teCLa :: Rivista

in questo numero contributi di Antonio Cuccia, Elvira D'Amico, Alessandra Carrubba, Giuseppe Pucci, Claudia Latino.

codice DOI:10.4413/RIVISTA - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010

Residenza d’artista. Un esempio di modalità di transizione di Claudia Latino

La residenza d’artista è una pratica contemporanea che nasce negli anni Sessanta in Germania, più esattamente a Berlino, con il Berliner Künstlerprogramm.
L’istituzione del Berliner Künstlerprogramm è un’abile mossa politica e culturale attuata dagli Stati Uniti, o meglio dalla Ford Foundation,[1] nel 1962 un anno dopo la costruzione del Muro di Berlino, che già dal 1946 vedeva la Germania divisa in due. Il programma del Künstlerprogramm prevedeva l’assegnazione di borse di studio per artisti, letterati, musicisti, registi e coreografi.
Il periodo di residenza era, ed è ancora, di circa un anno, la mission è quella di creare un forum, ossia un dibattito, tra ospiti residenti e abitanti, in grado di coinvolgere qualsiasi campo della cultura e della politica.[2] Gli ospiti del Künstlerprogramm hanno contribuito con le loro opere a far diventare Berlino una città all’avanguardia.[3]
Ad oggi non esiste una definizione capace di collocare il termine entro una sfera ben precisa; questo è dimostrato sia dal fatto che non esiste una bibliografia a riguardo, sia dal fatto che spesso l’abuso di tale modalità è confuso con la pratica del site specific, e la mancanza di una esatta definizione è dovuta al moltiplicarsi di domande di residenze d’artista, le quali hanno portato a un sovraccarico di esperienze spingendo gli artisti a una produzione incessante di opere, allontanandosi dal ruolo di residenti del luogo e divenendo dei visiting artist.
La pratica di residenza può essere intesa come un laboratorio a cielo aperto, volto a intessere legami con un territorio altro. Un luogo pronto ad accogliere l’artista, il quale è capace di vedere, leggere ed ascoltare il suo nuovo spazio abitativo; «la pratica di residenze si distingue oggi da modalità passate perché finalizzata ad innescare letture profonde e traduzioni importanti della vita reale […]».[4]
L’artista residente è il nuovo cittadino, abitando il nuovo territorio non fa altro che apportare al suo lavoro una dimensione nuova legata al posto in cui risiede, sentirà dunque necessaria l’esperienza di conoscere la nuova dimensione fino a sentirla sua. Alla base, dunque, vi è un’interazione tra il tessuto abitativo e quello sociale.
L’abuso del termine residenza ha portato a identificare una qualsiasi permanenza di un artista in un luogo, per esempio durante un periodo di ricerca precedente a un lavoro site specific.
Per dare una giusta distinzione tra modalità bisogna ricordare che il concetto site specific (luogo specifico) è inteso come il risultato di un’opera che è realizzata per un luogo specifico, appunto, dotato inoltre di una vocazione sociale,[5] la quale porta a un ruolo attivo del pubblico facendolo arrivare alla comprensione e all’accettazione dell’opera.
Il proliferare delle attività di residenza ha portato alla creazione nel World Wide Web di network specifici come per esempio Res Artis, una rete virtuale, nata nel 1993, che accoglie più di quattrocento membri provenienti da tutto il mondo, che si occupano di attività di residenza per artisti, curatori e creativi provenienti da ogni ambito.[6]
In campo internazionale si devono segnalare ulteriori programmi che permettono pratiche di residenze per giovani artisti[7] come per esempio: Movin Up,[8] in favore dei giovani artisti italiani nel mondo; il progetto On-Air programma di mobilità europeo;[9] sempre in ambito europeo Pépinières européennes pour jeunes artistes.[10]
In Italia è la piattaforma “Art in residence” che accoglie la maggior parte delle realtà della penisola. Inoltre l’AIR organizza un programma chiamato “RESIDENZAITALIA” che consente ai giovani artisti e ai curatori permanenze nel territorio. Il network è nato da un’idea di Beatrice Oleari e Barbara Oteri dell’associazione culturale FARE e da Antonella Crippa, curatrice.[11]

Transizioni contemporanee in Sicilia

Se gli intellettuali del Grand Tour si limitavano al passaggio temporaneo nell’Isola, oggi gli artisti vivono il luogo in cui risiedono divenendo abitanti del contesto che li ospita per un determinato periodo di tempo, studiando a fondo il territorio e il contesto sociale.
Il panorama artistico contemporaneo siciliano non è sicuramente paragonabile alle grandi realtà contemporanee nazionali e internazionali.
La Sicilia dell’arte contemporanea sente il peso del suo passato. È un terra ancora fertile, dal potenziale inespresso, è una piccola realtà ma brama il desiderio di affermarsi e di crescere, non vuole restare circoscritta entro una breve parentesi della storia, in quanto entità giovane vuole affermarsi e far capire al sistema che la Sicilia è anche arte contemporanea.
Le realtà che credono fortemente nel contemporaneo in Sicilia sono per la maggior parte entità private, uomini e donne che hanno lottato, nel senso figurale del termine, per affermarsi a un livello glocal.
Capendo l’importanza del ruolo delle residenze d’artista, che può apportare al territorio, la Sicilia inizia ad avvicinarsi a questo tipo di modalità a partire dagli anni ‘70, a Gibellina, grazie a Ludovico Corrao. Qui l’arte è servita per ripartire dopo il terribile terremoto del 1968 che ha distrutto i paesi della Valle del Belice. Corrao chiama gli artisti, gli artisti rispondono [fig. 1]. Inizia così la storia delle residenze in Sicilia.
Artisti internazionali accorrono nelle zone terremotate, vivono il territorio, lo abitano e cooperano con gli abitanti per rifondare una città distrutta.
Spostandoci nella parte orientale dell’Isola è Antonio Presti, fondatore del Parco Fiumara d’Arte,[12] a fare da apripista con la pratica di residenze d’artista. Gli artisti chiamati da Presti, tra gli anni ‘80 e ‘90, hanno creato più della metà delle camere dell’Art Hotel Atelier sul Mare a Tusa (Messina). Come sottolinea Presti: «è solo entrando e abitando la camera che l’opera sarà pienamente realizzata; la presenza, l’uso della stanza, saranno parte integrante e fondamentale di essa».[13]
Il viaggio verso la scoperta della pratica di residenza d’artista in Sicilia arriva a Catania con la Fondazione Brodbeck, nata da un’idea dell’imprenditore svizzero Paolo Brodbeck, dove l’attività di residenza segna uno dei punti cardine della stessa.
Proseguendo verso l’estremo sud dell’Isola, a pochi chilometri dalla Valle dei Templi, in un piccolo paese in provincia di Agrigento, Favara, due coniugi, un avvocato e un notaio, Florinda Saieva e Andrea Bartoli hanno creato un vero e proprio polo contemporaneo con la loro Farm Cultural Park. Qui i creativi provenienti da ogni ambito, possono praticare attività di residenza al fine di contribuire alla riqualificazione della cittadina.
Per quanto concerne la modalità di residenza d’artista nel capoluogo siciliano, ultima tappa del viaggio, si deve partire da una manifestazione che ha contribuito, nelle sei edizioni dal 1998 al 2005, a far conoscere ai suoi concittadini l’arte contemporanea: Il Genio di Palermo.
La manifestazione ideata da Eva di Stefano nel 1998, ha permesso agli artisti palermitani di farsi conoscere a livello internazionale. La mission era: «un lavoro di squadra, l’incontro fattivo tra realtà internazionali e giovani artisti del luogo, il coinvolgimento delle città non solo come scenario».[14]
In quegli anni sono stati attivati workshop e conferenze, sono stati aperti al pubblico gli atelier degli artisti, sono state assegnate borse di studio e residenze d’artista, si è aperta una fitta collaborazione con gli istituti di cultura come il Goethe-Institut,[15] il Centre Culturel Français e l’Accademia Abadir.
Bisogna ricordare, tra le attività di residenza promosse dalla manifestazione quella attivata nel 2002, che ha reso protagonisti sei artisti siciliani: Rocco Carlisi,[16] Rita Casdia,[17] Nicola Console,[18] Alessandro Di Giugno,[19] Andrea Di Marco,[2] Antonio Miccichè;[21] la residenza si è conclusa con una mostra curata da Eva di Stefano, presso il Centro d’arte Tacheles a Berlino.[22]
L’attività di residenza d’artista continua a Palermo con Francesco Pantaleone, gallerista palermitano che decide insieme a Laura Barreca, nel 2005, di portare nella sede della sua galleria, nella zona della Vucciria, un programma di residenza chiamato Domani, a Palermo.
Infine si deve ricordare il progetto di residenze d’artista ETICO_F, curato da Daniela Bigi nel 2010 per il Museo Riso,[23] il Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia. Il lavoro di residenza ha portato cinque artisti italiani ad abitare per un periodo quattro luoghi diversi della Sicilia.

Un esempio di transizione: la Fondazione Brodbeck

La Fondazione Brodbeck è una fondazione privata nata da un’idea di Paolo Brodbeck, imprenditore catanese di origine svizzera, grande appassionato di arte contemporanea.
La fondazione sorge nel quartiere San Cristoforo, zona popolare di Catania, a due passi dal centro della città e dalla Facoltà di Lettere e Filosofia.
Edificio postindustriale, di circa 6000 mq, che risale al XIX secolo, è una struttura che nel corso degli anni è stata più volte modificata, prima fabbrica di liquirizia, poi presidio militare tra le due guerre, sede del deposito del consorzio agricolo e infine dal 2007, anno della sua acquisizione, sede della Fondazione Brodbeck[24].
L’idea di aprire questo spazio è nato dalla volontà, come ricorda Nadia Brodbeck, vicepresidente della Fondazione, di Paolo Brodbeck di far vivere le opere collezionate sin dai primi anni ‘90 rendendole fruibili a un pubblico interessato all’arte contemporanea. Inizia in questo modo la ricerca dell’edificio adatto a ospitare non solo la collezione privata, ma una serie di programmi in grado di dare nuova linfa vitale alla città di Catania e più specificatamente al quartiere borderline San Cristoforo.
Le attività della Fondazione di via Gramignani si snodano in quattro punti fondamentali: turismo culturale, volto a incrementare il flusso di persone appassionate all’arte contemporanea; programmi di ricerca tecnologica, intesa come indagine del rapporto tra arte contemporanea e tecnologia; un programma didattico formativo, con attivazione di laboratori didattici e formazione specializzata nel settore del contemporaneo e infine le residenze d’artista.[25]
Fulcro delle attività della Fondazione sono proprio le residenze d’artista, pratica consolidata all’interno del panorama artistico internazionale, con esse si inaugura nel 2009 la struttura espositiva e il ciclo di residenze previste per i successivi quattro anni Fortino 1.
Come ricorda Nadia Brodbeck:

l’attività di residenza ha la funzione di mettere in relazione gli artisti con il territorio, questo è riuscito quasi sempre, nel senso che gli artisti venivano qui con i loro progetti di residenza, stando qui erano costretti a confrontarsi con la realtà non solo della città ma soprattutto del quartiere. I progetti, che hanno pensato gli artisti, hanno quasi sempre avuto a che fare con materie prime che potevano trovare nelle immediate vicinanze […] quindi abbiamo sempre cercato di coinvolgere artisti a livello internazionale perché si muovesse una parte della città altrimenti non avremmo concluso nulla riguardo l’idea di riqualificare il quartiere. La commissione scientifica esterna valuta e coinvolge gli artisti, i quali sono ospitati per un mese di residenza nella sede della Fondazione, fanno sopralluoghi e presentano il progetto che veniva, o meno, accettato con delle possibili variazioni. Siamo consapevoli che un mese di residenza non è molto ma gli artisti sono sempre coadiuvati dai ragazzi dell’Accademia di Belle Arti di Catania, si attivano in questo modo dei workshop, gli artisti sono aiutati dai ragazzi e ai ragazzi viene data la possibilità di interagire con il mondo dell’arte. Dopo la fine del progetto le opere appartengono all’artista, noi abbiamo finora preso accordi sostenendo la produzione a livello economico e poi spesso in cambio gli artisti ci hanno lasciato una o due opere, a volte mio padre acquisiva tutta la mostra, entrando così a far parte della collezione privata.[26]

La Fondazione ha suddiviso i suoi progetti di residenza per aree: quella mitteleuropea con Fortino 1 e l’area ispanica con Cretto.
Fortino 1 è un progetto di residenza d’artista inaugurato il 22 febbraio del 2009, lo scopo è quello di ospitare artisti internazionali capaci di relazionarsi sia con la struttura della Fondazione, trasformandola in spazio d’arte, sia con la città di Catania.
Giovanni Iovane[27] e Helmut Friedel[28] sono i curatori che hanno selezionato gli artisti che hanno preso parte alla residenza, i criteri di selezione da parte dei curatori riguardano la scelta di artisti meed career, dunque artisti giovani e non storicizzati.
La prima residenza viene attivata ad ottobre 2008 con Michael Beutler,[29] il quale viene considerato “come una sorta di manifesto culturale e critico della Fondazione”.[30] L’artista riesce a plasmare lo spazio con le sue architetture, capaci di rimodulare gli spazi, coinvolgendo il pubblico, il quale diventa parte attiva del suo lavoro. Come si legge nel comunicato stampa:
Beutler intercetta questo particolare momento di transizione con degli interventi, che l’artista stesso definisce “addizioni”, che non cancellano la memoria dell’architettura e dei materiali della vecchia fabbrica ma che ne fanno risaltare, o meglio rivivere, la sua storia e, nello stesso tempo, la trasformazione d’uso in spazio d’arte.[31]
Il secondo artista ospitato per il progetto Fortino 1 è Seb Koberstädt.[32]
Seb durante la sua residenza, avvenuta nel maggio del 2009 e conclusasi con una sua personale, presso la Fondazione, nel giugno dello stesso anno, ha lavorato con materiali presenti nel territorio catanese circostante, che gli hanno permesso di creare delle distorsioni capaci di alterare la loro origine naturale.[33]
Fortino 1 si conclude nel 2009 con la residenza (ottobre-novembre) e infine, la mostra personale di Christian Andersson,[34] Three steps to Rockfeller.[35] Nel progetto di Andersson, per la Fondazione Brodbeck, si vuole rielaborare un concetto, quello di storia, che sembra essere caduto nell’oblio. La storia viene ricostruita tramite frammenti, dal potere evocativo «che ricostruiscono una scena, fino ad ora, non vista e persino perduta».[36]
Dal 2010 il progetto di residenze Fortino 1 prevede, fino al 2012, l’alternarsi di tre artisti italiani: Diego Perrone[37] (2010), Paolo Parisi[38] (2011) e Luca Vitone (2012).
Diego Perrone inaugura la sua personale nel mese di marzo 2010, con la mostra Una mucca senza faccia rotola nel cuore.
Alla base del progetto espositivo di Perrone vi è un rumore; il rumore causato da una frana. Questa caduta di massi e terriccio da un pendio che possiamo immaginare abbastanza scosceso non è, tuttavia, naturale. Non è stato registrato dal vero, magari dopo passeggiate e appostamenti ipotetici lungo i pendii del vulcano Etna. L’artista ha “prodotto” (nel senso del produttore di dischi musicali) e realizzato per l’occasione il rumore della frana mediante software. Il rumore, il suono nella sua virtuale articolazione, della frana è dunque inventato. Al massimo precede o prefigura una possibile frana reale.[39]
A maggio 2011 è il turno dell’artista catanese Paolo Parisi, la mostra prende il nome di Commonplace (Unité d’habitation).
Un grande capannone della Fondazione si presenta così saturo, con opere monocrome immerse in un luogo totalmente invaso dal colore. Un altro grande capannone sarà invece saturo di suono. Tale saturazione sonora è stata realizzata in collaborazione con Massimiliano Sapienza, aka Massimo (Catania 1975), che il pubblico dell’arte ha conosciuto per la partecipazione alla mostra “I moderni/The Moderns” al Castello di Rivoli nel 2003 oltre che per le numerose apparizioni sulla scena europea, dalla metà degli anni ‘90. Infine, nella palazzina della Fondazione che ospita gli uffici e la foresteria, l’artista ha realizzato delle nuove opere di grande formato, del ciclo “Under the Bridge”, che presentano i tre più importanti fiumi siciliani (Salso, Platani e Simeto).[40]
Termina il ciclo di residenze d’artista per Fortino1 l’artista genovese Luca Vitone, il quale ha esposto da luglio a settembre 2012, presso la Fondazione “Natura morta con paesaggi e strumenti musicali”. Per questa occasione l’artista ha deciso di posizionare tele monocrome in diverse parti del territorio della Sicilia orientale, Fattorie Romeo del Castello, Randazzo (CT); azienda Caffè Moak Spa, Modica (RG); Brodbeck Srl, Zona industriale Catania; C.o.C.A., Center of Contemporary Arts, Modica (RG); Zafferana/Etna.
Nel 2011 prende avvio il secondo progetto di residenze d’artista da parte della Fondazione Brodbeck, Cretto, titolo che richiama una delle più famose opere presenti nell’Isola, ma anche il suo essere crepa, a cura di Nuno Faria.[41] La fase di preparazione è stata caratterizzata da una serie di incontri, dibattiti tra gli artisti e i responsabili della Fondazione. Il progetto vuole essere complementare a quello precedentemente attivato, Fortino 1, ma questa volta con artisti provenienti dal mondo ispanico.
I primi ad essere ospitati sono il duo portoghese composto da João Maria Gusmão e Pedro Paiva (JMG/PP).[42] Il loro lavoro, che è caratterizzato da proiezioni video in 16mm, contraddistinto da immagini casuali e distorte, è stato realizzato durante il periodo della residenza, nel 2010.
La mostra inaugurata nel novembre 2011 è stata realizzata in collaborazione con il Museo Marino Marini, in quanto il duo JMG/PP aveva presentato precedentemente una mostra dal titolo “Non c’è più niente da raccontare perché questo è piccolo, come ogni fecondazione”.[43]
Il secondo artista che ha partecipato al progetto Cretto di Nuno Faria è l’artista cubano Diango Hernández,[44] che conclude il suo periodo di residenza presso la sede di via Gramignani, con la mostra Drawing the Humane Figure.
Hernádez osserva:

Oggi, la mia e la vostra posta elettronica sono intasate da false sorprese e da terribili notizie infondate che arrivano direttamente tra gli spam; sì, arrivano in questi piccoli contenitori pieni di infiniti premi della lotteria che devono essere subito ritirati, transazioni milionarie o del fantastico sesso gratuito; un posto straordinario pieno di allettanti promesse per una vita migliore. Tutto ciò che dobbiamo fare sta in un CLICK, più semplice di così, e con un movimento elementare del tuo dito indice tutto ciò si avvererà, probabilmente riuscirai addirittura ad incontrare il Dr. Christopher Harrison, il quale ti aspetterà alla Victoria Station con una gigantesca borsa di pelle piena di 16.5 milioni di pound. A partire dagli spam che ricevo, ho creato ‘Drawing the Human Figure’, una mostra che unisce sotto lo stesso tetto – Speranza, Spreco e Linee. Forse, l’equazione che segue rappresenta il modo più ragionevole per parlare di questa mostra: S+ L/S = Ca-p*
* S= SPERANZA L= LINEE S=SPRECO Ca-p= Credi ancora, per favore.[45]  

Seguendo l’ottica del fare rete, la Fondazione sin dalla sua nascita si è sempre dimostrata aperta verso realtà altre, ne è la dimostrazione il progetto Others Resident, curato da Giovanni Iovane, in collaborazione con il Museo Riso di Palermo e le Biennali di Marrakech, Istanbul e Atene. Alla base del progetto una serie di residenze incrociate, il cui lavoro finale è stato esposto presso la sede della Fondazione Brodbeck l’1 ottobre 2010. Le opere presentate, risultato dell’esperienza di residenza, sono state acquisite dal Museo Riso e oggi, fanno parte della collezione permanente.
La Fondazione, oltre a inaugurare la mostra Others Resident, ha ospitato in residenza i tre artisti, scelti dai curatori[46] delle tre Biennali, Mohamed El Baz[47] con l’installazione Fuck the Death, come ricorda Benedetta Fasone:

L’installazione è composta da un wall drawing, originato dall’immagine di una carta spagnola adoperata in Marocco in un gioco simile a quello della scopa, che fa da sfondo e supporto ad alcune mensole, sulle quali poggiano bottiglie molotov che riportano i nomi di artisti italiani dal dopoguerra a oggi. La lettura è chiara: un omaggio agli artisti italiani; l’arte come strumento per trasformare il mondo, per superare la morte, per superare i confini territoriali; la forza esplosiva della cultura. Attraverso l’esplosione, secondo il linguaggio dell’artista, le bottiglie molotov da simbolo di apparente minaccia si trasformano in forza per il cambiamento, così come sullo sfondo ha valore simbolico la spada, che allude alla forza, al coraggio, al valore. Riprodotta in rosso con una pennellata dal segno grafico stilizzato e calligrafico, evoca immediatamente la matrice araba e rimanda a una cifra stilistica che rileva elementi comuni della cultura e dell’arte dell’area mediterranea.[48]

Found Drama è l’opera, realizzata dopo la residenza in Sicilia, da Nazim Hikmet Richard Dikbaş.[49] L’artista turco ha creato una serie di disegni che rievocano il suo passaggio nell’Isola, più una raccolta di vecchie cartoline e fotografie che sono state rimaneggiate in modo da darne un nuovo significato.[50]
L’ultimo artista di Others Resident, ospitato dalla Fondazione Brodbeck, è il greco Vassilis Patmios Karouk la sua opera Here, dai toni scuri e tenebrosi,riprende le tradizionali pale d’altare, rievocando la pittura del passato. In Here si documenta il dramma esistenziale dell’uomo contemporaneo sopraffatto del potere dei più ricchi e dei più forti.[51]
Si deve, inoltre, ricordare che la mostra Others Resident del 2010 ha presentato i risultati delle residenze degli artisti siciliani Domenico Mangano,[52] residente ad Atene, che ha realizzato due video Omnia Hisses e EMPATY PAPER ATHENS; Sebastiano Mortellaro,[53] residente a Rabat, che ha creato l’installazione La possibilità negata; il collettivo /barbaragurrieri/group,[54] ha risieduto a Istanbul, realizzando Modello di linea (televisione).[55]
Le opere degli artisti residenti non sono altro che il frutto di ciò che accadeva nei giorni di permanenza nelle diverse città, sono l’essenza degli eventi vissuti in prima persona durante il soggiorno in una diversa realtà sociale e culturale.

Appendice

Il Berliner Künstlerprogramm

Il Berliner Künstlerprogramm – programma per artisti a Berlino – è uno dei più rinomati programmi internazionali che destina borse di studio per i settori delle arti visive, della letteratura, della musica e del cinema. Sin dal 1963, ogni anno sono assegnate più di venti borse di studio ad artisti internazionali, i quali risiedono per un periodo di tempo, circa un anno, a Berlino. I partecipanti ospitati in passato hanno migliorato qualitativamente il programma. Da circa cinquant’anni il Berliner Künstlerprogramm ha contribuito a dare nella città tedesca un significativo apporto all’arte contemporanea.
Dal suo inizio il Berliner Künstlerprogramm si è definito come un forum per il dialogo artistico, un dialogo che si estende oltre i confini culturali, geografici e sicuramente anche politici.
Questo forum permette non solo la presenza degli artisti in città, ma anche l’organizzazione di circa cento eventi l’anno, da parte del Berliner Künstlerprogramm insieme agli artisti presenti a Berlino e nelle altre città della Germania, e la presenza della giuria internazionale di esperti delle rispettive quattro sezioni, la quale decide gli artisti da ospitare. In questo modo, la visione delle avanguardie artistiche internazionali sono mediate, non solo a Berlino, stimolando sia il discorso politico che quello estetico. A Berlino il centro delle attività ha sede presso la daadgalerie in Zimmerstraße.
Per quanto riguarda la partecipazione, gli artisti interessati al campo della letteratura, del cinema e della musica possono compilare un application forms scaricabile dal sito www.berliner-kuenstlerprogramm.de, al link scolariship. Mentre gli artisti visuali non devono compilare alcun modulo tramite il sito, in quanto sono chiamati direttamente dalla giuria internazionale.[56]
I cambiamenti politici in Europa, dopo il 1990, trovano una vivida e simbolica espressione nella caduta del Muro di Berlino, trasformando la città in un particolare polo attrattivo. Gli artisti visuali sono particolarmente attratti dai cambiamenti architettonici e urbanistici caratterizzati da elementi scultorei e dai materiali innovativi.
Nel 1992 le numerose domande nel campo delle arti visive hanno sollecitato la procedura di selezione. Da allora il sistema di nomina è stato reso più efficace da una giuria internazionale di esperti. Negli anni passati, questo cambiamento ha permesso al Berliner Künstlerprogramm, di invitare a Berlino importanti e aspiranti artisti, le cui opere riflettono, in modo diverso e originale, gli aspetti dell’attuale situazione urbana.
Per esempio il canadese Stan Douglas ha trovato uno scenario ideale per la sua interpretazione di E.T.A Hoffmann “sandman motif” nei giardini coloniali dei sobborghi cittadini di Berlino. La scultrice britannica Rechel Whiteread si è imbattuta nella storia degli ebrei a Berlino; la sua esperienza è il risultato di un proposal per la costruzione di un monumento per la città di Vienna, che richiama la persecuzione degli ebrei. Lo scultore inglese Richard Wentworth ha scoperto la città attraverso una moltitudine di fotografie di “genre scene”, di tracce anonime scolpite nel territorio urbano, in seguito pubblicate in forma di catalogo. Renée Green, ha tenuto una lezione alla “free class” al Hochschule der Künste. Un’impressionante installazione di Damien Hirst ha trasformato la daadgalerie. La bandiera installata da Matt Mullican presso l’edificio di Mies van der Rohe, la Neune Nationalgalerie, ha affrontato i temi dell’arte e del pubblico, ripresi nei lavori di Douglas Gordon, Eija-Liisa Ahtila e Ann Veronica Janssens. Janet Cardiff era a Berlino quando ha concepito il suo famoso contributo per la Biennale di Venezia del 2000, ed era a Berlino pure Ilya Kabakov, un artista di origine russa che ha iniziato un lavoro che sarebbe diventato un trionfo nei musei di tutto il mondo. Di certo bisogna ricordare il monumento di Micha Ullman, posto nel centro della città a August-Bebel-Platz, che rimanda al rogo dei libri del 10 maggio 1933. L’idea di Ullman e il suo modo di interagire con l’ambiente urbano, così come con la questione e la soluzione posta prendono in considerazione questo lavoro come uno dei più attuali ed esemplari monumenti d’Europa.
Come dimostrano questi esempi significativi, lo status di Berlino è stato accettato dagli artisti visuali come luogo per un nuovo dibattito urbano, e anche l’impressionante lista di ospiti l’ha trasformata in un indispensabile monumento culturale.[57]
L’originale concezione del Berliner Künstlerprogramm, fornire un punto di incontro, è diventata sempre più un modello. Molti artisti vivono a Berlino per avere subito un riconoscimento internazionale. Essi fanno propri i fenomeni di questa città, influenzando gli artisti locali e infine, trovano una "permanent representation" nelle numerose gallerie della città, anche dopo il periodo di residenza. Come tale, il lavoro di molti ospiti rimane presente nella vita culturale della capitale. Il dialogo letterario è inevitabilmente un dialogo tra culture. Nel senso letterale del termine, gli autori del Berliner Künstlerprogramm hanno portato questo dialogo nella comunicazione scritta e verbale, che oltrepassano i limiti culturali.
Sin dal principio del Künstlerprogramm, ospiti come Ingeborg Bachmann, Wystan H. Auden, Michel Butor, Susan Sontag, Carlos Fuentes, Juan Goytisolo, Breyten Breytenbach e Mario Vargas Llosa, Gao Xingjian, Jean-Philippe Toussaint, Viktor Pelewin, Juri Andruchowytsch, Slavenka Drakulić e molti altri, hanno iniziato a considerare Berlino come una seconda casa e hanno inoltre contribuito a espandere una rete di contatti e partnerships in tutto il mondo.
 Il dialogo tra culture necessita sempre di una migliore comprensione e conoscenza tra le parti. La Berlin Note di Cees Nooteboom, riguardo la condizione psichica dei tedeschi nel momento dell’unificazione, acuta analisi d’osservazione di un esterno, illumina in maniera impressionante il nuovo inizio di un punto focale del Veranstaltungen. Questo nuovo inizio ha richiesto un importante cambiamento nel Berliner Künstlerprogramm: dopo il 1989, la maggior parte degli artisti arrivarono dall’ex Unione Sovietica, dalla Romania e dall’ex Cecoslovacchia. Tra questi artisti, alcuni avevano delle restrizioni per viaggiare come per esempio: Gennadij Ajgi,Vladimir Sorokin, Lev Rubinstein, Ivan Wernisch, Miroslav Holub, Gellu Naum, Ana Blandiana e Mircea Dinescu.
Per molto tempo, nonostante le difficoltà politiche, prima del 1989, il programma di letteratura è stato un importante punto di incontro per gli artisti provenienti dall’Est e dall’Ovest. All’inizio del 1963, uno dei primi ospiti, lo scrittore polacco Witold Gombrowicz, arrivò a Berlino e scrisse il suo Berlin diary. A seguire: Sławomir Mrożek, Tadeusz Różewicz, Stanisław Lem, Zbigniew Herbertand Ryszard Kapuściński.
Il ruolo dell’Ungheria all’interno del Berliner Künstlerprogramm, è stato descritto in modo commovente dal suo ospite György Dalos; durante il Periodo della Cortina di Ferro, il Küstlerprogramm è stato "the most important representative of unofficial Hungarian culture abroad". La letteratura contemporanea ungherese è stata rappresentata da George Tabori, György Kónrad, Péter Esterházy, Miklós Mészöly, Péter Nádas, e dal Premio Nobel per la latteratura del 2002 Imre Kertész.
Per introdurre i suoi ospiti, il Berliner Künstlerprogramm organizza una serie di letture alla daadgalerie a Berlino e, in collaborazione con altri partners, in altri luoghi d’incontro della Germania e all’estero (Varsavia, Budapest, Amsterdam). Gli ex ospiti sono ritornati volentieri a Berlino per partecipare alle letture. Dunque l’inaugurazione della serie di letture “Wahlheimat Berlin”, caratterizza gli scrittori che hanno adottato Berlino come città di residenza, nel 2004 al Deutsches Historisches Museum.
Per gli ospiti del Berliner Künstlerprogramm, arrivare a Berlino significa un momento di contemplazione durante il quale possono scrivere, vivere la città, raccogliere impressioni, e creare contatti con le case editrici e altri scrittori. Non solo gli ospiti possono partecipare attivamente alla vita letteraria di Berlino, per esempio il Poetry Festival è organizzato dal Literaturwerkstatt e dal International Literary Festival Berlin, ma possono anche trovare le due maggiori fiere tedesche del libro, e partecipare alle letture e ai dibattiti nei centri letterari, nei festival e le università di tutto il Paese.
La residenza a Berlino crea un ponte con le case editrici, le quali portano gli artisti alla loro prima pubblicazione in tedesco. Uno dei principali interessi del programma della sezione letteratura del Künstlerprogramm è promuovere e supportare le traduzioni. Al fine di documentare il lavoro di questi ospiti letterari, il Berliner Künstlerprogramm inizia a pubblicare, nel 1974, edizioni limitate insieme al Literarisches Colloquium Berlin. Nel 1990, Aufbau-Verlag continua questa tradizione con la serie “Text und Porträt”. Nel 2000, il Berliner Künstlerprogramm ha avviato la sua serie di libri “Spurensicherung” (securing of evidence).
Il nome rispecchia il suo scopo: preservare le tracce degli autori di tutto il mondo che hanno vissuto a Berlino, con una speciale attenzione ai tipi di testi che non ricevono l’attenzione che meritano nella scena della letteratura commerciale: poesie, saggi e storie. Gli autori sono: Memo Anjel, Bora Cosic, László F. Földényi, Viktor Pelewin, Olga Tokarczuk, Gao Xingjian, il vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 2000, e Jeffrey Eugenides, vincitore del Premio Pulizer. A partire dal 2006, i volumi della serie “Spurensicherung” sono stati pubblicati da una importante casa editrice Matthes & Seitz Berlin. Offrendo aiuto e opportunità di lavoro gli autori che sono stati minacciati e perseguiti nei loro Paesi natali, rimangono nonostante tutti i cambiamenti politici, questo è uno dei principali obiettivi del Berliner Künstlerprogramm. Questa offerta non è mai stata limitata al contesto delle relazioni problematiche tra Est e Ovest. Durante il periodo della giunta militare della Grecia, Vassilis Vassilikos e Alexander Skinas, arrivarono a Berlino, Antonio Skármeta, dal Cile, e nel 1991, alcuni degli artisti cinesi che erano stati costretti a lasciare il loro Paese nel 1989, si sono uniti ai loro colleghi per il Festival interdisciplinare “Lichtfluß”.[58]
Un punto essenziale per la scelta degli ospiti della sezione musicale è stato invitare compositori internazionali capaci di dare nuovi contributi innovativi alla vita musicale di Berlino. Gli ospiti degli anni ‘60 e ‘70 furono: György Kurtág, Krzystof Penderecki, György Ligeti, Isang Yun, John Cage, Morton Feldman e altri. Negli anni ‘80 c’è stato un aumento di convocazioni in favore dei compositori delle nuove tendenze musicali elettro-acustiche e performances[59] artistiche, tra questi: Bill Fontana, Fast Forward, Shelley Hirsch, Fatima Miranda, David Moss, Gordon Monahan, Sainkho Namtchylak, e Carles Santos.
I nuovi ospiti del Berliner Künstlerprogramm sono presentati al pubblico alla daadgalerie attraverso “composer’s portrait” o “portrait concert”. Per offrire delle opportunità di performance agli artisti, che a causa della natura sperimentale del loro lavoro, trovano spesso della difficoltà nell’integrarsi nella città di Berlino, nel 1982 il festival “Inventionen” è stato fondato in collaborazione con la Technische Universität. È stata coopresentata dell’Akademie der Küste dal 1984 al 1994.
Il principale accento del festival è posto sulla musica elettronica, performance multimediali, installazioni sonore ed esibizioni interdisciplinari (di musica e arti visive).
Il festival “Inventionen” è stato accompagnato da workshop e simposi, contributi scientifici, documentazione e cataloghi. Ciascun festival ha un tema preciso o è dedicato all’opera del compositore. Esso cerca di affiancare le ultime tendenze e anteprime mondiali con i “classics” della New Music e con lavori quasi mai suonati a Berlino come per esempio “Music for 16 Strings” (1989), un’esauriente retrospettiva di quartetti a corda di musica contemporanea.
Nel 1991 si è data importanza alla musica da camera e ai lavori elettronici di Luigi Nono e John Cage, nel 1994 nei primi lavori del Karlheinz Stockhausen. Nel 1996, il festival è stato dedicato al tema Space-Music. Il “Groupe de Reserches Musicales” (GRM), proveniente da Parigi, è stato spesso ospite con Acousmonium, in particolare nel 1998 al 50th anniversario di “Musique concrète”. All’“Inventionen” del 2000, il momento clou è stato durante la performance di Luigi Nono “Prometo” con Ensemble Modern Orchestra e the Experimental Studio Freiburg alla Philharmonic Hall di Berlino. Il programma è stato integrato con la sound art di altri ospiti come Ed Osbor, José Antonio Orts, Tom Johnson e Wolfgang Mitterer come i concerti “acousmatic” alla BEAST (Birmingham ElettroAcoustic Sound Theatre) nella Parichialkirche.
Nel 2002 “Inventionen” ha celebrato il suo anniversario con numerose installazioni sonore, per esempio Gordon Moahan alla daadgalerie o Robin Minard nei bagni municipali in Oderberger Straße. La premiere tedesca de “Le Noir de L’Etoile” di Gérard Grisey con il gruppo “Les Percussions de Strasbourg” ha suscitato particolari impressioni, come i lavori di Kotoka Suzuki e Emmanuel Witzthum, prodotti insieme ai video artists di Berlino.
I compositori, specialmente i performer, sono stati ispirati dalla città, e a loro volta hanno ispirato le persone, non solo musicisti, a produrre e percepire completamente nuove sfere acustiche: nel 1989, al Hamburger Bahnhof (al momento ancora una rovina) Fast Forward ha acceso un "running fire" con musicisti, video artists e persone che lavorano la terra con i martelli pneumatici.
Nel 1995, Christian Marclay ha realizzato il suo “Berlin Mix” in un ex deposito di tram con un live di 165 musicisti e cantanti di diverse culture. Nel 1992, David Moss ha portato insieme a musicisti, cantanti e atleti la sua piecePhysical Acts” presso la palestra Schöneberg. Essi hanno presentato i loro risultati in una performance individuale nelle docce e negli spogliatoi, oltre a un insieme di performance in una grande hall.
Nel 1995, Lawrence D. “Butch” Morris ha dominato il Total Music Meeting al centro culturale Podewil con cinque “conductions”.
Ellen Fullman ha creato i suoi 32 metri “Long String Instrument” nel 2001, suonando insieme a quattro musicisti di Berlino alla Parochialkirche.
La reciproca ispirazione tra Berlino e i suoi ospiti del Künstlerprogramm, ha portato questi ultimi a vivere e lavorare stabilmente in Germania. Come è successo con: Frangis Ali-Sade dell’Azerbaijan, gli americani Ed Osborn e David Moss, i canadesi Robin Minard e Gordon Monahan, l’australiano Sam Auinger, Richard Barrett dalla Gran Bretagna e l’italiano Mario Bertoncini, i quali sono rimasti per molto tempo a Berlino.[60]
L’aura di Berlino, il famoso “Himmel über Berlin”, non ha ispirato solo artisti, musicisti e scrittori ma anche registi di tutto il mondo. Le manifestazioni in questo campo come, “Berlin Inernational Film Festival”, le numerose case di produzione, i numerosi programmi cinematografici e non per ultimo il network di registi hanno fatto di Berlino un’attraente metropoli cinematografica.
I film trasmessi, pertanto, servono soprattutto per la presentazione e la mediazione delle opere degli ospiti. L’opportunità è data nello stabilire i contatti, nel presentare i film, nello scrivere sceneggiature e copioni, e nei casi più fortunati, questo porta a iniziare e realizzare il progetto di un film.
Il “Mephisto” di István Szabó e “La chasse aux papillons” di Otar Iosseliani non sarebbero esistiti senza il soggiorno a Berlino.
Per quanto riguarda la parte commerciale il mondo dei film, sperimentale e di avanguardia dipende dal finanziamento pubblico.
Negli anni ‘80 il punto focale del programma è stato dimostrato della moda proveniente dagli USA come Paul Sharits, Ken Jacobs, Ernie Gehr e Ken Kobland. Altri erano documentari caratteristici diretti da Andrej Tarkovskij e Jim Jarmusch, i quali hanno fatto di Berlino la loro base operativa.
Ma Berlino, non è solo una base, è anche fonte di ispirazione per registi che nei loro lavori vogliono parlare delle condizioni attuali della società, della cultura e della politica.
Il cambiamento in Germania dopo il 1989 ha portato Shelly Silver a fare un documentario “Former East/West” nel quale l’artista segue i recenti sviluppi attraverso significative interviste. Jennie Livingston cattura le sue impressioni filmiche nelle conversazioni dei berlinesi. Patrick Keiller ha girato al confine tra Polonia e Germania.
I film degli ospiti, del Berliner Künstlerprogramm, sono presentati ai più importanti festival internazionali come Cannes (Chen Kaige, István Szabó, Teresa Villaverde), Venezia (Otar Iosseliani) e Berlino (Jon Jost, Jim Jarmusch).
Al DFFB (German Film and Television Academy Berlin) e al Kino Arsenal, molti degli ospiti offrono seminari i cui soggetti sono i loro lavori e la situazione cinematografica nei loro paesi di origine. Con il suo lavoro più significativo “Narcissus and Psyche”, Gábór Bódy costruisce un ponte tra le avanguardie dell’Est e dell’Ovest dell’Europa e fonda il suo video magazine “Infermental” a Berlino.
La serie di Manifestazioni della sezione film sono concentrate su specifiche regioni e temi: “Film from the USA” mostrano i lavori di Ken Kobland, Ken Jacobs, Shelly Silver, Dan Eisenberg, Rafal Zielinski e Paul Budnitz; nelle serie "Das Auge des Wirbelsturms" sono stati inseriti i film che riguardano la storia di Berlino degli ultimi trent’anni; e le retrospettive sono state dedicate ai lavori degli ex ospiti del Berliner Künstlerprogramm.
Nel 2006, per la prima volta è stato conferito per gli Artists-in-Berlin Programme del DAAD, un premio per un cortometraggio, mostrato al Festival Internazionale di Berlino.
Il premio per i documentari del DAAD sottolinea la cooperazione a lungo termine con il Berlinale. Nel 2006 il premio per i cortometraggi del DAAD è stato assegnato alla regista Rony Sasson (Israele) per il suo film "Barburot".
Di nuovo nel 2007, la giuria internazionale dei cortometraggi ha scelto un concorrente dalla competizione per ricevere il premio DAAD. Il vincitore di quel anno è stato il regista turco Nesimi Yetik con il suo film "Annem Sinema Öğreniyor" (My Mother Learns Cinema, 2006, 35mm, 3 min, Turchia).
Il Berliner Künstlerprogramm può conferire in questo campo borse di studio per un breve periodo di tempo, principalmente per facilitare il lavoro in collaborazione con istituti di cultura nazionali e internazionali.
Sin dal 2004 il Künstlerprogramm è partner del network del teatro europeo “Theorem”. In questo modo, a Berlino sono promossi processi lavorativi e progetti concreti, dunque il Berliner Künstlerprogramm guadagna visibilità nella scena culturale di Berlino.
Gli inviti per venire a Berlino non sono decisi da una giuria, come nelle altre sezioni, ma sono estesi dai direttori del Programme. Tra il 2003 e il 2006, le collaborazioni sono realizzate con istituzioni come l’Akademie der Künste, Tanzwerkstatt Berlin, Hebbel-Theater e il Berliner Festspiele, oltre a famosi coreografi, artisti performativi e compagnie di danza inclusa “Combined Operation”(Zagabria), la “Gelabert-Azzopardi Companyia de Dansa” e la "Remote Control Productions" di Micheal Laub.

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3 Si deve ricordare la mostra “Migrazioni. Artisti Stranieri in Germania”, curata da Ursula Zeller e allestita da Daniele Marucca presso l’Albergo delle Povere di Palermo, inaugurata nel marzo del 2003.

4 F. Lucifora, L’arte sensibile della residenza, in Sotto quale cielo?, Electa, Milano 2011, p. 54.

5 L. Perelli, Public Art. Arte, interazione e progetto urbano, Franco Angeli, Milano 2006, pp. 15-17.

10 http://www.art4eu.net/ 11 gennaio 2013.

12 La storia della Fondazione Antonio Presti – Fiumara d’Arte, nasce negli anni Ottanta, esattamente nel 1983 quando, dopo la morte del padre Presti decide di abbandonare gli studi e dedicarsi completamente all’arte. Il 1983 coincide con la nascita della Fiumara d’Arte e l’incarico a Pietro Consagra per la realizzazione del monumento in ricordo del padre, La materia poteva non esserci. L’opera alta 18 metri è realizzata interamente in cemento ed è situata all’ingresso della Fiumara.

14 E. di Stefano, Il Genio di Palermo e la città laboratorio, in “Riso/Annex. I Quaderni di Riso, Museo d’arte contemporanea della Sicilia”, SACS sportello per l’Arte Contemporanea della Sicilia, n. 2 , vol. III, Electa, Milano 2009, p. 115.

15 Nel 2002 con il Goethe-Institut è stata realizzata la mostra “Intervento 1/Intervento 2”

16 Agrigento, 1975.

17 Barcellona Pozzo di Gotto, 1969.

18 Palermo, 1969.

19 Palermo, 1977.

20 Palermo, 1970-2012.

21 Palermo, 1966.

23 Cfr. in “Riso/Annex. I Quaderni di Riso, Museo d’arte contemporanea della Sicilia”, ETICO_F. 5 movimenti sul paesaggio, n. 2 , vol. V, Electa, Milano 2010. Il Museo Riso ha fatto della pratica di residenza un punto di forza, bisogna ricordare, oltre ETICO_F, Others Residence, in collaborazione con le Biennali di Atene, Istanbul e Marrakech, e Togli il fermo. Let it go, progetto di residenza in collaborazione con l’Accademia Americana di Roma.

24 A. Ferlito, Fondazione Brodbeck Contemporary Art, in “Riso/Annex. I Quaderni di Riso, Museo d’arte contemporanea della Sicilia”, I Luoghi dell’Arte, n. 1, vol. IV, Electa, Milano 2010, pp. 55-56.

26 Da una mia intervista a Nadia Brodbeck, ottobre 2013.

27 Curatore indipendente e docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.

28 Direttore della “Städtische Galerie im Lenbachhaus” di Monaco.

29 Nato a Oldenburg (Germania) nel 1976. Ha all’attivo numerose mostre personali nei più importanti musei d’Europa.

31 Ibidem.

32 Nato a Heidenheim nel 1977, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf. Ha esposto alla Kunsthalle di Düsseldorf, Colonia, Berlino, Monaco, Lussemburgo e Italia.

34 Artista svedese nato nel 1973 a Stoccolma. Vive e lavora a Malmö (Svezia). Vincitore di diversi premi e residenze artistiche. Andersson ha partecipato anche a diverse mostre collettive in Svezia, Francia, Portogallo e Stati Uniti.

35 Tratto dal poema Evolution (1930) del poeta svedese Nils Ferlin.

37 Classe 1970. Ha partecipato alle più importanti esposizioni internazionali, fra queste, Lenbachhaus di Monaco, la Biennale di Venezia nel 2003, il Centre Pompidou di Parigi, la Fondazione Trussardi di Milano, il Mart di Rovereto, il Ps1 di New York e la Biennale di Berlino.

38 Paolo Parisi nato a Catania nel 1965 vive e lavora a Firenze dove è tra i fondatori dello spazio Base / Progetti per l’arte. Dal 1991 espone il suo lavoro in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero. Dal 1993 è docente all’Accademia di Belle arti di Bologna e attualmente di Firenze e dal 2001 al 2003 ha collaborato alla didattica del Laboratorio di Giulio Paolini presso la Facoltà di Design e Arti dello IUAV di Venezia.

41 Curatore indipendente. Vive e lavora tra Lisbona e Loulé, Algarve, Portogallo.
Curatore di MOBILEHOME, scuola d’arte nomade, sperimentale e indipendente a Loulé. Professore del corso di Arti Visive all’Università dell’Algarve e al Master in fotografia all’Istituto Politecnico di Tomar. Direttore artistico dell’International Center for the Arts José de Guimarães che aprirà prossimamente, Guimarães, capitale europea della cultura 2012.

42 João Maria Gusmão (1979) e Pedro Paiva (1977) vivono e lavorano a Lisbona, Portogallo. Oltre le recenti esposizioni alla Kunsthalle di Düsseldorf e a Le Plateau di Parigi, si ricordano le seguenti partecipazioni: 27ª Biennale di San Paolo; 6ª Biennale di Mercosul; Manifesta 7; PhotoEspana 08; CCA Wattis Institute for Contemporary Arts in San Francisco; Kunstverein Hannover; Ikon Gallery, Birmingham; Centro Cultural Inhotim, Minas Gerais. Sono rappresentati dalla Galleria Graça Brandão, Lisbona, dalla Galleria Zero di Milano e dalla Galleria Fortes Vilaça di San Paolo.

44 Artista visivo, nato nel 1970 a Sancti Spíritus, Cuba. Ha conseguito la laurea in Industrial Design presso l’Havana Superior Institute of Design (ISDI, 1994). Successivamente, inizia un’esperienza di collaborazione con il nome ‘Ordo Amoris Cabinet’, dal termine latino che sta per ‘ordine’ e ‘amore’ (1994-2003). Attualmente Hernández vive e lavora a Düsseldorf, Germania. Esposti in tutto il mondo, i lavori di Hernández sono stati inclusi alla 51esima Biennale di Venezia (Arsenale, 2005), alla Biennale di Sao Paolo (2006), alla Biennale di Sydney (2006), alla Kunsthalle di Basel (2006), alla Haus der Kunst di Monaco (2010), alla Hayward Gallery di Londra (2010) e, più recentemente, con una retrospettiva, al MART di Rovereto (2011).

46 Bige Orer (Istanbul), Abdellah Karroum (Marrakesh), Xenia Kalpaktsoglou (Atene).

47 Nato a Leeds (Inghilterra) nel 1973. Vive e lavora a Istanbul.

48 B. Fasone, in Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea, La Collezione Palermo Palazzo Belmonte Riso, Electa, Milano 2012, p. 132.

49 Nato ad Atene nel 1977, dove vive e lavora.

50 B. Fasone, in Museo Regionale…, 2012, p. 144.

51 Ivi, p. 150.

52 Nato a Palermo nel 1976. Vive e lavora tra Palermo e Roma.

53 Nasce a Ragusa nel 1974, dove vive e lavora.

54 Duo artistico formatosi nel 2002. Composto da Barbara Gurrieri (Vittoria, 1978) ed Emanuele Tumminelli (Vittoria, 1977). Entrambi gli artisti vivono e lavorano a Vittoria (RG).

55 G. Iovane, Others Resident, in “Riso/Annex. I Quaderni di Riso, Museo d’arte contemporanea della Sicilia”, Others Mediterraneo, n. 1-2, vol. VI-VII, Electa, Milano 2011.

59 Il fenomeno artistico della performance inizia a svilupparsi negli anni ‘70, si tratta di un’azione che vede protagonista il corpo dell’artista attraverso la pratica di un’azione programmata.

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Temi di Critica - numero 13

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