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in questo numero contributi di Mario Alberto Pavone, Domenico Guarino, Michele Bertolini, Luca Vargiu.

codice DOI:10.4413/RIVISTA - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010

Precisazioni sulla presenza di Domenico Guarino nella penisola sorrentina di Domenico Guarino

Gli ultimi studi sull’attività di Domenico Guarino hanno permesso una parziale e attenta ricostruzione del suo percorso artistico, specie riguardo all’ambito lucano. Volendo riconsiderare preliminarmente la fortuna critica del pittore, bisogna ricordare il contributo di Eleonora Sansone[1] che ha condotto una revisione integrale del profilo dell’artista, ampliando il numero dei dipinti e rettificando molte delle datazioni.

La vicenda critica del Guarino,[2] prende avvio dal De Dominici,[3] il quale, ricorda il suo apprendistato presso la bottega di Paolo De Matteis e l’allontanarsi da quest’ultimo per avvicinarsi in un secondo momento alla «bella tinta di Luca Giordano… si volse a farne acquisto con studiosa applicazione».[4] Il biografo fornisce inoltre utili indicazioni in merito ai lavori per i certosini di San Martino:

scelto da’ padri certosini di San Martino per rinovare le antiche pitture di Giotto nella real chiesa dell’Incoronata, e a dipingere la tribuna con immagini di santi dottori a fresco di chiaroscuro, ed altresì a fare ad olio due quadri per le cappelle della suddetta chiesa, uno col Martirio di san Gennaro, e l’altro con san Gregorio Taumaturgo.[5]

Gli impegni per i padri certosini trovarono continuità negli interventi di restauro condotti presso la Certosa in relazione agli affreschi di Belisario Corenzio e di Micco Spadaro.[6] Sebbene perduti, i quadri per la chiesa di San Nicola alla Dogana (un San Gennaro e una Sacra Famiglia), consentono di verificare l’accresciuta qualità dell’artista attraverso le parole del De Dominici:

sono due suoi quadri, uno rappresentante san Gennaro, l’altro san Giuseppe seduto che tiene il Bambino Gesù, e vi è la Beata Vergine con alcuni putti, e gloria con teste di cherubini così ben dipinti, e con tal freschezza e tenerezza ammirabile di colore, e con tali giudiziosi accidenti di lume, che viene invidiato da’ medesimi professori. Egli vive felice, operando in patria per moltissimi occasioni che gli ha procacciato il suo studioso operare, ed ha molti scolari […] è molto amato da ogni ceto di persone e da nostri virtuosi professori vien molto stimato nella pittura.[7]

Segni della sua progressiva qualificazione si riscontrano, inoltre, sia nell’inserimento, fin dal 1704, nella confraternita di Sant’Anna e San Luca,[8] sia nella nomina a presidente della stessa confraternita, in due successive occasioni: dal 1732 al 1737 e dal 1744 al 1745.[9]

Un primo tentativo di ricostruzione del corpus delle opere dell’artista si deve a Spinosa, che segnala sia una tela nella chiesa di Sant’Antonio da Padova a Caggiano,[10] che andrà interpretata come Cena Mistica tra san Pietro d’Alcantara e santa Teresa d’Avila (1720),[11] sia «alcuni dipinti nella congrega annessa a Santa Maria dell’Aiuto a Napoli»,[12] dove chi scrive ha individuato l’opera del Guarino nel Martirio di Sant’Orsola.[13]

Successivamente Pavone, oltre a segnalare nella chiesa di San Vito a Marigliano l’Apparizione della Croce a Costantino,[14] ha reso noto due documenti,[15] che attestano l’esecuzione per alcuni committenti privati di tre quadri, raffiguranti San Gennaro, San Francesco Saverio e l’Adorazione dei Magi nel 1720 e di cinque quadri nel 1729.

Dopo gli interventi di Grelle Iusco[16] sul territorio lucano, Eleonora Sansone[17] ha restituito al Guarino l’Immacolata nella chiesa del convento di Sant’Antonio a Salandra, la Via Crucis nella chiesa di Santa Maria del Sepolcro a Potenza, il San Francesco d’Assisi nel convento di Santa Fara a Bari e il Cristo nel Getsemani del Museo Diocesano di Bitonto. La studiosa, nel riordino delle opere lucane dell’artista, ha ricondotto «alla bottega» l’Immacolata del convento a Sant’Arcangelo, le quindici tele di santi presenti nella chiesa del convento di Sant’Antonio a Salandra, la Madonna col Bambino nellachiesa di Sant’Antonio a Pomarico e ha respinto l’attribuzione della Porziuncola di Genzano, della Santa Lucia della chiesa del Cimitero a Lavello, del Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria della Cattedrale di Venosa e del polittico nella chiesa del Rosario di Maratea.

Aggiunte e precisazioni in merito all’operato artistico del Guarino, sono state fornite dall’Acanfora, che individua in Calabria l’Annunciazione e la Sacra Famiglia con San Giovannino e santi (1751) nella chiesa parrocchiale di Parghelia e in Puglia una raccolta di quattro ovali raffiguranti la Comunione di Santa Maria Egiziaca, San Francesco d’Assisi e l’angelo, l’Apparizione dell’Eucarestia a San Pasquale Baylòn e San Pietro d’Alcantara.[18]

Su tale percorso, si è inserito anche Mauro Vincenzo Fontana,[19] non solo segnalando un’Ultima Cena inSanta Maria delle Grazie a Campi Salentina, ma soprattutto individuando opere dell’artista sia presso la capitale del Viceregno,[20] sia nella costiera sorrentina come la Madonna del Rosario[21] del 1715 e la Madonna delle Grazie e le anime purganti[22] nella chiesa del SS. Salvatore di Schiazzano[23] di Massa Lubrense, dove lo studioso, oltre a ricondurre la commissione della Madonna del Rosario alla confraternita del eponima,[24] ha evidenziato legami con la più tarda Apparizione della Croce a Costantino, del convento di San Vito di Marigliano.[25] La tela di Schiazzano del 1715, testimonia il primo lavoro del Guarino e va ricollegata all’opera di analogo soggetto di Luca Giordano nella chiesa di Spirito Santo di Palazzo, oggi al Museo di Capodimonte. Ancora il Fontana attribuisce al maestro alcune tele nella chiesa dell’Annunziata di Massa Lubrense come la Santa Rosa da Lima,[26] la Santa Caterina da Siena[27]e l’Annunciazione[28]. In quest’ultima, posta sull’altare maggiore, mi è stato possibile individuare la firma e la data, apposte nel registro inferiore: «D. Guarino P. 1725». L’Annunciazione di Massa, ha come modello la redazione eseguita da Paolo De Matteis nel 1712, ora al Saint Louis Art Museum e mostra evidenti affinità con le tele del ciclo di Pomarico, in particolare con la Santa Apollonia, per la medesima tipologia dei visi e la costruzione della scena.

Nella presente occasione, al fine di ampliare ilcatalogo delle opere del Guarino, intendo rendere noti alcuni dipinti, che pur essendo presenti in chiese del territorio sorrentino, non sono stati finora considerati. In primo luogo va segnalata la Madonna del Rosario[29] dell’oratorio della Confraternita del Santo Rosario, annesso alla chiesa del Santissimo Salvatore di Schiazzano di Massa Lubrense. La tela, firmata e datata 1723, non ha trovato adeguata citazione nel corso degli studi[30]. Eppure a distanza di solo otto anni dal primo intervento presso la chiesa parrocchiale, i confratelli della congrega del Rosario, forse per rinnovare la loro sede o in occasione dell’inaugurazione, decisero di affidare al Guarino un’altra tela con il medesimo soggetto rosariano. Tuttavia notevoli appaiano le differenze con la Madonna del Rosario del 1715. Infatti la mancanza del ricco baldacchino istoriato e l’assenza delle svariate testine di angioletti rivela una riduzione dei toni di monumentalità introdotti nelle composizioni giordanesche, per un’adesione ad un metro accademico che diverrà prevalente nelle opere della fase tarda dell’artista.

Sempre nell’Annunziata di Massa Lubrense, segnalo la presenza di due tele raffiguranti la Vergine Addolorata con San Giuseppe e San Matteo[31] e la Madonna delle Grazie[32] che reca nella parte bassa della composizione l’iscrizione «D. Guarino P. 1725». La tela trova confronto con la più tardaMadonna con Bambino e Santi della chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli.[33] Al momento non possediamo sufficienti notizie sulla cappella eponima, ma solo l’indicazione, fornitaci dal Filangieri,[34] che in antico l’altare era dedicato all’Assunzione della Vergine, mentre a seguito del restauro settecentesco del monastero, promosso dalla badessa suor Maria Cristina Romano, la cappella venne dedicata alla Madonne delle Grazie. Maggiori notizie abbiamo in merito alla Vergine Addolorata. L’opera, che ha rivelato la firma e la data 1728,[35] risulta commissionata, secondo il Filangieri, dalla famiglia Turbolo, proprietaria dell’altare:

cadde ben presto in abbandono e il Nepita nel 1700 la trovò spogliata di tutto. Nella rifazione generale del settecento vi fu eretto l’altare marmoreo con le armi scolpite dei Turbono, e vi fu messa una tela rappresentante l’Addolorata con S. Matteo e S. Giuseppe.[36]

Lo storico, inoltre, ci informa che la cappella apparteneva alla succitata famiglia dal 1586, anno in cui Prospero Turbolo

istituì un Monte di pegni, legando a tal uopo al Pio Monte duc. 1050, onde fu eretta la torre dell’Annunziata e dispose che si fondasse nella chiesa di quel casale una cappella per la sua famiglia, che fu quella di S. Matteo e decorata di un quadro.[37]

Ancora presso l’Annunziata mi è stato possibile individuare altre tele inedite di Domenico Guarino: la tarda e autografa Vergine in preghiera[38] che, come riportato nella scheda ministeriale,[39] risulta essere firmata e datata 1752 e la Santa Barbara[40] degli inizi anni Venti.[41]. Quest’ultima può essere attribuita all’artista per evidenti affinità stilistiche, con la Sant’Orsola e la Santa Barbara martirizzata del convento del Ss. Crocifisso di Forenza, riscontrabili nella costruzione soda dei volti, nelle ampie falde delle pieghe e nelle decorazioni aure dei vestiti. Sempre nell’ambito dei lavori dell’Annunziata, intendiamo qui aggiungere altre due tele, non segnalate in precedenza dalla critica: un Padre Eterno[42] e un Cristo fra gli angeli[43], realizzati per la cappella dell’Incoronazione della Vergine,[44] che vennero commissionati durante i lavori di restauro promossi dalla badessa Romano.

Infatti, il Filangieri ci informa che:

L’ultima cappella presso l’arco maggiore restò abbandonata fino al settecento. Nella rifazione generale fu restaurata e dedicata all’Immacolata, di cui vi si venera un simulacro ligneo.[45]

Pur essendo limitate le conoscenze della produzione degli anni Trenta del Guarino, un ulteriore accrescimento del catalogo è possibile, restituendogli sia l’affresco dell’Incoronazione della Vergine in Santa Maria della Lobra di Massa Lubrense,[46] sia le tre opere citate nelle Memorie storiche della chiesa sorrentina di Bartolomeo Capasso.[47] Quest’ultimo, nel descrivere la Cattedrale dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo, osserva che «Seguitando il giro della chiesa dopo l’altare maggiore dall’altro lato evvi la cappella dei Sersali con tre quadri di Dom. Guarino del 1733».[48] A seguito di un sopralluogo condotto nella chiesa,[49] è stato possibile individuare sia la Vergine Addolorata con i simboli della passione[50] (attualmente collocata presso la cappella adiacente l’altare maggiore), sia altre due tele, di dimensioni più ridotte, raffiguranti Cristo confortato dall’angelo e l’Apparizione della Croce a Sant’Elena,[51] collocate in una cappella laterale della navata destra.

Alle già note tracce dell’attività artistica di Domenico Guarino degli anni Quaranta, soprattutto in Basilicata per le chiese di Atella e di Pisticci,[52] è possibile aggiungere, sia la Vergine Addolorata con i simboli della passione[53] del 1743, sia la poco nota Deposizione di Cristo,[54] custodita nell’abbazia di San Michele Arcangelo a Procida. L’opera, situata nella cappella del santo vescovo redentorista Sant’Alfonso Maria de’ Liguori,[55] denominata anche con i duplici nomi «della segreta» e «dei rossi», è racchiusa in un’elegante e monumentale struttura lignea dorata e risulta essere firmata e datata 1746[56]. Sempre eseguita dal pittore sul finire degli anni Quaranta è l’inedita Assunzione della Vergine al cielo[57] della chiesa di Sant’Andrea Apostolo in Preazzano di Vico Equense. La tela, oggi presso la sacrestia, un tempo era collocata in chiesa lungo la «cappella a sinistra»[58]. Pur non essendo firmata, l’opera può essere ricondotta al Guarino, confrontandola con il San’Antonio Abate per il convento di Pisticci, l’Eterno Padre[59] e la Comunione degli Apostoli (1742) per il convento del Ss. Crocifisso di Forenza. In queste opere, la spigliata libertà di stesura, la pennellata rapida, sintetica, vaporosa e smaterializzante dei corpi denotano l’adesione del maestro a nuovi orientamenti, che caratterizzeranno la sua maturità.

Tra le ultime opere da inserire nel circuito degli anni Cinquanta trovano collocazione la Vergine Immacolata[60] del 1750, di collezione privata, e la già citata Vergine in preghiera del 1752. Sebbene le novità nel percorso del Guarino trovano conclusione, al momento, con la Madonna del Carmine e delle anime purganti per la chiesa della Potentissima di Laurenzana del 1756, le fonti ottocentesche[61] segnalano nel 1774 il Guarino ancora in vita e attivo in patria.

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1 E. Sansone, Domenico Guarino, in Splendori del barocco defilato: arte in Basilicata e ai suoi confini da Luca Giordano al Settecento, catalogo della mostra a cura di E. Acanfora, Mandragora, Firenze 2009, pp. 244-246.

2 Nato a Napoli nel 1683, la data viene riportata per la prima volta in R. Tufari, La certosa di San Martino in Napoli: descrizione storica ed artistica, Ranucci, Napoli 1854, p. 268.

3 B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, Ricciardi, Napoli 1742-1745, pp. 1028-1029.

4 Ibidem.

5 Ibid.

6 Ibid. In proposito, va ricordato quanto affermato dal Dalbono «strana condizione di un settecentista, per il quale il lavoro diveniva un letto di Procuste» C.T. Dalbono, in Storia della pittura in Napoli ed in Sicilia dalla fine del 1600 a noi, Gargiulo, Napoli 1859. Il negativo giudizio va riletto non più ripiegando gli interventi di restauro come un’occupazione secondaria o marginale rispetto alla realizzazione di opere ex novo, ma ponendo l’accento sull’acquisita solidità artistica del Guarino.

7 B. De Dominici, Vite de’ pittori…, pp. 1028-1029.

8 G. Ceci, La corporazione dei pittori, in “Napoli nobilissima”, VII, 1898, pp. 8-13

9 F. Strazzullo, La corporazione dei pittori, Tipografia Gennaro D’Agostino,Napoli 1962.

10 Per ulteriori notizie sul ciclo di Caggiano, rimando al saggio di E. Sansone, Domenico Guarino, in Splendori del barocco…, 2009, pp. 244-246.

11 Le due opere, l’Annunciazione e la Visitazione, al momento non sono reperibili.

12 N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento, I, Electa, Napoli 1986.

13 Olio su tela. La congrega annessa alla chiesa di Santa Maria dell’Aiuto, intitolata a Sant’Orsola e Santa Caterina dei Rossi, è chiusa al culto e in stato di abbandono.

14 L’opera risulta essere firmata in basso a destra «D. Guarino P. 1719», mentre sul lato opposto compare una lunga iscrizione «A devozione dei Governatori di Napoli: Francesco Persico, Nicolò Poderico, Antonio Maggio, Leonardo Donnarumma, Domenico Bonino, Gaetano Mostellone, Antonio De Felice, Domenico Guarino e dal terziario francescano Giuseppe di Lecce».

15 M.A. Pavone, Pittori napoletani del primo Settecento. Fonti e documenti, con appendice documentaria a cura di U. Fiore, Liguori Editore, Napoli 1997.

16 Arte in Basilicata. Rinvenimenti e restauri, catalogo della mostra (Matera, Palazzo del Seminario, 1979) a cura di A. Grelle Iusco, De Luca, Roma 1981.

17 E. Sansone, Domenico Guarino, in Splendori del barocco…, 2009, pp. 244-246.

18 E. Acanfora, Riscoperta del Sei e Settecento a Forenza, in Forenza Barocca, Paparo, Napoli 2012, pp. 18-19.

19 M.V. Fontana, Dalla «scuola di Paolo» alla «bella tinta di Luca». Aggiunte a Domenico Guarino, in Forenza Barocca, Paparo, Napoli 2012, pp. 25-31.

20 La Madonna con Bambino tra i Santi Nicola da Bari, Antonio da Padova e Antonio Abate nella chiesa di San Domenico Maggiore, la Via Crucis nella chiesa di Santa Maria alla Sanità, e Sant’Anna con la Vergine bambina nel convento del Carmine Maggiore.

21 Olio su tela, cm 222 x 150.

22 Olio su tela, cm 155 X 100. La tela non risulta più collocata in chiesa, poiché fu trafugata nel 1994.

23 Il piccolo paesino di Schiazzano è situato a pochi chilometri dal centro di Massa Lubrense. Per ulteriori ed interessanti notizie sul borgo costiero, rimando alle notizie fornite dall’erudito locale G. Maldacea, Storia di Massa Lubrense, Dalla Tipografia Flautina, Napoli 1840, p. 87.

24 R. Filangieri, Storia di Massa Lubrense, L. Pierro, Napoli 1910, p. 440.

25 «L’opera lascia trapelare una consanguineità profondissima con la poco più tarda pala di Marigliano, un’affinità che, in particolare, si palesa con forza nella felice commistione tra elementi di schietta ascendenza dematteisiana e spunti di chiara marca giordanesca. Se, infatti, il ricordo delle esperienze compiute in gioventù sul de Matteis riaffiora limpido nella predilezione per una pennellata preziosamente levigata – che, si badi, risulta alquanto distante dal tocco energico e franto proprio dei giordaneschi di più stretta osservanza –, nella sonora vivacità degli accostamenti cromatici si scorge già distinto il riflesso delle soluzioni coloristiche messe in campo dall’ultimo Giordano».M.V. Fontana, Dalla «scuola…,2012, p. 31.

26 Olio su tela, cm 119 x 80,6.

27 Olio su tela, cm 120 x 80.

28 Olio su tela, cm 240 x 180.

Olio su tela, cm 120 x 80.

29 Olio su tela, cm 175 x 117.

30 L’antica letteratura locale, menziona ampiamente i ricchi arredi della chiesa del Santissimo Salvatore di Schiazzano, ma non si fa menzione dell’autore della tela. Vedi G. Maldacea, Storia di Massa…, 1840, p. 87; R. Filangieri, Storia di Massa…, 1910, pp. 437-442.

31 Olio su tela, cm 220 x 154.

32 Olio su tela, cm 210 x 156.

33 Vedi nota 20 del presente lavoro.

34 R. Filangieri, Storia di Massa…, 1910, pp. 417-420.

35 L’iscrizione compare sul piedistallo della Vergine Addolorata «D. Guarino P. 1728».

36 R. Filangieri, Storia di Massa…, 1910, p. 420.

37 Ivi, pp. 352-355. Oltre al personaggio di Prospero Turbolo, il Filangieri, ci parla di altri componenti della famiglia. Berardino nacque nel casale di Nerano e poi si stabilì definitivamente in Napoli. Presso la capitale del Regno fu il primo ad esercitare il banco pubblico e ciò gli «procacciò grandi ricchezze».Pur vivendo a Napoli, non dimenticò mai la sua patria e tra le opere pubbliche, per difendere la sua terra, fece costruire presso la «marina del Cantone» una grande torre. Per la sua famiglia acquistò una cappella presso la chiesa di Santa Maria la Nova in Napoli e vi realizzò il suo monumento funebre. Giovan Leonardo, eccellente scultore in legno, che nel 1560 insieme a Benvenuto Tortorelli da Brescia e Nicola Picarelli prese parte alla costruzione del coro della chiesa dei Santi Severino e Sossio. Padre Severo, illustre certosino presso la certosa di San Martino, vi fu prima vicario e poi priore dal 1583; Anello, filosofo ed astrologo, e Giovan Donato autore di varie opere tra cui alcune sulla rinnovazione della lega delle monete del Regno di Napoli.

38 Olio su tela, cm 76 x 62. Attualmente l’opera risulta essere presso il deposito della chiesa dell’Annunziata.

39 L. Starita, scheda ministeriale, 1995.

40 Olio su tavola sagomata, cm 88 X 57. Attualmente presso il deposito della chiesa.

41 L’incessante produzione degli anni Venti, evidenzia le numerose offerte di lavoro proposte al Guarino e come sottolineato dal Fontana ciò è dovuto «nella sua eccezionale rapidità esecutiva, un abilità che non sfuggi agli occhi di un conoscitore esperto come il De Dominici».

42 Olio su tela, cm 143 x 64.

43 Olio su tela, cm 143 x 64.

44 Inoltre, nella presente cappella riconduco alla mano del maestro il Coro degli angeli alle spalle della statua ligneo della Vergine Immacolata.

45 R. Filangieri, Storia di Massa…, 1910, p. 420.

46 Attualmente l’affresco viene censito come di anonimo autore del XVIII secolo (A. Melania, Scheda ministeriale, 1985) e allo stato attuale presenta notevoli rifacimenti. Inserito in una cornice in stucco quadrilobata, può essere restituito al Guarino e ascritto al 1730 come riportato dal R. Filangieri, Storia di Massa…, 1910, p. 414.

47 L’opera fu edita in Napoli presso lo Stabilimento dell’Antologia legale nel 1854. L’erudito studioso, nacque a Napoli nel 1815. Si interessò di storia locale, infatti si dedicò prevalentemente agli studi di storia napoletana, di cui fu largamente rinnovatore per la scrupolosa attenzione nelle ricerche e l'ampiezza di metodo con cui ne raccolse le fonti.

48 B. Capasso, Memorie storiche della chiesa sorrentina, Dallo stab. dell’antologia legale, Napoli 1854, pp. 126-127.

49 Anche Augusto Russo mi ha confermato di essere a conoscenza delle tre opere citate.

50 Olio su tela. L’opera, richiede un urgente restauro, viste le gravi condizioni.

51 Entrambe le opere sono olio su tela. Non si sa di preciso quando i due quadri vennero trasferiti dalla cappella Sersale all’altare laterale, forse in un riordino generale di inizio secolo scorso.

52 E. Sansone, Domenico Guarino, in Splendori del barocco…, 2009, pp. 244-246.

53 Olio su tela, cm 297 x 155. Comparsa online (www.artnet.com) al lotto 38, nel registro inferiore dell’opera compare l’iscrizione «D. Guarino P. 1743».

54 Olio su tela, cm 200 x 230.

55 La cappella, fondata nel 1733 da Sant’Alfonso Maria del Liguori, è raggiungibile scendendo due rampe di scale scavate nella roccia; in passato fu sede della confraternita dell’Addolorata.

56 Chi scrive non ha potuto vedere la tela, visti gli attuali lavori di restauro della cappella. La firma e la data sono segnalate in N. Bevilacqua, Scheda ministeriale, 1981.

57 Olio su tela, cm 200 x 180.

58 F. Petrelli, Scheda ministeriale, 1989.

59 Olio su tela, cm 100 x 70. L’Eterno Padre, il Cristo condannato al sinedrio, e la Pietà fanno parte della macchina d’altare barocca del convento di Forenza. E. Sansone, Domenico Guarino, in Splendori del barocco…, 2009, pp. 244-246.

60 Olio su tela. L’opera risulta essere firmata e datata sul retro: «D. Guarino P. 1750».

61 F. De Boni, Guarini Domenico, in Biografia degli artisti, ovvero dizionario della vita e delle opere dei pittori, degli scultori, degli intagliatori, dei tipografi e dei musicisti di ogni nazione che fiorirono da’ tempi più remoti sino a’ nostri giorni, Presso Andrea Santini, Venezia 1852, p. 457.

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Temi di Critica - numero 11
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