedono una maggiore simbiosi con il tessuto identitario della città storica.
Soggetti coinvolti: Università, Azienda TPL, Curia, Soprintendenza, associazioni culturali e no profit, imprese, cooperative di costruzione e operatori dell’housing sociale, privati, residenti.
Popolazioni urbane e indicatori qualitativi. In questa fase la morfologia sociale registra una ulteriore stratificazione della residenza, con l’arrivo di nuovi residenti (famiglie giovani con figli; single; anziani) che trovano, favoriti dall’ampliarsi dell’“housing” e dei “servizi”, nuove modalità dell’abitare. Il contemporaneo incremento delle attività produttive affianca ai core users per lavoro e per consumi quelli in assestamento, che associano, alle precedenti pratiche sociali, scelte per una nuova residenzialità nel quartiere e dunque prolungano il vissuto spazio-temporale. In una direzione analoga per ampliamento delle ore di permanenza, ma anche per la scelta di albergarvi, si muovono i turisti, sempre meno i non residenziali, mentre cresce la presenza di fruitori di più funzioni anche residenziali e si affacciano sulla scena urbana della Città Vecchia i turisti empatici, che testimoniano un coinvolgimento simbolico-emotivo con le popolazioni residenti e con la storia di questi luoghi.

Fase 3 - Sviluppo responsabile - entro il 2030
Infine, lo “Sviluppo responsabile” è la fase di lungo termine in cui il nuovo metabolismo dell’area viene messo in grado di funzionare autonomamente per generare nuovo valore urbano a sostegno degli interventi più massivi e strutturali. In questa fase, a seguito della metamorfosi prodotta dalle prime tre, e con l’accompagnamento della Regeneration School, che funge da strumento operativo permanente della rigenerazione dell’area, viene redatto un Masterplan di scenario dell’area non interessata dalle prime fasi. Un progetto complessivo di sviluppo non più velleitario e puramente previsionale, ma fondato sulla nuova identità che la Città Vecchia ha prodotto, alimentato dal nuovo metabolismo urbano e reso più fertile dal successo delle fasi precedenti. Il Masterplan di scenario non ricorre a una dotazione predefinita di risorse pubbliche e private, ma attinge al nuovo e maggiore moltiplicatore dell’investimento generato dalle prime tre fasi di avvio in grado di sostenere i cospicui investimenti necessari per la trasformazione completa dell’area. In questa fase ha senso prefigurare uno scenario di sviluppo – da verificare dopo la fase di consolidamento – poiché si agirà in un tempo più avanzato della transizione della Città Vecchia dal declino al riavvio, in una fase in cui possono esser verificate meglio le solidità della visione di sviluppo. Non è, quindi, un masterplan tradizionale che presuppone in anticipo le condizioni della sua attuazione o che intercetta risorse economiche e imprenditoriali già date, ma un progetto urbanistico che agisce sul nuovo ecosistema urbano e che si specifica a partire dalle mutate condizioni dell’area ri-attivata e consolidata. La fase di sviluppo prevede l’estensione del waterfront e l’innesto di funzioni con capacità di richiamo sovralocale su edifici recuperati o su nuovi volumi realizzati su aree precedentemente demolite, nonché il rafforzamento della rete culturale. Nei 10 anni successivi l’ecosistema è un elemento di valore aggiunto a scala territoriale, richiamando un maggior numero di city users e innescando dinamiche che superano i confini dell’isola. La rete connette e integra spazi pubblici, servizi, verde e infrastrutture e assume la funzione di green+blue infrastructure, in un orizzonte temporale in cui si auspica la riqualificazione dell’Arsenale e la bonifica e valorizzazione ambientale del Mar Piccolo. In questo scenario futuro, concepito secondo una strategia a maglie larghe, è possibile ipotizzare una mobilità a zero emissioni e un’Isola decongestionata. Solo le modificazioni profonde del tessuto sociale ed economico generate dalle fasi precedenti rendono sostenibili azioni a maggiore impatto e necessità di impego di risorse quali l’inserimento di TPL con tramvia leggera o l’introduzione di soggetti e attività ad alto richiamo sovra-locale.
Soggetti coinvolti: Comune, Università, Azienda TPL, Curia, Soprintendenza, associazioni culturali e no profit, imprese, cooperative di costruzione e operatori dell’housing sociale, privati profit, abitanti.
Popolazioni urbane e indicatori qualitativi: In questa fase la morfologia sociale registra una maggiore caleidoscopicità. I tre profili, sebbene stratificati, tendono ad un maggiore equilibrio nel numero e soprattutto si connotano per il senso di responsabilità e per il comporsi di un capitale socio-territoriale che li motiva nella promozione di uno sviluppo autopoietico e autonomo. Inoltre il richiamo sovralocale della Città Vecchia è ormai una cifra connotante del quartiere per la crescita simultanea e simmetrica delle varie funzioni. Dunque alle precedenti figure di residenti si affianca quella dei cosmopoliti che pur avendo uno stile di vita all’insegna dell’elevata mobilità, non rinunciano alla residenzialità nella Città Vecchia, anche per merito dell’housing. Si incrementano le attività riconducibili ad una economia formale fra i residenti, si potrà parlare di residenti con lavori formali. Queste due popolazioni appena citate evidenziano come la città vecchia sintetizzi la dialettica fra locale e globale. I core users saranno radicati, ovvero ai precedenti profili si annovera anche quello di quanti nutrono l’aspettativa di radicarsi nel quartiere per risiedervi e per avviare attività autonome. Infine i turisti che ampliano i tempi di permanenza nel quartiere per effetto di un sentirsi maggiormente identificati con i problemi sociali del territorio visitato. Dunque si potrà parlare di turisti responsabili.

Partecipazione, comunicazione e trasparenza
Per giudicare le performance di una città, e nel caso specifico di un’area come la Città Vecchia, è necessario isolare almeno tre elementi:
a) il suo potenziale in termini di quantità e qualità delle risorse presenti;
b) i valori assoluti osservati per l’attivazione di quel tipo di risorse;
c) i valori socio-culturali (dove si rintracciano i meccanismi di attivazione) collegati all’attivazione migliore di quelle risorse, considerando la loro effettiva dimensione e composizione
Ne discende la necessità di procedere per la Città Vecchia ad un progetto integrato di rigenerazione avente come obiettivi:
a) Interventi che affrontino i processi di esclusione e marginalizzazione sociale per la rigenerazione di un’area disagiata sia da un punto di vista fisico, economico e sociale.
b) Interventi mirati alla formazione professionale e allo sviluppo di nuove attività generando opportunità per le fasce più deboli della popolazione, quali donne, giovani, anziani disoccupati, non soltanto in quanto residenti nella Città Antica, ma anche per i core users che possono viverla come spazio per una socialità. Sono un esempio in tal senso la REGENERATION SCHOOL, il FAB TARANTO e l’URBAN CENTER.
c) Interventi multidimensionali in cui viene promosso il coinvolgimento attivo dei destinatari (generare empowerment).
Si intendere prestare attenzione, pertanto, alla dimensione spaziale e sociale della partecipazione quale espressione di un percorso di riconoscimento del diritto alla città e al vivere dignitoso che alla Città Antica sembrano in gran parte negati. La partecipazione è il coinvolgimento attivo in processi decisionali di soggetti interessati ai loro effetti, in forme aggiuntive rispetto a quelle formalmente previste dalle procedure della democrazia rappresentativa (dimensione dell’attivazione). L’idea di partecipazione pone l’accento anche sull’inclusione di figure sociali “deboli” e di soggetti non organizzati portatori di esigenze diffuse, ma anche di portatori di interessi capaci comunque di influenzare la decisione (dimensione dell’inclusione).

L’approccio al progetto urbano e la selezione delle prime azioni prioritarie
Dentro questa lettura, il ribaltamento o quantomeno la destrutturazione solo puntuale e rispettosa della rigidità urbana per la trasversalità negata del rapporto dei due mari, rappresenta a nostro parere la chiave di lettura per iniziare un processo di possibili interventi volti a risolvere una dolorosa apnea percettiva di edifici, luce, relazioni paesaggistiche, territoriali e sociali. Riattivare l’organismo urbano, partendo dai suoi elementi portanti, dalle sue principali porte di accesso, dagli spazi che permettono di attraversare la città nella sua complessità stratificata, nel tentativo di ricostruire quelle storiche relazioni territoriali, urbane ed umane, sempre esistite e oggi offuscate da uno stato di degrado diffuso. Per rendere possibile l’avvio del processo, è inevitabile però agire in prima battuta con l’avvio di una serie di azioni propedeutiche e complementari, che vanno a preparare il campo, agendo sulla sicurezza, sulla mobilità e sulla accessibilità, sul riconoscimento e sulla valorizzazione degli elementi storico/archeologici identitari della città. La condizione intrinseca di degrado, edilizio e sociale che ha generato l’interclusione di spazi, strade e slarghi, è evidentemente il primo campo di azione sul quale agire per ridare ossigeno ad un tessuto che di fatto non respira più. La definizione chirurgica di demolizioni, finalizzate ad un percorso di ricostruzione che sia capace di delineare un dialogo inedito fra l’antico ed il nuovo e l’individuazione di una serie di interventi di diradamento selettivo e puntuale, orientati alla costruzione di una rete di spazi aperti fruibili, sono quindi il primo tassello del processo. Aria, luce, spazio. Facendo una riflessione sullo stato di degrado, sulla qualità architettonica dei manufatti e sulla densità urbana della città il progetto identifica e tipologizza i due interventi (demolizione e diradamento) concentrandosi principalmente sulla parte bassa della città, che risulta la più compromessa e la più ricca di elementi incongrui. Di pari passo si deve intervenire sulla mobilità, criticità tangibile del sistema Isola Città vecchia La razionalizzazione del sistema della mobilità attraverso una importante limitazione della carrabilità privata ed un conseguente potenziamento del TPL, risulta necessaria per avviare un processo che immagini l’introduzione di nuove funzioni e usi qualificanti.

Sei microinterventi per tre assi urbani strategici
In questa fase, definita nel Masterprogram come “Colonizzazione Creativa” vengono fissate le direttive e gli orientamenti per l’attivazione del processo di rigenerazione. Il progetto individua 3 assi urbani, strategici e rappresentativi (Via Cava, Postierla Nuova, Postierla Immacolata), come campo di azione iniziale. Sono i 3 assi principali di connessione urbana, che permettono di attraversare la città nella sua dimensione trasversale, che è in maniera evidente la più ricca, eterogenea ed interessante. Tre “ecotoni” attraverso i quali si relazionano le differenti anime della città: i due mari, la città alta e la città bassa, l’anima borghese e quella popolare. Da questi tre elementi spaziali si è deciso di iniziare, iniettando al loro interno quella nuova linfa, capace di attivare la nuova urbanità necessaria alla metabolismo di quello che è lo straordinario sistema storico e stratificato di una città fatta di livelli differenti (che oggi appaiono ormai quasi illeggibili), di un sistema di relazioni sociali oggi ancora forti, ma sempre più fragili, e alla valorizzazione della “bellezza” di Taranto: una bellezza in senso letterale che ha catturato e convinto nel tempo pittori, fotografi, artisti in genere a raffigurare colori, masse, luci, ombre e vita della città e che appare ancora oggi (nonostante questo tempo recente fatto di degrado e inviluppo) attraverso una tavolozza di colori calda, che seppur sbiadita si presenta ancora come particolarissima e persistente nella sua armoniosa varietà. Dentro questa cornice, il progetto prevede 18 azioni, 6 per ognuno dei 3 assi di rigenerazione individuati. Una serie di microinterventi partecipati capaci di delineare un dialogo inedito tra storia e contemporaneità e pensati per rispondere a 4 Macro obiettivi di carattere generale che sono:
1. GENERARE POLI CATALIZZATORI DI NUOVE ATTIVITÀ
2. ATTIVARE CONNESSIONI MATERIALI E IMMATERIALI
3. MIGLIORARE LA SCENA URBANA
4. COSTRUIRE UNA NUOVA IDENTITÀ URBANA
Il progetto va quindi ad agire concretamente su vuoti, pieni e connessioni nel tentativo ricostruire le relazioni trasversali tra i due mari e allo stesso tempo riconnettere e valorizzare i vari livelli stratificati (fisici e non) della città. Lo fa materialmente attraverso l’inserimento delle 3 nuove funzioni “colonizzatrici” nei Palazzi Amati, Delli Ponti e De Bellis, che diventano il volano del processo innestandosi anche su proto-colonie esistenti (i primi tentativi di rigenerazione urbana già attuati come ad esempio del Palazzo d’Aquino e l’ex Caserma Rossarol sede dell’Università o del Laboratorio urbano-Cantiere Maggese nella chiesa di San Gaetano, o del Co-Working di Palazzo Ulmo). Lo fa valorizzando e mettendo in gioco in maniera creativa e partecipata edifici, vuoti urbani, corti, ipogei e tetti, risorse oggi latenti, in attesa di ricoprire un ruolo, una funzione e una propria identità dentro il tessuto urbano; lo fa declinando in maniera innovativa le “Case Natura” come nuova tipologia edilizia capace di fornire oltre che i servizi di quartiere, nuove modalità di connessione, nuove opportunità in termini di spazi di lavoro, diventando anche elemento attraverso il quale declinare il tema del verde dentro la città vecchia; lo fa coinvolgendo e valorizzando il capitale socio territoriale, inserendolo nel processo come protagonista assoluto.

[le strategie generali e il processo di Cityforming sono stati realizzati con la consulenza scientifica di Maurizio Carta in collaborazione con Barbara Lino, Daniele Ronsivalle, Cosimo Camarda e Jessica Smeralda Oliva]