editoriale_03
la città che comunica



OPEN: Urban center italiani: agenti per la città creativa
di Maurizio Carta

MISANDERCOM-LAND. Dialogo con Antonio Presti sugli errori di comunicazione tra il territorio e l'arte
di Alessandra Badami

FOCUS: COMCITY. La città della comunicazione
di Eleonora Fiorani

Comunicazione, marketing territoriale ed eventi
di Barbara Lino

Laboratori di ricerche territoriali e urbanistica partecipata
di Andrea M. Pidalà

ACTION: Città digitali. La nuova frontiera della comunicazione
di Claudio Schifani

Lo stato dell'e-government nel mondo
di Daniele Gagliano

Città che comunicano troppo
di Cinzia Ferrara

NOTE: L'Urban Center di Palermo. Nuove prospettive per la trasformazione della città
di Daniele Ronsivalle

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creativicity.magazine
rivista didattica di
culture del piano per la città creativa

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RIVISTA DI CULTURA DEL PIANO PER LA CITTA' CREATIVA
Di quest'onda che rifluisce dai ricordi la città si imbeve come una spugna e si dilata. una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.”

La città contiene la sua storia, ma non la racconta: così Italo Calvino descrivendo Zaira ci impegna a “mettere in narrazione” la città, a estrarre dal palinsesto urbano le voci, le domande, le aspirazioni delle città e renderle “comunicazione”. E alla comunicazione urbana è dedicato il terzo numero di CREATIVICITY, alla necessità che la comunicazione della città e nella città si faccia componente creativa del progetto di nuove configurazioni urbane.
La città contemporanea appare frammentata ed in essa è leggibile una molteplicità di città parziali, spesso invisibili: obiettivo dell'urbanistica diventa, dunque, progettare il sistema urbano come un potente sistema cognitivo, interpretativo e comunicativo che, partendo dai segni della storia del territorio, attraversando le manifestazioni del presente e cogliendo le epifanie del futuro, sia capace di raccontare il processo formativo nel suo farsi, di ricomporre identità multiple e di prefigurare scelte creative e compatibili di sviluppo.
Viviamo in un'era multimediale: e se multimedialità vuol dire pluralità di percorsi, pluralità di rimandi e sovrapposizioni di livelli, credo che non ci sia elemento multimediale migliore o paragonabile alla città. Nella città possiamo infatti trovare tutti gli elementi di un ipertesto: abbiamo l'ipotesto dei materiali, delle grane lapidee e dei colori, abbiamo l'epitesto degli elementi architettonici ed abbiamo l'ipertesto della città, della vita che vi si svolge, delle relazioni sociali che si intrattengono come molteplici elementi di rimando a luoghi, persone, attività.
Nell'epoca della comunicazione permanente, l'indirizzo per l'azione che CREATIVICITY vuole fornire ai lettori è che la città contemporanea deve tornare ad essere “enciclopedia”, narrazione delle sue identità, dei suoi attori e delle loro relazioni reciproche. Già David Harvey alla fine degli anni Ottanta chiedeva alle leadership politiche e alle sapienze tecniche di agire perché la città tornasse ad essere enciclopedia della comunità, luogo cioè in cui si ritrovano tutte le componenti della vita umana, la loro definizione ma anche i loro rapporti reciproci, gli utilizzi e i significati. Per rispondere all'impegno, occorre sviluppare una vigorosa cultura politica che attribuisca un alto valore alla compartecipazione della conoscenza, dell'organizzazione e del governo del territorio. La città come fenomeno intrinsecamente pluralista richiede infatti letture, controlli ed interventi che non siano espressioni di ottiche parziali, ma reclama il ruolo dei cittadini nella lettura della città.
Gli autori di questo numero di CREATIVICITY - urbanisti, architetti, sociologi, designer, intellettuali militanti - riflettono e declinano la necessità di una conoscenza attiva, cioè di una conoscenza nell'azione che non sia solo informazione monodirezionale, ma che sia vera comunicazione prodotta da un apprendimento sociale nei confronti delle risorse materiali ed immateriali della città e del territorio.
Solo una conoscenza attiva è infatti in grado di produrre una modifica dei comportamenti attraverso un'azione di educazione diffusa fondata sull'armatura culturale del territorio, che inviterà i suoi abitanti alla conoscenza ed all'esplorazione, incoraggiando rinnovi e trasformazioni autopromosse, attraverso l'enorme potenziale educativo della città.
La città si riempe di segnali comunicativi, di indizi di futuro, di urban centres e struttura i suoi elementi architettonici, urbanistici e sociali invitando a percorrerla, promuovendo e stimolando l'esperienza urbana come esperienza di comunità. La città si fa sempre più “città educativa” in cui le sue componenti tradizionali o innovative si propongono come strumenti di comunicazione, producendo processi mnemonici e logici di identificazione e di partecipazione. Gli elementi urbani e territoriali devono diventare funzionali alla narrazione, comunicare all'uomo che li frequenta il messaggio contenuto, attingendo nuovamente a quell'immenso bagaglio di strumenti comunicativi che l'Arte della Memoria nell'antichità metteva a disposizione degli educatori, ma anche dei costruttori delle città e del loro senso.
Comunicare la città oggi significa anche imparare a leggerla in movimento, cioè imparare a interpretare le forme in evoluzione della città contemporanea non aspettando che si fermino per fotografarle, ma raccontando la struttura di relazioni esistenti tra quadri ambientali, matrici territoriali, forme sociali, forme insediative. La “città-proteo” è una struttura che evolve continuamente nel tempo e nello spazio, assumendo confini mutevoli e sfumati, e che si configura come nucleo identitario aperto a differenti percorsi evolutivi, determinati dalle condizioni di contesto e dalle strategie degli attori locali e sovralocali.

Dobbiamo recuperare un'arte della retorica urbana perché l'architettura e poi l'intera città diventino il linguaggio universale di una comunità. Un linguaggio costituito da una moltiplicazione di immagini, scandite ritmicamente, collocate in un percorso, disposte gerarchicamente e susseguentesi l'una all'altra nella percorrenza dei tessuti urbani. Attraverso l'attualizzazione degli artifici retorici di una mnemotecnica urbana la città stessa si trasforma da veicolo di conoscenze acquisite a generatore di conoscenze: la città diventa un potente commutatore che intercetta segnali, indizi, spie, risorse e opportunità per trasferirle attraverso la conoscenza, per catalizzarle attraverso la comunicazione e per raggiungere un ideale democratico di civiltà.

E come ogni struttura comunicativa complessa anche la città necessita di attenti studiosi che la indaghino e la comprendano per mostrarne gli strati, di interpreti che ne spieghino i destini e di sapienti progettisti che creino il suo futuro. Nuova sfida della classe creativa del futuro prossimo sarà quella di alimentare costantemente la domanda di comunicazione urbana, di interpretazione e di narrazione: nuovi chiromanti capaci di leggere le città e interpretarne i destini. [mauriziocarta]

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