teCLa :: Rivista #3

in questo numero contributi di Monica Preti-Hamard - Bénédicte Savoy, Nicoletta Di Bella, Carmelo Bajamonte, Iolanda Di Natale, Roberta Priori Marcella Marrocco.

codice DOI:10.4413/RIVISTA - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010

Giuseppe Agnello: contributi sulla stampa periodica allo studio della storia dell’arte siciliana dal tardo antico al Barocco di Iolanda Di Natale

L’attività di Giuseppe Agnello si inserisce a pieno titolo nel novero delle più significative espressioni di impegno civile e scientifico che il secolo appena trascorso ha generato. La sua è una vicenda senz’altro ammirevole data l’esemplarità di questa figura di studioso e “politico” in grado di offrire un contributo rilevante, pur se ancora di matrice erudita, allo sviluppo del sistema culturale regionale, proprio in funzione della sua partecipazione al più ampio panorama nazionale.

Questi aspetti, che saranno illustrati nelle pagine seguenti, rendono articolata e affascinante la sua opera, in un periodo cruciale per la cultura siciliana, qual è quello fra le due guerre, cui seguono i difficili anni della “ricostruzione”.

La formazione giovanile di Giuseppe Agnello[1] si svolge presso il Seminario di Siracusa, iscrivendosi nel 1910 al corso di laurea in Lettere Moderne presso l’Università di Catania. Guida e modello sarà per lui il Vescovo Luigi Bignami[2], che consapevole delle qualità del giovane lo esorta a lasciare la vita ecclesiastica per seguire quella degli studi[3]. Al prelato Agnello dedicherà una delle sue opere giovanili, Un Vescovo umanista. Luigi Bignami[4], pubblicata nel 1925. Abbandonata la vita clericale Agnello si dedica pienamente agli studi, particolarmente attratto dalle letterature neolatine e nel 1913 consegue, a pieni voti, la laurea in Lettere Moderne discutendo una brillante tesi dal titolo La leggenda di S. Oliva[5], relatore il Prof. Paolo Savj Lòpez[6], filologo formatosi presso la scuola fiorentina[7] che si riuniva intorno alla figura di Domenico Comparetti[8]. Qui il giovane studioso instaura importanti relazioni con la scuola fiorentina. L’influenza su di lui esercitata dai maestri fiorentini è evidente nel suo metodo storiografico improntato a quel positivismo di matrice scientifica che non può non essere ricondotto proprio agli sviluppi raggiunti in seno a quel cenacolo[9].

Declinata l’offerta del Prof. Savj Lòpez di proseguire l’attività di ricerca in Germania, nel 1913 Giuseppe inizia ad esercitare la professione di insegnante prima, nella scuola media di Adrano e, successivamente, presso il Liceo-Ginnasio “R. Settimo” di Caltanissetta[10]. La mia vita nel ventennio, opera di natura autobiografica, inserisce Agnello all’interno di quel florido filone della memorialistica degli storici dell’arte particolarmente fiorente tra Ottocento e Novecento, che sembra potersi ricondurre – come nota Gianni Carlo Sciolla – alla tradizione delle autobiografie di artisti e di storici dell’arte italiani, i cui precedenti illustri si trovano in primis in area tedesca, ma anche francese e anglosassone. Proprio negli anni in cui Agnello si appresta a pubblicare la sua autobiografia, escono il Diario di un borghese (1948 e 1962) di Ranuccio Bianchi Baldinelli, Riassumendo una vita. Note autobiografiche (1960) di Enrico Mauceri, Tempo di ricordi (1955) di Alfredo Gargiulo; opere che, idealmente, potrebbero tutte farsi risalire al primo illustre esempio di biografia di uno storico dell’arte, rappresentato dal volume di Adolfo Venturi, Memorie autobiografiche (1927)[11]. Inframmezzati al racconto delle tristi e difficili vicende che vedono il Nostro protagonista negli anni del fascismo e della coraggiosa resistenza al regime, in La mia vita nel ventennio emergono anche episodi legati alle amicizie con importanti archeologi e studiosi del tempo, con intellettuali impegnati nella comune lotta e, ancora, resoconti di viaggi, sempre in Italia (gli viene infatti imposto il divieto di recarsi all’estero). Proprio i legami con i più importanti studiosi del tempo, le loro visite, tra le quali si ricorda quella dello storico Adolf Schulten, di Benko Hovart e ancora quella di Eduard Sthamer, rappresentano per Agnello un momento di distensione e di svago. Assidui sono i soggiorni romani in occasione dei quali frequenta il salotto del principe Ruffo della Scaletta, intrattiene rapporti con Giuseppe Maragotti (direttore del settimanale “L’Idea”, de “L’Illustrazione Vaticana” e ancora di “Sicilia del Popolo”) e con Mario Recchi, fine intellettuale e critico d’arte, fondatore della rivista “Archivi”; partecipando anche agli incontri serali nella casa del Prof. Giulio Emanuele Rizzo[12].

A Firenze entra in contatto col Prof. Gaetano Pieraccini[13] e frequenta l’editore Attilio Vallecchi per il quale pubblica nel 1925 il saggio Paolo Orsi[14]; a Genova incontra Giovanni Ansaldo che gli propone di collaborare al “Lavoro”, con scritti di natura letteraria e non politica; a Milano rinsalda il legame con l’amico Francesco Cianciò, anche lui docente di lettere. Contatti e relazioni questi che ci permettono di meglio approfondire la figura dello studioso ed il suo lavoro di ricerca alla luce di quell’ampio clima di studi e contatti nazionali ed internazionali che lo vedono spesso protagonista.

Il volume che, come si ha avuto modo di anticipare, ricostruisce i difficili anni del ventennio fascista[15], prende avvio dall’anno 1919 quando, dopo nove mesi di permanenza in terra francese, a metà gennaio Agnello rientra in Sicilia[16].
La stabilità lavorativa e coniugale segna una nuova e più consapevole volontà di partecipazione: sono questi, infatti, anni di grande impegno, non solo in ambito politico, ma anche in quello degli studi. Proprio a partire dal rientro nella città di Archimede, infatti, iniziano a prender forma i primi e cruciali fondamenti di quelle ricerche che ne caratterizzeranno la ricchissima produzione scientifica. Siracusa viveva allora un clima di interessante fervore culturale e artistico, generatosi intorno alla figura di Paolo Orsi[17], archeologo di notissima fama, giunto a Siracusa nel 1890 in qualità di Ispettore degli Scavi e dei Musei. Lo stesso Agnello, ricordando le lunghe passeggiate, le lezioni e le campagne di scavo al seguito dell’illustre studioso, non mancherà mai di riconoscere il debito nei confronti di quell’uomo che era stato per lui maestro e modello indiscusso di cultura e preparazione.

L’interesse sempre più forte per la politica è, invece, alla base dello scritto pubblicato nel 1921, a seguito del discorso da lui letto in occasione dei festeggiamenti per il VI Centenario Dantesco: Passioni politiche e ire di parte nella vita di Dante[18]. Un comune destino sembra legare Agnello al sommo poeta: quello del perseguitato. Disattese le speranze di un ritorno ad una democrazia giusta e forte, anche a Siracusa nell’estate del 1920 era stata costituita la prima associazione fascista. Il fare politica viene vissuto da Agnello quale «strettissimo dovere di ogni cittadino che si preoccupi delle sorti della propria patria»[19]. Questa la ragione che lo spinge nel 1920 a costituire la sezione siracusana del Partito Polare Italiano[20], per il quale si presenta nella lista popolare alla elezioni del 1924, in aperto contrasto al listone fascista, pur consapevole di andare incontro a un «certo sbaraglio». Il difficile clima che precede le elezioni viene ancor più esasperato dalla pubblicazione del suo libello Il Carnevale politico nel siracusano[21]. I risultati delle elezioni, ben noti, costituiscono una delle pagine più tristi della storia della democrazia in Italia[22]. Imboscate, insulti, pedinamenti, intimidazioni si susseguono con regolarità quotidiana all’indirizzo dell’autore del Carnevale politico – volumetto giunto sin nelle mani di Mussolini[23] – cercando il regime di dimostrarne con ogni mezzo l’inconciliabilità della posizione politica assunta rispetto all’impiego statale.

Il 1925 è per Giuseppe un anno colmo di dolori, ma è anche il periodo in cui inizia a dedicarsi alacremente agli studi, coltiva con costanza quegli interessi per l’archeologia e per l’arte, emersi negli anni universitari e fiorentini ed ancora progrediti a seguito del proficuo contatto con Paolo Orsi. Con lo studioso di chiara formazione positivista, la cui attività, discostandosi dalla tradizione antiquariale, assume caratteri decisamente innovativi, Agnello, ha in comune la medesima frequentazione dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze[24].

La lezione in particolar modo del D’Ancona e del Comparetti[25], testimoni del cruciale passaggio dalla filosofia alla filologia e dalla storiografia filosofica a quella filologica, ma anche della crisi dell’idealismo di matrice tedesca e del prorompente imporsi al suo posto di tendenze propriamente positiviste, è riscontrabile, altrettanto fortemente, in Orsi quanto in Agnello[26]. Del resto è stata più volte messa in luce la filiazione dei suoi studi da quelle tematiche che, in tarda età, avevano attirato l’interesse del suo maestro[27], sotto la cui spinta e protezione prendono forma quei primi e fondamentali contributi sul Medioevo isolano[28]. Periodo questo, sino ad allora, poco investigato dagli studiosi locali, ad eccezione del grande storico Gioacchino Di Marzo, iniziatore di questo ricco filone di ricerche e approfondimenti, la cui figura è stata messa in luce anche da Roberto Longhi che ne ha posto in evidenza l’importanza degli studi sull’arte siciliana e sottolineato la validità delle attribuzioni[29].

L’approccio di Agnello nei confronti del Medioevo presenta un notevole passo in avanti rispetto agli studiosi siciliani a lui contemporanei, rivelando una particolare consonanza coi coevi studi sull’argomento portati avanti in ambito nazionale, in special modo, da Pietro Toesca[30], allievo di Adolfo Venturi, al quale può essere assimilato sia per affinità di temi (il Medioevo in primis) e tipologie di ricerche, sia per il convincimento della necessità di una salda ‘base estetica’, indispensabile a un corretto giudizio sull’arte. Quale risultato di questi primi studi tra il 1923 e il 1926 pubblica sugli annuari del 1923-24 e del 1924-25 del R. Liceo-Ginnasio “T. Gargallo”, da lui personalmente curati, due interventi che riscossero l’apprezzamento di Pietro Toesca e Benedetto Croce, rispettivamente intitolati Paolo Orsi e Siracusa Medievale. Monumenti inediti[31]. Quest’ultimo, ristampato presso l’editore Muglia di Catania nel 1926[32], segna l’esordio di Agnello storico dell’arte. Già da questa prima opera, se da un lato è evidente l’iniziale dipendenza nei confronti di quel filone di studi precedentemente avviato dall’Orsi[33], dall’altro si può intuire l’orientamento verso cui la ricerca dello studioso siracusano si stava autonomamente indirizzando. Il volume viene preparato e anticipato da una serie di articoli apparsi su importanti testate regionali e, soprattutto, nazionali. A partire dal giugno 1925, infatti, dalle pagine de “Il Giornale d’Italia” e “Il Mondo” si susseguono numerosi e nodali contributi dedicati dallo studioso alla ricostruzione e all’ampliamento delle conoscenze sull’arte bizantina e medievale, sino ad allora quasi del tutto inesplorate[34].

I diversi lavori monografici compilati dallo studioso durante tutto l’arco della sua vita, sono sempre preparati e anticipati da saggi ed articoli pubblicati sulla stampa periodica e dallo spoglio bibliografico emerge con chiarezza come il rapporto che lega le monografie agli interventi su stampa periodica possa essere considerato inscindibile: un continuo gioco di scambi e rimandi, approfondimenti, aggiornamenti e stralci, che è caratteristica propria di questa amplissima produzione scientifica, il cui alto grado qualitativo si accompagna alla ricchezza quantitativa e la cui ampiezza di temi viene piacevolmente supportata da un prosa scorrevole ed incisiva. Nonostante l’impegno profuso da Agnello nell’adempimento della sua professione, le pressioni affinché venga allontanato dall’insegnamento continuano con insistenza, raggiungendo l’allora Ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile che, poco più tardi, inviterà però lo studioso a collaborare alla Enciclopedia italiana[35]. Se il filosofo rifiuta di fare del Professore «un martire o un perseguitato politico», non dello stesso avviso si dimostra Pietro Fedele, succeduto a Gentile alla guida del Ministero della P.I. I primi di giugno del 1926 arriva l’ordine di trasferimento. Non pochi fedeli ed illustri amici, nonostante le sollecitazioni del Professore a desistere rispetto ad ogni tentativo di intervento in sua difesa, si espongono al fine di ottenere un provvedimento di revoca all’ingiusto trasferimento, tra tutti il senatore Paolo Orsi e il Vescovo Carabelli[36]. Ogni tentativo risulta nullo e solo pochi mesi dopo il trasferimento a Cento, in Emilia Romagna, il 24 agosto, Agnello viene raggiunto da un avviso del Gabinetto del Ministero della Pubblica Istruzione con cui gli si comunica che, per essersi posto in posizione di incompatibilità con le direttive generali del Governo, si procedeva alla sua definitiva dispensa dal servizio.

La risposta del Professore, esemplare nel rigore del ragionamento e, ancor più, nell’alto valore civile e morale, espressione della grande dignità dell’uomo, segna l’inizio di un lungo periodo da esiliato in patria[37]. In quegli anni di isolamento Agnello si dedica con ancor più passione e solerzia agli studi d’arte: indaga e riporta alla luce una Sicilia ancora inedita, riscoperta ed illustrata tra molteplici difficoltà, connesse ad uno studio tanto ampio e, sino ad allora, raramente praticato, condotto con sagacia, senza alcun sostegno da parte delle autorità. I risultati di queste impegnative indagini vengono pubblicati con un’intensità quasi frenetica, per lo più sotto forma di saggi e di articoli destinati alla stampa periodica: giornali quotidiani, settimanali e riviste.

Per tutta la durata del ventennio fascista, infatti, questa tipologia di interventi rappresenta l’unico modo a disposizione del «pericoloso sovversivo» per far sentire la sua voce di studioso e per diffondere i risultati del suo lavoro scientifico. Raramente, durante gli anni del regime, Agnello riesce ad ottenere l’appoggio di enti pubblici o di case editrici disposti a pubblicare i suoi lavori monografici, considerati, a tutt’oggi, uno dei più fecondi contributi allo studio della storia dell’arte siciliana dal tardo antico sino al Barocco.

Il ruolo assunto dalla stampa periodica tra il XIX e XX secolo è stato negli ultimi anni posto in rilievo dalla critica che ne ha evidenziato l’importanza rispetto sia al dibattito, sia alla divulgazione degli studi di storia dell’arte e dell’architettura[38]. Un fenomeno questo diramato e ricco di fecondi apporti di cui Agnello, come molti studiosi, risulta essere pienamente conscio: pubblica, infatti, non solo negli “Archivi Storici” regionali, ma anche in periodici come “L’Osservatore Romano”, “Siculorum Gymnasium”[39] e, ancora, “Brutium” di Alfonso Frangipane[40].

L’attività di Giuseppe Agnello, relativamente alle “cose di Sicilia”, espressa nei numerosi saggi, negli articoli, ma soprattutto nelle recensioni, lascia trapelare la fitta rete di scambi, di relazioni e di dialogo culturale che questo appartato studioso di Canicattini riesce a mantenere, anche in anni storicamente difficili, con la comunità scientifica italiana ed europea; relazioni e scambi che, proprio dalle pagine della stampa periodica, prendono corpo oltrepassando gli angusti confini dell’Isola. Fondamentale, in questo senso, l’amicizia col già citato Paolo Orsi, ma anche quella con Umberto Canotti-Bianchi[41], suo editore, cui è legato non solo dai comuni interessi culturali e scientifici, ma anche dalla medesima posizione politica che non di rado rende difficili e pericolosi i più semplici contatti fra i due studiosi, entrambi considerati pericolosi attivisti e, per questo, sempre tenuti sotto stretto controllo dalle forze di polizia del regime.

Ancora un’altra significativa amicizia, cui si è già in precedenza accennato, è quella che lega Agnello all’Arcivescovo Carabelli, al quale dedicherà nel 1933 un saggio breve: Monsignor Carabelli e l’arte[42]. È proprio l’Arcivescovo che, incurante dello sdegno generale espresso dalle più alte cariche del regime, in occasione della riapertura del Duomo di Siracusa, invita lo studioso a presenziare alla conferenza di presentazione del lungo e poderoso intervento di restauro. La conferenza, tenuta il 14 gennaio del 1927 presso il Palazzo Arcivescovile, a seguito della revoca della concessione del Teatro Comunale, nonostante l’inquietudine della vigilia e le voci di una possibile invasione del palazzo, è un successo; l’interesse dello studioso per le vicende artistiche inerenti il Duomo siracusano[43] è testimoniata dai numerosi articoli apparsi con continuità ininterrotta a partire dal 1926.

Questi studi, variegati ed ampi, sia per quantità, che per tematiche, consentono allo studioso di spaziare su argomenti molteplici, attraversando un arco di tempo che dal mondo greco classico giunge sin dopo il Settecento e di poter, inoltre, affrontare le più svariate sfaccettature dell’arte, da quella figurativa a quella decorativa, muovendosi liberamente dall’analisi del grande artista a quella del più oscuro artigiano[44]. Attratto inizialmente dalle vicende architettoniche, assolutamente eccezionali, del tempio cristiano, considerato monumento siracusano per eccellenza, Agnello ben presto allarga i suoi interessi anche ai molti tesori custoditi all’interno del Duomo.

Proprio in funzione della particolare attenzione da lui riservata alla storia e agli sviluppi dell’architettura, si è più volte proceduto alla sua identificazione – peraltro riduttiva – quale “storico dell’architettura”. Limitazione questa che non spiegherebbe, ad esempio, il grande interesse assegnato da Agnello all’approfondimento delle vicende legate alla Cappella del SS. Sacramento, detta “Torres” dal nome dell’Arcivescovo committente e fondatore, fonte illimitata di spunti per studi su artisti e artigiani operanti all’interno della Cattedrale siracusana nei secoli XVII e XVIII: Andrea Vermexio, cui si deve il progetto originario, insieme ai figli; i capimastri delle Regie Fabbriche, Antonio Greco, Cosimo Russo e Giuseppe Guido; gli scultori maltesi Michele Casanova e Marcello Gaffar, cui spetta la decorazione scultorea con angeli, sirene, putti e stemmi , solo per citarne alcuni.

Un’attenzione tutta particolare viene poi riservata a tre artisti: il pittore messinese Agostino Scilla, il romano Luigi Vanvitelli  e lo scultore fiorentino Filippo Della Valle. Il primo, cui si deve la decorazione pittorica della cappella, viene esaltato dallo studioso negli articoli Un ignoto frescante del Seicento: Agostino Scilla e Gli affreschi di Agostino Scilla nella Cappella del SS. Sacramento nella Chiesa Cattedrale di Siracusa. Agli altri due, artefici rispettivamente dello splendido ciborio e del paliotto marmoreo con l’Ultima Cena, Agnello dedica, tra il 1927 e 1967, numerosi articoli 
Al palermitano Ignazio Marabitti, il «più insigne rappresentante della scultura siciliana del XVIII sec.» e, peraltro, allievo di Filippo Della Valle a Roma dal 1740 ca., Agnello dedica un numero cospicuo di approfondimenti, principalmente connessi all’attività siracusana, con riferimento alla committenza chiesastica  e al Duomo; l’attività del rinomato scultore viene puntualmente confermata dalle preziose fonti d’archivio.

Del resto, è indubbio che la ricerca e lo spoglio del documento d’archivio, ai fini di un’attenta indagine storico-filologica, rappresentino per Agnello una delle principali linee di impostazione del lavoro dedicato alla ricostruzione e all’analisi delle problematiche concernenti tanto la storia dell’arte, quanto l’archeologia. Ai numerosi saggi ed articoli, lo studioso non manca mai di allegare una ricchissima messe di scritti e documenti rinvenuti presso archivi e biblioteche, frutto di una rigorosa ed attenta ricerca, spesso anche estenuante, da cui, anche in tarda età, non sembra in alcun modo potersi esimere.

Da questa passione per il documento d’archivio nascono, ad esempio, importanti interventi sulla stampa periodica  cui si devono aggiungere i diciassette saggi pubblicati sulla rivista “Archivi”, diretta da Mario Recchi, alla quale collabora dal ’37 al ’60, scrivendo nella sezione dedicata ai “Documenti d’Archivio per la Storia dell’Arte”.

Tornando agli studi dedicati al Duomo, in merito al rifacimento settecentesco del prospetto, Agnello concentra la sua attenzione su un altro artista, l’architetto Pompeo Picherali. Protagonista della ricostruzione di Siracusa, dopo il disastro tellurico del 1693, il nome del Picherali era riemerso solo agli inizi del XX secolo, quando Enrico Mauceri aveva pubblicato un contributo su “L’Arte” di Adolfo Venturi, dedicato alla maggiore chiesa siracusana.
Ma sarà proprio Agnello a far pienamente luce su questa figura di architetto e pittore  locale, vicino alla potente famiglia romana dei Colonna, attivo presso la chiesa del Carmine e in quella di S. Domenico e citato, in qualità di perito, nei lavori di rifacimento della facciata della Cattedrale61. Ancora, al periodo dei primi studi sul Duomo di Siracusa62 e, soprattutto, del suo restauro, risalgono le prime consapevoli prese di posizione nei confronti del cruciale tema della tutela dei beni storico-artistici63 – secondo grande polo d’interesse dei suoi studi – i cui presupposti teorici risalgono al principio del “restauro scientifico” di Gustavo Giovannoni64. L’analisi storico-critica, anche per Agnello, deve sempre essere accompagnata e verificata da un’attenta ricerca sul campo, facendo ricorso a sopralluoghi, rilievi, fotografie e ricerche documentarie finalizzate a restituire, nella sua interezza, il complessivo sistema storico e culturale. La salvaguardia del bene, inteso quale documento primario, da conoscere “in presa diretta”, risulta allora indispensabile, necessaria e propedeutica a qualunque studio scientifico o giudizio critico. Da questa convinzione prende forma quella battaglia che vedrà Agnello impegnato in prima fila nella sensibilizzazione rispetto a tematiche quali la tutela, la conservazione e la salvaguardia del bene storico-artistico e paesaggistico65.

Larga parte degli studi cui si è accennato (sia in materia propriamente di arte che di tutela) trova largo spazio su riviste collegate alla Chiesa: contrariamente all’atteggiamento delle istituzioni statali deputate alla diffusione e promozione della cultura, le istituzioni ecclesiastiche si dimostrano molto più attente al lavoro portato avanti dallo studioso siracusano che più volte è chiamato a collaborare con le principali testate scientifiche ed informative di arte sacra, quali: “Arte Cristana”, “L’Illustrazione vaticana”, “L’Osservatorio romano”, “Per l’Arte sacra”, “Presenza cristiana”, “Rivista di archeologia cristiana”, “Rivista diocesana di Siracusa” e “Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia”. Lo stretto legame con la Chiesa è, oltretutto, testimoniato dall’invito mossogli nel 1928 a far parte della Commissione per l’Arte Sacra della Diocesi di Siracusa (successivamente, nel ’46, verrà anche nominato ispettore onorario ai monumenti). La difficile ricostruzione delle origini del cristianesimo e del suo diffondersi nell’isola rappresenta uno dei campi di ricerca favoriti da Agnello.

A questo tema egli dedica però numerosi studi monografici incentrati sull’arte bizantina: risale al 1942 Paolo Orsi - Sicilia Bizantina66; al 1951 I Monumenti bizantini della Sicilia67, preludio al più celebre L’architettura bizantina in Sicilia68, edito nel 1952, in cui il campo di indagine viene dallo studioso allargato a tutta la Sicilia Orientale.
Il volume sembra idealmente porsi a completamento della monografia di Arduino Colasanti69 che, invece, aveva del tutto trascurato il “capitolo siciliano” nel complesso e articolato quadro italiano.

Questi lavori si presentano già per alcuni spunti che Agnello non mancherà di approfondire in tappe successive (soltanto con Palermo bizantina70 edito nel 1969, si potrà considerare completo essendo anche allargato a tutta la Sicilia, il quadro da lui dedicato all’arte bizantina) andando, non solo ad arricchire sempre più la storia dei monumenti d’arte del thema di Sicilia, ma anche a confermare quella convinzione che, da lui in poi, si riscontrerà in maniera ininterrotta in tutta la storiografia artistica, a sostegno della continuità culturale che il mondo bizantino ebbe in Sicilia almeno fino alla metà del XII secolo71. Anche nel caso di questi studi le monografie del Nostro vengono anticipate da importanti contributi destinati alla stampa periodica: a partire dal 1931 vengono pubblicati in puntate su “Arte Sacra” quattro articoli dedicati a Siracusa Bizantina (restituiti, in forma organica nel ’32 nelle pagine dell’“Archivio Storico per la Sicilia Orientale”); nel ’36, sempre in “Arte Sacra”, esce Architettura rupestre bizantina: Il cenobio di S. Marco nel Siracusano (su questo tema Agnello interverrà, tre anni dopo, al V Convegno Internazionale di Studi Bizantini tenutosi a Roma nel settembre del 1936); al 1951, invece, risale il saggio Monumenti bizantini della Sicilia, pubblicato su “La Nuova Italia” e ancora altri numerosi articoli72.
Si tratta di ricerche su monumenti ancora esistenti nella Sicilia orientale che testimoniano, con la loro sopravvivenza, il momento chiave della diffusione del cristianesimo nell’isola.
L’attenzione riservata dallo studioso a questo periodo storico, la volontà di affrontare tali studi secondo un più organico approccio metodologico, ha permesso di collocare tali preesistenze non solo nel novero della grande eredità greca, ma anche di quella latina, sino ad allora poco celebrata.

L’indagine sull’arte del periodo bizantino rappresenta solo il capitolo iniziale di uno studio che, ripercorrendo tutta la storia artistica isolana di età medievale, lo porterà progressivamente sempre più innanzi, spingendosi i suoi interessi sino al Barocco.

Agnello, infatti, più volte dimostra di considerare la produzione artistica isolana medievale, come frutto di
quella rinascita ellenizzante che, dopo il tramonto della civiltà classica, torna a palesarsi nel trionfo della cultura di derivazione bizantina73.

Se all’arte normanna Agnello dedica diversi interventi sulla stampa periodica74, pietra miliare dei suoi studi è, fuor di ogni dubbio, L’architettura sveva in Sicilia75, opera, ancor oggi attuale e ineguagliata, alla quale resta strettamente legato il suo nome76.
Il volume, già pronto nel 1931, su consiglio di Orsi, è inviato dall’autore all’Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte. Sebbene il manoscritto ottenga, in un primo momento, l’approvazione della Commissione e di Adolfo Venturi, rimane nei cassetti dell’Istituto per ben due anni, costringendo così lo studioso a ritiralo.

Le ragioni di una simile indifferenza non sono sicuramente da ricercare nella scarsa qualità del manoscritto che, sempre grazie all’intervento di Orsi, nel 1935, fu pubblicato nella “Collezione Meridionale” diretta da Umberto Zanotti-Bianco, ricevendo, appena un anno dopo, il premio dell’Accademia d’Italia, tra la sorpresa dell’autore e di coloro che malevolmente lo avevano sempre ostacolato e deriso.

Nel volume Agnello affronta con spirito decisamente pionieristico, data la povertà degli studi precedenti, l’analisi di una quindicina di edifici praticamente ignoti o dimenticati, spesso destinati ad altri usi impropri fra cui il castello Maniace di Siracusa, l’Ursino di Catania, il castello di Augusta, la Torre di Federico di Enna, monumenti cui, nello stesso anno, sarà dedicata la pubblicazione di Guido Di Stefano77.

L’intenzione di Agnello è quella di segnalare e illustrare un primo nucleo di monumenti di architettura militare, realizzati per volere di Federico II, attraverso la sua metodologia rigorosamente analitica che sappiamo basata sull’analisi stilistica e sulla ricerca documentaria al fine di restituirli correttamente al loro ambiente storico-artistico. Onde evitare di incorrere in troppo facili e arbitrarie deduzioni o di generalizzare su influenze e derivazioni, lo studioso si attiene sempre ad un esame il più obbiettivo possibile. Volontà questa che, fin dai primi scritti, caratterizza la sua produzione, rivelandone l’intento di fare più “storia” che “critica”.

Pur evitando quindi di formulare un giudizio critico, Agnello, già da L’architettura sveva in Sicilia, richiama l’attenzione su di un periodo storico all’interno del quale individua l’origine di una vera e propria rivoluzione artistica indissolubilmente legata alla figura del suo ideatore, Federico II, e che, proprio nell’isola, raggiunge la sua forma più compiuta. I suoi studi sull’architettura sveva, prendono le mosse da quelli del francese Emile Bertaux il quale, avvalendosi delle ricerche condotte sulla Sicilia dal collega Join-Lambert, aveva espresso l’idea della piena goticità dei castra federiciani e della loro discendenza da una vera e propria scuola, soprattutto in merito all’architettura militare78.

È interessante notare come nelle sue analisi comparative Agnello non trascuri di rintracciare affinità e rispondenze con l’architettura militare bizantina e musulmana, ponendo a confronto le espressioni artistiche dell’Africa settentrionale con quelle della Sicilia, rintracciando le relazioni con il gotico e con le architetture mediate dall’azione dei Crociati e quelle di derivazione propriamente cistercense.
Proprio queste argomentazioni, mai aprioristiche o fideistiche, rafforzano l’impianto teorico dello studioso che, come si è già detto, risulta sempre scevro da preconcette impostazioni ideologiche79. Alcuni particolari momenti dell’architettura federiciana vengono, oltretutto, discussi anche in diversi articoli pubblicati nel corso degli anni sul “Bollettino Storico catanese” dove compare nel 1940 Il Castello di Catania nel quadro dell’architettura sveva; al 1950 risale Lo stato attuale di monumenti svevi in Sicilia; in “Siculorum Gymnasium” sono pubblicati Monumenti svevi ignorati e Riflessi svevi nel Castello di Scaletta; in occasione della “Celebrazione Federiciana”, nel 1951, esce Arte ai tempi di Federico II. I monumenti svevi nel Siracusano; sulla rivista “Palladio”80 pubblica il saggio S. Maria della Valle o la «Badiazza» in Messina, sulla medesima rivista, un decennio prima era comparso un analogo contributo a firma del messinese Stefano Bottari81; e ancora Il Castello svevo di Prato, il Castello svevo di Milazzo82. Molti dei lavori sopra citati sono raccolti, con aggiunte e modifiche, nell’ultimo lavoro dedicato dallo studioso all’architettura sveva: L’architettura civile e religiosa in Sicilia nell’età sveva83, di cui già in L’architettura sveva era stata anticipata la preparazione e che, nonostante, la differente titolazione, voluta dallo Zanotti per ragioni editoriali, è concepito da Agnello come effettiva continuazione del primo. Il volume è incentrato sull’analisi di castelli minori o non pienamente riconducibili all’età federiciana o la cui originaria conformazione, altamente compromessa da superfetazioni, interventi ed adattamenti successivi, ne rende parziale la lettura (per esempio la Torre di Vindicari e quella di Menfi, il Catello di Rometta e quello di Agira o ancora S. Maria degli Alemanni a Messina)84. L’importanza riservata all’analisi dell’arte federiciana, in Sicilia, porta lo studioso a ribadire l’importanza di queste forme architettoniche, costruttivamente e stilisticamente intese che, spingendosi ben al di là dell’età federiciana, si propagano in epoca angioina ed aragonese, sino alla metà del Quattrocento, periodo in cui gli elementi ispani definitivamente prendono il sopravvento sulle reminiscenze sveve. La riscoperta della Sicilia medievale e rinascimentale deve sicuramente molto alla figura di questo studioso, le cui ricerche, pionieristiche nel campo, rappresentano uno dei maggiori contributi allo sviluppo degli approfondimenti sulla storia artistica isolana di questi secoli.
Studi che mantengono, ancor oggi, nell’impianto generale, la loro validità e coerenza85. Sebbene alcune posizioni siano state in tempi recenti riviste e spesso corrette, il contributo scientifico dato da Giuseppe Agnello rappresenta un significativo punto di partenza per tutti gli studiosi delle generazioni future, fra cui non si può non ricordare Giuseppe Bellafiore che al tema della Sicilia bizantina, normanna e sveva dedicherà due volumi: Architettura in Sicilia nell’età islamica e normanna (827-1194) e Architettura dell’età sveva in Sicilia (1194-1266)86. Se larga parte degli studi sin ora esaminati si concentrano sull’arte dei cosiddetti “secoli bui”, un consistente nucleo di saggi ed articoli viene riservato dallo studioso a tematiche che dal Rinascimento giungono sino al pieno Settecento. Già nel 1927, compare su “L’Osservatore Romano” un articolo dedicato a L’Annunciata di Antonello da Messina87. Ancora una volta Agnello, allora giovane esordiente, prende le mosse dal suo maestro Paolo Orsi che recatosi nel 1888 a Palazzolo Acreide, aveva personalmente voluto prendere visione dell’Annunciazione di Antonello da Messina, oggi conservata presso la Galleria Regionale di Palazzo Bellomo a Siracusa, opera ritenuta una delle più importanti fra quelle realizzate dal pittore precedentemente al soggiorno veneziano del 1475.

Nel sottolineare la profonda influenza esercitata nella Sicilia quattrocentesca dalle tendenze spagnole e catalane, evidente nella profusione dei broccati, nelle dorature, nei caratteristici sfondi a “estofado” – tendenza decorativa rappresentata da artisti gravitanti intorno alla corte di Alfonso d’Aragona, quali Pietro de Saliba88, Tommaso de Vigilia89 o Riccardo Quartararo90 –  Agnello rileva come anche Antonello non rifugga da queste tendenze, pur possedendo la sua arte una forte propensione all’eclettismo, che gli consente, inoltre, di fondere mirabilmente elementi fiammingheggianti con elementi gotici. Lo studioso individua nella prima produzione dell’artista elementi riconducibili alla scuola di Jacomart Baço – il riferimento è al S. Zosimo della Cattedrale di Siracusa – osservando che nella tavola dell’Annunciata iniziano a emergere «i primi germi del rinnovamento. La stilizzazione gotica, l’eccessiva ricerca di ornati, il rigidismo geometrico cedono il posto a una severa nudità ambientale, ad una schietta armonia divisionistica, ad una più diffusa vibrazione di colori […]. Le figure della Madonna e dell’Angelo appaiono ispirate ad una minore severità ascetica e animate quasi da un contatto più diretto colla realtà, da una più sincera osservazione della vita»91.

Affiora da queste pagine tutta la forza dello storico dell’arte, informato del dibattito nazionale e regionale, dai conoscitori e storici, quali G.B. Cavalcaselle, G. Di Marzo e G. La Corte, fino ai più recenti aggiornamenti di Adolfo e Lionello Venturi e di Stefano Bottari92, all’interno del quale il Nostro si inserisce a pieno titolo.

Allo studio, a lui sicuramente più congeniale, dell’architettura del primo Quattrocento, Agnello dedica L’architettura aragonese-catalana in Siracusa93, opera edita nel 1942 nella “Collezione Meridionale” diretta da Umberto Zanotti-Bianco. Il lungo saggio è incentrato particolarmente sulle vicende di due dei più bei palazzi siracusani, sino ad allora praticamente sconosciuti: Palazzo Gargallo sede della storica Camera Regionale (istituita dall’aragonese Federico il Semplice nel 1361 c.a.) e Palazzo Greco (oggi sede dell’Istituto del Dramma Antico), la cui fondazione viene fatta risalire a quel clima di straordinaria floridezza commerciale tradottosi, proprio nella prima metà del XVI secolo, in una eccezionale vivacità edilizia tra influenze esotiche e serena compostezza rinascimentale94. L’insediarsi nella città di un governatore, del personale della Magna Curia, delle magistrature speciali aveva generato – secondo lo studioso – una vera e propria competizione tra nobiltà spagnola e locale, che ebbe nella produzione architettonica le sue più interessanti manifestazioni. Il rinnovamento del volto edilizio di Ortigia andò così in profondità da caratterizzare indelebilmente l’aspetto della città tanto che, insieme al più tardo barocco, il connotato gotico-catalano ne rimane una componente di preminenza95. Agnello tornerà sul tema delle influenze spagnole sull’arte siciliana ancora in alcuni interventi: Influssi e ricordi spagnuoli nel Siracusano, Influssi e ricordi spagnuoli nel Ragusano pubblicati anche in lingua spagnola in “Revista Geográfica Española”; mentre approfondirà ulteriormente le caratteristiche dell’architettura catalano-aragonese, allargando l’analisi anche a quella della penisola, ne L’architettura aragonese-catalana nell’Italia insulare e continentale, saggio edito in “Rivista storica del Mezzoggiorno” nell’anno 196796.

Esclusi questi sporadici interventi, lo studioso, tratta organicamente il tema del Rinascimento nel 1964, relativamente alla sola Siracusa, in Siracusa nel Medioevo e nel Rinascimento. Nel volume ampio rilievo viene riservato oltre che all’architettura, anche alla locale scuola pittorica, indagando personalità che in molti casi restano ancor oggi celate nel buio. Si tratta di un’operazione di particolare interesse se si considera la trascuratezza con cui, per lungo tempo, la letteratura artistica nazionale e, purtroppo anche regionale, aveva affrontato lo studio dell’ arte siciliana dei secoli XV e XVI97. Si devono infatti al Di Marzo98 i primi studi pionieristici e sistematici sulla Sicilia rinascimentale, studi che hanno l’indiscusso merito di aver restituito alla storia nomi ed opere sino ad allora ignorati.

Se il contributo dato da Agnello alla rivalutazione dell’arte figurativa in particolare siracusana del Quattrocento99 non è rapportabile a quello del Di Marzo o di altri studiosi quali Mauceri, Bottari o Accascina100, ciò non ne limita la validità e l’accuratezza dell’analisi, attenta, anche a segnalare importanti tavole, degnissime di nota, se pur anonime. Si tratta di una serie di opere di grande interesse, perché punti di riferimento e di comparazione per l’identificazione di un comune centro di elaborazione locale101. Al di là delle attribuzioni avanzate, ciò che l’autore tiene a sottolineare nel volume è l’esistenza di una scuola locale improntata alla forte influenza che sugli artisti locali esercitavano i maestri spagnoli, catalani e barcellonesi – primo fra tutti il Borassà, alla cui influenza Agnello lega la prima produzione antonelliana – iniziatori e promotori di una attività artistica e industriale che in nessun’ altra città, come a Siracusa, seppe penetrare con sì tanta forza, in pittura quanto in architettura.

All’arte figurativa del XVI secolo il Nostro dedica numerose ricerche, ancora una volta pazientemente condotte tra archivi e attraverso sopralluoghi, volte a portare alla luce nomi ed opere a lungo dimenticate. Queste ricerche hanno, per esempio, permesso di fare luce su un pittore vissuto sullo scorcio del XVI secolo, attivo a Siracusa, quale Giuseppe Piccione102.

Ma i più significativi contributi dedicati dallo studioso all’approfondimento di questo periodo riguardano la fiorente stagione della scultura; numerosi sono quelli che si inseriscono all’interno dei più generali e già ricordati studi dedicati al Duomo di Siracusa, dove sono conservate pregevoli opere riconducibili a una delle più interessanti scuole fra quelle che la storiografia isolana possa annoverare, quella dei Gagini. In particolare lo studioso si occupa della Madonna della Neve e della S. Lucia103; opere del celebre Antonello di cui si conserva presso il Museo Bellomo di Siracusa anche un pregevole sarcofago realizzato nel 1506 per Giovanni Cardenas, Governatore della Camera Regionale. Agnello non manca di ricordare l’opera di Francesco Laurana (la Lastra tombale di Giovanni Cabastida, Governatore della Camera Regionale) e quella di Giovan Battista Mazzolo (il Monumento funebre di Eleonora Branciforti).

Il ricorso, come egli stesso precisa, ad artisti continentali che sappiamo da Di Marzo attivi in numerosi centri dell’isola, a Siracusa è ancora più motivato per il fatto che la città nella lavorazione del marmo non ha mai posseduto una tradizione locale di rilievo, così i grandi ordini religiosi e le casate patrizie si rivolgevano alle più rinomate botteghe della Sicilia occidentale, osservando anche che la città vantava una lunga e notevole tradizione nella particolare lavorazione della pietra calcarea.

Se, per gli interventi dedicati al Quattrocento e al Cinquecento, Agnello molto deve al suo conterraneo Enrico Mauceri, come dimostra la bibliografia di Siracusa nel Medioevo e nel Rinascimento104, tutt’altro respiro e autonomia possiedono gli studi dedicati al Barocco. L’interesse dello studioso per questo periodo storico – come nota il figlio Santi Luigi che affiancherà il padre in molte delle ricerche e degli approfondimenti sul Barocco – emerge in tempi decisamente precoci, come testimonia la recensione a Rinascimento e Barocco di Heinrich Wölfflin, pubblicata nel 1929 in “Per l’Arte Sacra”. Sicuramente è stata proprio la lettura di questo fondamentale saggio, pienamente inscrivibile all’interno di quella generale rivalutazione italiana (in primis Longhi) ed europea della produzione artistica del secolo XVII, ad avviarlo verso questi studi. Tale processo era allora ancora agli albori e, certamente, non si può affermare che si diffondesse con facilità negli ambienti intellettuali ed eruditi del tempo, soprattutto se si considera che un simile dibattito si originava in seno ad una cultura fortemente classicista ed ancora tutta incentrata sugli studi del Rinascimento, non solo a livello nazionale, e caso tipico è stato quello di Benedetto Croce, ma ancora più in ambito isolano.
Agnello, conscio di questa situazione, riguardo alla dimensione siciliana, afferma che sebbene alcuni approfondimenti, dovuti ad autori quali Salvatore Caronia Roberti105, Filippo Meli106, Alessandro Giuliana Alajmo107, Enrico Mauceri108, Maria Accascina109, avessero già portato a nuove ed importanti acquisizioni, la necessità di fare ancora molto, esigeva un continuo aggiornamento rispetto al contesto nazionale ed internazionale. A tal proposito ricorda come, anche nel quadro del nuovo interesse per il Barocco, promosso da Corrado Ricci intorno al terzo decennio del XX secolo110, la Sicilia fosse rimasta ancora relegata in una dimensione provinciale, a eccezione solo della rilettura critica di alcune emergenze architettoniche barocche come quelle di Palermo, Catania o Noto.

Lo storico siracusano in occasione del Congresso Internazionale di Studi sul Barocco (Lecce 1969) nel suo intervento su L’architettura barocca in Sicilia111, non manca, inoltre, di sottolineare il ruolo di apripista svolto dal veloce compendio sull’architettura siciliana che Enrico Calandra, architetto allievo di Ernesto Basile e Giuseppe Damiani Almeyda, pubblica con Laterza nel 1938112, dedicando due capitoli al Seicento e al Settecento. L’architettura barocca in Sicilia scritto ricco di notevoli spunti di riflessione, si pone come momento di sintesi dei molti studi portati avanti da Agnello sul tema ampio e variegato del Barocco; una serie di studi in forma di saggi e articoli apparsi su periodici e riviste a partire dal 1928 e sino al 1975, dedicati ad aspetti quanto mai vari e spesso scarsamente indagati, con particolare riferimento all’indagine sull’attività delle maestranze113. Tra questi un importante nucleo – successivamente raccolto in una intelligente monografia apparsa nel 1959114 – è dedicato alla famiglia dei Vermexio, architetti “proto barocchi”115, la cui bottega si forma intorno alle figure del già ricordato Andrea e del figlio Giovanni116. Le indagini condotte da Agnello, sempre attraverso l’indispensabile ricerca d’archivio, verificata e supportata da un’attenta analisi stilistica, hanno messo in rilievo la complementarietà tra l’attività di Andrea e di Giovanni, dove l’abilità del capofamiglia, ancora chiaramente incline a moduli tardo rinascimentali, viene perfezionata dal figlio e discepolo, capace di destreggiarsi tra il vecchio e il nuovo, muovendosi liberamente tra castigata sobrietà e tormentosa ricchezza, quest’ultima di impronta chiaramente barocca. A questa prestigiosa famiglia di architetti, cui lo studioso dedicherà il volume I Vermexio architetti ispano-siculi del secolo XVII edito nel 1959, va attribuita una vera e propria trasformazione della città: il loro nome si può ricondurre a più bei capolavori del XVII e XVIII secolo, simboli di quel ridestato desiderio di rinnovamento: il Palazzo Senatorio117, la Chiesa del Sepolcro di S. Lucia118, la Chiesa di S. Lucia extra moenia, la Chiesa e il Collegio dei Gesuiti119, la Chiesa di S. Filippo Neri, la Chiesa di S. Benedetto, la Chiesa di Monte Vergini120, il Palazzo Arcivescovile121 e la cappella Torres.

Con identica acribia, Agnello esamina anche altre figure di architetti dei secoli XVII e XVIII, pressoché ignoti, come per esempio Luigi Caracciolo, cui dedica due articoli dal titolo Un architetto ignorato del sec. XVII. Ma il suo interesse non si limita, certo, alla sola architettura e scultura, argomento su cui torna con uno scritto dedicato
allo scultore fiorentino Gregorio Tedeschi, attivo in Sicilia agli inizi del XVII secolo122 e autore di una S. Lucia (1634) collocata presso la Chiesa del Sepolcro123.

In due interessanti saggi, Note e documenti inediti su artisti ignorati del secolo XVIII in Sicilia e Pittori siciliani dei sec. XVI‑XVII‑XVIII, pubblicati sulla rivista “Archivi”, rispettivamente nel 1937 e nel 1947, lo studioso si occupa di una serie di artisti locali, sino ad allora poco noti, o addirittura sconosciuti: Luciano Alì, Ermenegildo Martorana, Gregorio Lombardo, Rosario Minniti, Giacomo Ferlito, Antonino Maddiona, Francesco Callia, Mario Cordua, Antonino Calvo, Antonino Bonincontro e Mauro e Giuseppe Troia124. La ricognizione sulla pittura cinque-seicentesca meridionale, non si limita alla riscoperta di figure ignorate e pressoché dimenticate. Agnello, infatti, dedica una serie di contributi molto interessanti a Mario Minniti125, sodale di Caravaggio, e al pittore calabro Mattia Preti126 artisti che colloca nella corretta prospettiva storica (avvalendosi anche di una importante mole di documenti provenienti dagli archivi locali), riconducendone la filiazione stilistica al naturalismo di matrice caravaggesca127.

Com’è risaputo, non fu solo il Minniti che, tra i giovani pittori siciliani, subì l’influsso di Michelangelo da Caravaggio. Il passaggio di quest’ultimo da Messina aveva sconvolto, non meno che a Roma, le frigide tradizioni accademiche dei pittori locali che, come i Catalano e i Comandè, tenevano allora incontrastato il campo. Non pochi seguirono la nuova maniera, ma solo due – il nostro pittore [Mario Minniti] e Alonso Rodriquez – riuscirono meglio ad assimilarla esprimendosi con atteggiamenti personali. Sono appunto queste comuni caratteristiche che rendono spesso così difficile l’esame del definitivo giudizio di attribuzione128.

 

Un interesse, quello per i caravaggeschi, perfettamente in linea con alcuni importanti filoni di ricerca della Storia e della Critica d’arte in Italia fra le due guerre, portati avanti da Lionello Venturi e da Roberto Longhi. In particolare, Longhi indirizzerà la grande stagione di studi sul naturalismo e sulla pittura barocca e ricordo solamente i contributi su Caravaggio, Mattia Preti, Orazio Borgianni. Proprio con Longhi, Agnello entrerà in contatto, dopo la pubblicazione di un articolo su una copia del Seppellimento di S. Lucia di Caravaggio (1608 ca.), allora custodita presso la chiesa del Collegio dei Gesuiti129. La tela, realizzata nel 1797 dal pittore-copista siracusano Raffaello Politi130, è stata oggetto di studio da parte di Agnello e giudicata positivamente da Longhi che tuttavia la esclude dal catalogo del Caravaggio, al quale era stata dubitativamente attribuita131. Dopo un ventennio di isolamento civile e culturale, nel 1943 a seguito dello sbarco delle truppe anglo-americane, Agnello si ritrova protagonista della vita cittadina, essendo chiamato a collaborare con le Autorità alleate per il riordinamento e la sistemazione dei servizi più urgenti132. A Siracusa è anche tra i fondatori del Partito Democratico Cristiano, eletto alla Consulta nazionale133 nel 1945 è presentato alle elezioni per la Costituente134. A questo periodo risalgono due volumi frutto dell’impegno politico e letterario: Buona sera colonnello Stevens135 e Chi farà il processo al fascismo?136. Boicottata la candidatura, il 18 marzo 1947 Agnello viene espulso dal partito. Abbandonata la militanza politica lo studioso si dedica completamente alle sue ricerche e all’insegnamento. Già nel 1943 era stato chiamato dall’Università di Catania a reggere la cattedra di Archeologia Cristiana137.
A seguito di revisione di concorso Agnello, nel 1948, riprende la docenza, vincendo la cattedra di Archeologia Cristiana sempre presso l’Ateneo catanese, presso cui insegnerà sino al 1959 (anno del pensionamento) per poi nuovamente rientrarvi due anni dopo, usufruendo della legge promulgata nel ’59, che prevedeva l’innalzamento dell’età pensionabile a settantacinque anni per coloro i quali, a causa della persecuzione fascista, avevano subito un ritardo della carriera. Dal 1949 al 1957 gli viene affidato anche l’insegnamento di Storia delle Religioni e nell’anno accademico 1949-50 assume la cattedra di Storia dell’Arte Medievale e Modena, ricoperta da Stefano Bottari138 che si era trasferito a Bologna.

Si è lungamente discusso in occasione delle giornate di studio dedicate all’attività scientifica di Agnello139 sulla possibilità di inquadrarne le ricerche all’interno di quello che è l’ambito di pertinenza dell’Archeologia Cristiana. È indubbio che, quando lo studioso assume l’incarico presso l’Ateneo catanese, pur avendo già fornito importanti contributi sull’arte paleocristiana, il nucleo più significativo di studi e di ricerche era nell’ambito della storia dell’Arte Medievale. Agli anni dell’insegnamento universitario risalgono le più sistematiche ricerche inerenti necropoli, cimiteri subdiali e ipogei del siracusano, tuttavia, non si possono trascurare alcuni articoli apparsi già a partire dal ’26140, relativi ad indagini condotte su monumenti paleocristiani e bizantini quali la Chiesa di S. Pietro141 o la Chiesa dei Santi Giovanni e Marziano142. Al di là delle difficili inclusioni dell’attività di Agnello all’interno di una o dell’altra disciplina, risultano particolarmente significative le parole pronunziate da Salvatore Russo143, Presidente della Società Siracusana di Storia Patria, Istituto di Studi Storici144. Lo stesso Agnello nel discorso letto in occasione della prolusione dell’anno accademico 1948-49, oltre a fissare l’ambito epistemologico della disciplina, richiamando alla necessità immediata di un programma di ricerche e scavi volti al recupero del documento primario e insostituibile che è il monumento in se stesso, dimostra anche di considerare in una chiave moderna e innovativa la stessa periodizzazione, scavalcando i limiti tradizionali della disciplina e allargando quindi il campo di studi dell’Archeologia cristiana oltre il IV secolo, sino all’età araba.

Alla luce di ciò, si può meglio comprendere l’impostazione riservata a numerosi studi, molti dei quali sono da lui raccolti e poi pubblicati in Le arti figurative nella Sicilia bizantina145. Mi riferisco agli articoli scritti lungo un esteso arco di tempo che va dal 1928 al 1959 e che rivelano la propensione di Agnello verso tutte le forme dell’arte; attenzione che diviene palese anche negli articoli dedicati alle arti applicate, argomento particolarmente caro allo studioso146, come attestano numerosi articoli dedicati a questi particolari manufatti147. Negli approfondimenti sulla Sicilia di età bizantina che compie negli anni della piena maturità, Agnello pone in risalto come ancora nei due decenni a metà dello scorso secolo, fosse ancora poco noto e quindi di difficile analisi critica, l’analisi degli avvenimenti artistici intercorsi in quel periodo che iniziato nel 535 con la riconquista della Sicilia per opera di Belisario, poteva ritenersi concluso nell’827 solo sulla carta politica, dal momento che la dimensione culturale prevalentemente greca continuerà in Sicilia ben oltre e nonostante la parentesi musulmana148. Tale conclusione viene supportata dallo studioso facendo ricorso ad un orizzonte storico quanto mai ampio, in studi che spaziano dall’architettura, sino a temi propri dell’archeologia cristiana (pittura paleocristiana, catacombe o santuari rupestri…).

Come già sottolineato, il problema della ricostruzione delle origini del cristianesimo, in primis, per la città di Siracusa e, successivamente, anche per la Sicilia nel suo complesso, costituisce uno dei perni fondamentali attorno al quale si muovono e prendono forma i numerosi studi di Agnello ai quali va riconosciuto il merito di avere riportando alla luce un’età, quella paleocristiana, allora ancora poco indagata e conosciuta149.

Indubbiamente, come accennato all’inizio di questo scritto, le prime ricerche dedicate alla Sicilia paleocristiana, nascono certamente da quell’interesse per l’Archeologia, da lui vissuto quale momento di verifica analitica delle notizie provenienti dalle fonti letterarie; due discipline intese come complementari e sussidiarie l’una all’altra.Si deve ribadire che un ruolo fondamentale, nell’ipostazione metodologica e nell’approccio alla disciplina, gli era pervenuto dal contatto con Paolo Orsi, a cui va attribuito il merito di avere, per primo, posto come necessaria un seria campagna di scavo, volta a restituire alla città siracusana, la sua importante storia non solo pagana, ma anche cristiana. Almeno fino alla seconda metà dell’Ottocento, infatti, la cultura archeologica in Sicilia non si era occupata del periodo tardo antico, se non per riferimenti sporadici di carattere informativo. Alle campagne di scavo condotte dal Nostro si deve il riconoscimento dell’importanza della Siracusa sotterranea di età cristiana, essendo emerso un quadro totalmente nuovo delle catacombe di S. Lucia (la cui superficie venne quadruplicata rispetto a quella rilevata dall’Orsi) e di quella della Vigna Cassia. Sempre a lui si deve anche una attenta ricognizione, fondamentale per sua stessa ammissione, “delle campagne”, “dei monti”, “del suburbio”, del territorio limitrofo alla città.

Da docente spinge i suoi allievi a non limitarsi alla sola area del siracusano, spronandoli a cercare ed ad indagare anche i diversi luoghi d’origine, estendendo così le ricerche a quei siti nei quali lui stesso, in prima persona, non sempre era nelle condizioni di recarsi. Molte di queste ricerche sia seguite personalmente da Agnello, sia sotto la sua supervisione, dai suoi allievi sono state pubblicate nella “Rivista di Archeologia Cristiana”, organo ufficiale della Pontificia Commissione di Archeologia Cristiana150, che nel 1951 affida allo studioso l’incarico di Ispettore per le Catacombe di Siracusa e della quale diviene membro nel 1957; dal 1950 al 1960 è anche consultore della Pontificia Commissione centrale per l’Arte Sacra151.

Un’intensità eccezionale quella che caratterizza la produzione scientifica di Agnello. Con ritmo insistente si succedono, oltre ad una importate monografia dedicata alla Pittura paleocristiana della Sicilia152, anche numerosissimi saggi apparsi su “Nuovo Didaskaleion”153, su “Presenza Cristiana”, su “Italia Nostra”, su “Palladio”, su “Siculorum Gymnasium”154. Su testate giornalistiche locali e nazionali (“La Voce di Siracusa”, “Settegiorni di Siracusa”, “L’Osservatore romano”, “La Sicilia”) vengono inoltre pubblicati, a partire dal 1960, diversi articoli spesso firmati “SIGMA”155.

Nell’ambito degli studi di Archeologia va anche ricordata un’iniziativa di particolare merito, che vede Agnello non solo quale ideatore, ma anche come primo promotore: a lui il merito di aver dato avvio ai Congressi Nazionali di Archeologia Cristiana156 (di cui a partire dal 1952 sarà Presidente del Comitato scientifico157), il primo dei quali si svolge proprio a Siracusa nel 1950. Si tratta di una progetto di particolare rilievo volto, da un lato a stimolare gli scavi e le ricerche a livello sia nazionale che locale, dall’altro a richiamare l’attenzione su una disciplina, sino ad allora, di appannaggio quasi esclusivo della Chiesa e dei suoi funzionari. Con questi Congressi, Agnello rivendica anche per l’Archeologia Cristiana un ruolo di guida all’interno delle ricerca scientifica, tanto nelle Università quanto a livello delle Sovraintendenze.

La Bibliografia compilata dal figlio dello studioso, Santi Luigi con la collaborazione di Giuseppe Palermo, conta 619 testi, tra monografie, saggi su periodici e articoli su giornali158.

Giuseppe Agnello muore a Siracusa il 28 settembre 1976.

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[1]             Giuseppe Agnello nasce il 5 febbraio del 1888 a Canicattini Bagni, piccolo centro della provincia di Siracusa. Maggiore di due figli, è da subito destinato al seminario, per volere della madre e dello zio sacerdote, Giuseppe Cultrera. Per la ricostruzione della vita e della produzione dello studioso, oltre che alle informazioni gentilmente fornite dal nipote Prof. Giuseppe Agnello, si è fatto riferimento ai volumi: Per Giuseppe Agnello, Società Siracusana di Storia Patria, Siracusa 1977; Giuseppe Agnello. Atti delle Giornate di studio nel decennale della scomparsa, a cura di S.L. Agnello (Canicattini Bagni-Siracusa, 28-29 novembre 1986), Flaccavento, Siracusa 1993; G. Agnello, La mia vita nel ventennio, Mascali Editore, Siracusa 1962 e S.L. Agnello, G. Palermo, Bibliografia degli scritti di Giuseppe Agnello, Quaderni della Società Siracusana di Storia Patria, III, Siracusa 1978.

[2]            Su Luigi Bignami, cfr. V. Maraschini, Un Vescovo Milanese-Siciliano. Mons. Luigi Bignami Arcivescovo di Siracusa, (con presentazione di Ettore Baranzini, Gasparini), Tip. Tipez, Milano 1942.

[3]             La lettera datata 11 luglio 1910 fa parte della corrispondenza tra il Vescovo Bignami e il Prof. Agnello; ne viene riportato un frammento in G. Giarrizzo, Prefazione a Il Carnevale politico nel Siracusano, a cura di G. Agnello, Comitato Nazionale A.N.P.I., Siracusa 1985 (ristampa del volume edito dalla Società Tipografica di Siracusa, Siracusa 1924), p. VIII.

[4]            G. Agnello, Un Vescovo umanista. Luigi Bignami, Società tipografica, Siracusa 1925. Il volume riporta il discorso tenuto da Agnello in occasione della commemorazione del Vescovo nel terzo anno dalla sua scomparsa, organizzata dal Circolo della Libertà Cattolica. Il discorso è stato pubblicato preceduto da una introduzione e seguito da una postilla. Si vedano anche gli altri scritti dedicati al Vescovo: G. Agnello, Un vescovo umanista, in “Il Popolo”, 22 marzo 1925, p. 3; Id., Mons. Bignami ed il suo sogno di rinascita del duomo, in “Foglio ufficiale dell’Arcidiocesi di Siracusa”, suppl. XV – 6, 1926, p. 3.

[5]            La tesi, pubblicata sotto forma di saggio nel 1925, è preceduta da numerosi studi, nel corso dei quali il giovane laureando si cimenta con la lingua tedesca, acquisendone ben presto la completa padronanza, supporto questo funzionale e indispensabile alle indagini cui verteranno i successivi studi.

[6]            Sull’eminente filologo Paolo Savj Lòpez, (Torino 1876 - Napoli 1919), si veda: F. Picco, Opere di Paolo Savj-Lòpez, Athenaeum, Pavia 1920; L. Sorrento, Paolo Savj Lòpez: commemorazione letta nell’aula Magna della R. Università di Catania il 16 giugno 1919, Tip. Santo Garufi, Catania 1920; M. Marescalchi, Paolo Savj Lòpez, Direzione della Nuova Antologia, Roma 1921. Sul debito scientifico dell’Agnello nei confronti di colui che fu il suo primo maestro, cfr. A. Prandi, Per Giuseppe…, p. 25 e P. Testini, Giuseppe Agnello, in “Archivio Storico Siracusano”, n. IV, 1975-76, p. 7.

[7]             Mi riferisco alla Scuola di Studi Filologici e Letterari dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze, formatasi a partire dal 1860 intorno alle emblematiche figure del Comparetti e del D’Ancona. Si veda a tal proposito E. Garin, La cultura italiana tra ‘800 e ‘900, Laterza, Bari 1962.

[8]            Sulla figura di Domenico Comparetti, cfr. G. Pugliese Carratelli, ad vocem “Comparetti Domenico”, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 27, pp. 672-678 e Domenico Comparetti tra antichità e archeologia, individualità di una biblioteca, catalogo della Mostra (Firenze 1998), a cura di M.G. Marzi, Il ponte, Firenze 1999.

[9]            Il figlio dello studioso Santi Luigi sottolinea l’importanza che l’ambiente dell’Istituto Superiore toscano ebbe nella formazione non solo culturale del Nostro, proponendola, anche in virtù del contatto, avvenuto negli anni fiorentini, con l’emblematica figura di Gaetano Salvemini, quale chiave di lettura della futura presa di posizione civile e morale del genitore nei confronti del diffuso malcostume politico del Mezzogiorno d’Italia e delle vergognose ingerenze del regime fascista.

[10]          Dopo un breve periodo di insegnamento a Catania, chiamato alle armi, prende parte alle operazioni militari sul fronte francese inquadrato in un reparto delle T.A.I.F. (Truppe Ausiliarie Italia-Francia). A Siracusa, nel 1915, incontra Pia Accardi, giovane professoressa di origini toscane. A questa donna dal temperamento deciso e coraggioso Agnello dedicherà nel 1962 il volume autobiografico La mia vita nel ventennio, Mascali Editore, Siracusa 1962.

[11]           Si veda a tal riguardo G.C. Sciolla, L’autobiografia di Enrico Mauceri e le memorie degli storici dell’arte tra Ottocento e Novecento, in Enrico Mauceri (1860-1966). Storico dell’arte tra connoisseueship e conservazione, Atti del Convegno internazionale (Palermo 27-29 settembre 2007) a cura di S. La Barbera, Flaccovio, Palermo 2009, pp. 59-66.

[12]           Melilli (Siracusa) 1869 – Roma 1950. Fu Archeologo, studioso di arte e numismatica antica, collaborando a Siracusa con Paolo Orsi e quindi funzionario nell’amministrazione delle Belle Arti presso il Museo Nazionale di Napoli e presso di Roma partecipando alle campagne degli scavi del Foro e del Palatino. Nel 1907 vinse il concorso per la cattedra di Archeologia presso l’Università di Torino, insegnando successivamente anche a Roma e a Napoli. Tra le sue numerose opere ricordo Teatro Greco (1916), La pittura ellenistico-romana (1930), Prassitele (1932), Monete greche della Sicilia (1946).

[13]          Firenze 1864-1957. Sull’illustre figura, cfr. Gaetano Pieraccini. L’uomo, il medico, il politico (1864-1957), catalogo della mostra (Firenze 19 maggio - 21 giugno 2003) a cura di F. Carnevale, Z. Ciuffoletti, M. Migliorini Mazzini, M. Rolih, Olschki Editore, Firenze 2003.

[14]          G. Agnello, Paolo Orsi (con bibliografia inedita in appendice), Vallecchi Editore, Firenze 1925.

[15]          Sul fascismo si veda S. Lupo, Il fascismo: la politica di un regime totalitario, Donzelli editore, Roma 2000.

[16]          Dopo esser stato assegnato all’Ufficio pensioni di Siracusa, sul volgere dell’anno, torna finalmente all’insegnamento; divenuto professore di ruolo, esercita la professione presso il Liceo-Ginnasio di Reggio Calabria fino al 1920 quando fa rientro a Siracusa, assegnato al Liceo-Ginnasio “T. Gargallo”.

[17]          Paolo Orsi (Rovereto 1859-1935) compie la sua formazione a Vienna, a Padova e a Roma (presso la Regia Scuola Italiana di Archeologia) e a Firenze, dove approdato nel 1885, in qualità di bibliotecario alla Biblioteca Nazionale Centrale, si accosta all’entourage del Comparetti. Inviato a Siracusa nel 1890 Orsi dà subito avvio ad una serie intensissima di ricerche che gli consentono di tracciare il primo quadro storico, sistematico delle originarie culture dei Siculi della Sicilia preellenica. A tal proposito, cfr. G. Libertini, Centuripe a Paolo Orsi animatore e Maestro degli studi di antichità siciliane, Libreria Tirelli, Catania 1926; U. Zanotti Bianco, Paolo Orsi, Palermo 1921; Bibliografia degli scritti di Paolo Orsi, con prefazione di S. L. Agnello, a cura di A.M. Marchese, Scuola normale superiore, Pisa 2000.

[18]          G. Agnello, Passioni politiche e ire di parte nella vita di Dante, Società Tipografica, Siracusa, s. d. [ma 1921]. L’intervento esaminava la figura di Dante, non quale poeta, esaltando, piuttosto, rilevandone la civiltà e la nobile umanità con le quali il sommo poeta, seppe conciliare «passioni politiche» e «desiderio di redenzione morale».

[19]           Id., La mia vita…, p. 79.

[20]          Il P.P.I. fu fondato nel 1919 da Don Luigi Sturzo al quale Agnello era legato da una profonda stima, testimoniata anche da una affettuosa corrispondenza. Due lettere sono riportate in G. Agnello, La mia vita…, pp. 104-105. A questo periodo risalgono numerosi articoli inviati a “Il Popolo”, in cui lo studioso compie una chiara disamina della convulsa situazione politica di quegli anni. Si vedano a tal proposito: G. Agnello, Fascismo e massoneria, in “Il Popolo”, 24-25 aprile 1923; Id., Il risveglio massonico, ivi, 30 aprile-1maggio 1923; Id., Disordini durante una processione, ivi, 18-19 maggio 1923; Id., Equivoco massonico-fascista, ivi, 8-9 giugno 1923; Id., Attendo l’on. Mussolini, ivi, 13-14 giugno 1923; Id., Sindacalismo fascista in tribunale, ivi, 20-21 giugno 1923; Id., Violenze sindacali fasciste condannate, ivi, 30 giugno-1 luglio 1923; Id., Vibrata protesta dell’Ordine dei medici, ivi, 27-28 settembre 1923; Id., Echi della fasta della Vittoria. Commemorazioni e conflitti a Siracusa, ivi, 14-15 novembre 1923; Id., Convegno popolare a Siracusa, ivi, 28-29 dicembre 1923; Id., Gravi provocazioni fasciste contro giovani cattolici siracusani, ivi, 19 febbraio 1924; Id., Spedizione punitiva fascista contro manifesti popolari, ivi, 13 marzo 1924.

[21]          Id., Il Carnevale politico nel siracusano, Società Tipografica, Siracusa 1924. Il volume verrà ristampato nel 1985 con una prefazione introduttiva curata da G. Giarrizzo. Il volumetto pubblicato dall’autore con la precisa volontà di intervenire in forma pubblica in risposta ai violenti attacchi provenienti dalle fila del fascio, raccoglie parte degli articoli comparsi in forma sfusa sul quotidiano politico “Il Popolo”..Si tratta nello specifico degli articoli: G. Agnello, I partiti politici nel Siracusano. Liberismo – Democrazia – Radicalismo, in “Il Popolo”, 7 dicembre 1923; Id., Dopo il convegno dei Prefetti a Siracusa, ivi, 13-14 dicembre 1923; Id., I partiti politici nel siracusano. Il socialismo, ivi, 28-29 dicembre 1923; Id., I partiti politici nel siracusano. Il Fascismo, ivi, 16 gennaio 1924; Id., I partiti politici nel siracusano. Il Popolarismo, ivi, 7 febbraio 1924.

[22]          Sulle elezioni del 1924 si veda G. Agnello, La colossale tratta dei bianchi nel siracusano, in “Il Popolo”, 19 aprile 1924.

[23]          Id., La mia vita…, pp. 54-55.

[24]          Cfr. Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana tra ‘800 e ‘900. L’area fiorentina, a cura di E. Capannelli, E. Insabato, Olschki, Firenze 1996.

[25]          Cfr. C. Gambaro, Domenico Comparetti e il suo contributo all’archeologia, Tesi di laurea in Storia dell’archeologia classica, Università degli Studi di Firenze, a.a. 1988-1989, relatrice prof. Maria Grazia Marzi; Domenico Comparetti tra antichità e archeologia. Individualità di una biblioteca, Catalogo della mostra (Firenze, 28 gennaio-28 febbraio 1998) a cura di M. G. Marzi, Il Ponte, Firenze 1999.

[26]          A tal proposito si veda C. Dionisotti, Ricordi della scuola italiana, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1998.

[27]           G. Agnello, Paolo Orsi....

[28]           Si ricorda a tal proposito il contributo pionieristico fornito a questi studi da Adolfo Venturi; per un approfondimento, cfr. A. Iacobini, Adolfo Venturi pioniere di una disciplina nuova: la storia della miniatura in Adolfo Venturi e la storia dell’arte oggi, Atti del convegno (Roma 25-28 ottobre 2006), a cura di M. d’Onofrio, Edizioni Panini, Modena 2008, pp. 269-286.

[29]           Sul contributo fornito dal Di Marzo alla rivalutazione degli studi sull’arte siciliana medievale si è fatto riferimento alla registrazione audio, gentilmente messami a disposizione dalla Prof.ssa S. La Barbera, dell’intervento tenuto da M. Andaloro in occasione del Convegno di Studi su Gioacchino di Marzo e la Critica d’arte nell’Ottocento, (Palermo 14-16 aprile 2003) a cura di S. La Barbera. Si veda pure a tal proposito: S. La Barbera, Di Marzo e “La Pittura in Palermo nel Rinascimento”, in Gioacchino di Marzo e la Critica d’arte nell’Ottocento…, pp. 168-180.

[30]          Sulla figura del Toesca, cfr. R. Longhi, Pietro Toesca, in AA.VV., Letteratura italiana. I critici, vol. V, Marzorati, Milano 1987, pp. 3347-3351.

[31]           G. Agnello, Paolo Orsi, in “R. Liceo-Ginnasio T. Gargallo” di Siracusa. Annuario per l’anno 1923-24, Società tipografica, Siracusa 1924 e Id., Siracusa medievale. Monumenti inediti, in “R. Liceo-Ginnasio T. Gargallo” di Siracusa. Annuario per l’anno 1924-5, Società tipografica, Siracusa 1925.

[32]           Id., Siracusa Medievale. Monumenti inediti (Con illustrazioni fuori testo), Muglia Editore, Catania 1926.

[33]           Si vedano a tal proposito P. Orsi, Incensiere bizantino della Sicilia, in “Byzantinische Zeitschrift”, V, 1896, p. 567-569; Id., Chiese bizantine nel territorio di Siracusa, ivi, VII, 1898, p. 1-28 ; Id., Stauroteca bizantina in bronzo di Ragusa Inferiore (Sicilia), in “Roemische Quartalschrift für christliche Alterthumskunde und für   Kirchengeschichte”, XV, 1901, p. 345-351.

[34]           G. Agnello, L’Arte bizantina in Sicilia, in “Il Giornale d’Italia”, (Cronaca siciliana), 26 giugno 1925; Id., Arte bizantina I, in “Il Giornale d’Italia”, (Cronaca di Siracusa), 2 agosto, 1925; Id., L’Arte medievale a Siracusa, in “Il Mondo”, 18 agosto, 1925; Id., Castel Maniace e l’arte imperiale sveva a Siracusa, ivi, 23 agosto 1925; Id., Siracusa bizantina, ivi, 28 agosto 1925; Id., Arte bizantina II, in “Il Giornale d’Italia”, (Cronaca siciliana), 20 ottobre 1925; Id., L’architettura sotto gli aragonesi, in “Il Mondo”, 29 ottobre 1925; Id., Medio-Evo inedito, in “Il Popolo”, 6 novembre 1925. 

[35]          Cfr. G. Agnello, Siracusa (Archeologia e arte: Medioevo ed età moderna), in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, XXXI, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1936, pp. 873-874 e le voci Squillace (Medioevo ed età moderna), Ibidem, XXXII, p. 430 e Stilo (Arte: Medioevo ed età moderna), Ibidem, p. 739.

[36]          Il Vescovo Carabelli, succeduto alla cattedra arcivescovile siracusana, alla morte del Bignami, intrattiene con Agnello un rapporto di affettuosa amicizia.

[37]           Sulla corrispondenza tra Agnello e i funzionari del Ministero della P.I., cfr. G. Agnello, I documenti di un esonero, Tipografia Santoro, Siracusa, s.d. [ma 1926].

[38]          Riviste d’arte tra Ottocento ed Età contemporanea. Forme, modelli e funzioni, a cura di G.C. Sciolla, Skira Editore, Milano 2004.

[39]          Si veda per esempio G. Agnello, Monumenti svevi ignorati, in “Siculorum Gymnasium. Rassegna semestrale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania”, III, 1-2, 1950.

[40]           R. Cioffi, Per uno studio delle riviste d’arte del primo Novecento: note su Alfonso Frangipane e la rivista “Brutium”, in L’arte nella storia. Contributi di critica e storia dell’arte per G.C. Sciolla, a cura di V. Terraroli, F. Varallo, L. De Fanti, Skira, Genève-Milano 2000, pp. 85-93.

[41]          Fondatore con Paolo Orsi della “Società Magna Grecia” e della rivista “Archivio Storico per la Calabria e la Lucania”, svolge un’intensa attività soprattutto in difesa del patrimonio monumentale e ambientale. Sulla figura di Umberto Zanotti-Bianco si veda: V.E. Alfieri, Umberto Zanotti Bianco, la Nuova Italia, Firenze 1956; S. Zoppi, Umberto Zanotti-Bianco: patriota, educatore, meridionalista: il suo progetto e il nostro tempo, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009.

[42]           G. Agnello, Monsignor Giacomo Carabelli e l’arte, in Memoria di S. E. Rev.ma Monsignor Giacomo Carabelli Arcivescovo di Siracusa, (numero unico), Società Tipografica, Siracusa 1933.

[43]           Ad Agnello si deve la compilazione di una approfondita guida del Duomo di Siracusa, purtroppo, in un primo momento, poco diffusa a causa delle ingerenze del regime fascista, che ne ostacolò la diffusione. Cfr. G. Agnello, Guida del Duomo di Siracusa, Officina d’Arte Grafica A. Lucini & C., Milano, s. d. [ma 1930]; Id., Guida del Duomo di Siracusa, 2ª edizione aggiornata, Officina d’Arte Grafica A. Lucini & C., Milano, s. d. [ma 1949]; Id., Guida del Duomo di Siracusa, 3ª edizione aggiornata, Mascali Editore, Siracusa 1964.

[44]          Un cospicuo numero di interventi inerenti il Duomo di Siracusa è stato dedicato dallo studioso alle arti decorative. Cfr. G. Agnello, I tessuti e i ricami d’arte della Cattedrale di Siracusa e i loro recenti restauri, in “Arte sacra”, III, 1933, pp. 211- 216; Id., Splendori di vita artistica. I cancelli in ferro battuto nella Cappella del SS. Sacramento della Cattedrale di Siracusa, in “Vita nostra”, IV,11, 1939, p. 2; Id., Splendori d’arte nel Duomo di Siracusa. I cancelli in ferro battuto nella Cappella del SS. Sacramento, in “L’Avvenire”, (Cronaca siciliana), 14 novembre, 1939, p. 2; Id., Il SS. Sacramento nell’arte. Le argenterie nella Cattedrale di Siracusa, in “Vita nostra”, V, 3, 1940, pp. 2-3; Id., Il SS. Sacramento nell’arte. Le argenterie del Duomo, in “Vita nostra”, V, 4, 1940, pp. 1-2; Id., Il SS. Sacramento nell’arte. Le argenterie del Duomo, in “Vita nostra”, V, 5, 1940; Id., Gli antichi stalli corali del Duomo di Siracusa, in “Arte cristiana”, LIX, 1971, pp. 174-181. Agnello è tra i primi a dare avvio al processo di rivalutazione di questi manufatti artistici e dei loro artefici; si ricordano a tal proposito gli studiosi: Gioacchino Di Marzo, Enrico Mauceri, il cui contributo è stato evidenziato negli atti dei due convegni Gioacchino Di Marzo e la critica d’arte nell’ Ottocento in Italia, Atti del convegno, (Palermo, 15-17 aprile 2003) a cura di S. La Barbera, Officine Tipografiche Aiello e Provenzano, Bagheria (Palermo) 2004; Enrico Mauceri (1869-1966)… e ancora, Maria Accascina il contributo della quale è stato recentemente posto in luce da Maria Concetta Di Natale. Cfr. Storia, critica e tutela dell’arte nel Novecento. Un’esperienza siciliana a confronto con il dibattito nazionale, Atti del convegno Internazionale in onore di Maria Accascina (Palermo-Erice, 14-17 giugno 2006) a cura di M.C. Di Natale, Salvatore Sciascia Editore, Palermo 2007.

45  G. Agnello, Giovanni Torres e la fondazione della Cappella del SS. Sa­cramento nella Chiesa Cattedrale di Siracusa, in “Vita nostra”, IV, 6, 1939, pp. 2-3. Il progetto iniziato sotto l’Arcivescovo Torres, verrà ultimato sotto il suo successore l’Arcivescovo Capobianco, intorno alla meta del Seicento.

46  Id., Architetti e scultori ignorati nella Cappella Torres a Siracusa, in “Archivi”, XVIII, 1951, pp. 143-61.

47  Sul pittore rimando a V. Abbate, Quadrerie e collezionisti palermitani del Seicento, in Pittori del Seicento a Palazzo Abatellis, a cura di V. Abbate, Electa, Milano 1990, pp. 58-63; G. Barbera, A. Scilla, Talìa incorona Epicarmo, scheda n. 21, in Pittori del Seicento…, pp. 145-147; V. Abbate, La stagione del grande collezionismo, in Porto di Mare 1570-1670. Pittori e pittura a Palermo tra memoria e recupero, a cura di V. Abbate, Electa, Napoli 1999, pp. 107-131.

48  Per Vanvitelli, cfr. C. De Seta, Luigi Vanvitelli, Electa, Napoli 1998. In particolare per l’attività alla Reggia di Caserta si veda Casa di Re. Un secolo di storia alla Reggia di Caserta. 1752-1860, catalogo della mostra a cura di R. Cioffi, Skira, Milano 2004.

49  G. Agnello, Capolavori ignorati del Vanvitelli e del Valle nella Cattedrale di Siracusa, in “Per l’Arte Sacra”, IV- 5, 1927, pp. 3-15.

50  Id., Un ignoto frescante del Seicento: Agostino Scilla, in “Per l’Arte sacra”, IV, 6, 1927, pp. 3-8; Id., Gli affreschi di Agostino Scilla nella Cappella del SS. Sacramento nella Chiesa Cattedrale di Siracusa, in “Vita nostra”, IV, 7, 1939, pp. 2-3, ripubblicato in Id., Gli affreschi di Agostino Scilla nella Cappella del SS. Sacramento, in “L’Avvenire”, (Cronaca siciliana), 8 luglio 1939, p. 4.

51  Id., Capolavori ignorati...; Id., Ricordi vanvitelliani a Siracusa, in Atti dell’VIII Convegno Nazionale di Storia dell’Architettura (Caserta, 12-15 ottobre 1953), Centro di Studi per la Storia dell’Architettura, Roma 1956, pp. 99-104; Id., Due cibori di Luigi Vanvitelli, in “Arte cristiana”, LV, 1967, pp. 71-74; Id., Un capolavoro: il ciborio di Luigi Vanvitelli nella Cappella del SS.mo Sacramento nella Cattedrale di Siracusa, (Cronaca siciliana) in “L’Avvenire”, 13 agosto 1939, p. 4; Id., Una nobile opera di scultura: l’«Ultima Cena» di Filippo Valle nella Cappella del Sacramento della Cattedrale di Siracusa, in “L’Avvenire”, (Cronache di Sicilia), 12 novembre 1939, p. 4.

52  Per Ignazio Marabitti (1719-1797), cfr. D. Malignaggi, Ignazio Marabitti, in “Storia dell’Arte”, n. 17, 1974; L. Sarullo, Dizionario degli Artisti Siciliani. Scultura, vol. III, Novecento, Palermo 1993, ad vocem a cura di F. Pipitone, pp. 205-209.

53  Si veda in particolare G. Agnello, L’architettura di Siracusa nel Sei e nel Settecento, in “Palladio”, I-IV, gennaio-dicembre 1968, pp. 111-132.

54  Id., Arte gesuitica, in “ Per l’Arte sacra”, VII, 1930, pp. 78-83.

55  Id., Il prospetto della Cattedrale di Siracusa e l’opera dello scultore palermitano Ignazio Marabitti, in “Archivi”, IV, 1937, pp. 63-74 e pp.127-143; Id., L’opera dello scultore Ignazio Marabitti nella Cappella del SS. Sacramento della Cattedrale di Siracusa, in “Vita nostra”, V, I, 1940, p. 2.

56  Id., Opere ignorate dello scultore Ignazio Marabitti, in “Archivi”, XXII, 1955, pp. 228-248.

57  Id., La Biblioteca Alagoniana e il risveglio intellettuale a Siracusa nella seconda metà del ‘700, in “Sicilia”, 11-6, 1927, pp. 5-10, saggio edito nella rivista “Sicilia” nel 1927; Id., La biblioteca Alagoniana nella vita intellettuale del Settecento a Siracusa, in “Archivio storico Siracusano”, II, 1956, pp. 127-135. Il saggio è preceduto dalla notizia che il testo riporta parzialmente il discorso letto l’8 maggio 1954 in occasione della inaugurazione della biblioteca Alagoniana, trasferita dalla vecchia sede nei nuovi locali annessi al palazzo Arcivescovile; Id., Le penose condizioni dell’Archivio di Stato di Siracusa, in “Archivio Storico Siracusano”, X, 1964, pp. 167-169 importante intervento di denuncia in quanto i preziosi volumi in essa conservati rischiavano di andare perduti a causa di infiltrazioni d’acqua; Id., L’Ordine di Malta e la fonte documentaria degli archivi privati, in “Archivio Storico di Malta”, IX, 1937-38, pp. 203-211.

58  Interamente distrutto dal terremoto del 1693 viene ricostruito, tra il 1728 ed il 1753, su disegno dell’architetto trapanese Andrea Palma. Cfr. G. Agnello, Memorie inedite varie sul terremoto siciliano del 1693, in “Archivio Storico per la Sicilia orientale”, VII, 1931, pp. 390-402.

59  A tal proposito, cfr. G. Agnello, Memorie inedite varie sul terremoto siciliano del 1693, ivi, VII, 1931, pp. 390-402.

60  E. Mauceri, La facciata della Cattedrale di Siracusa, in “L’Arte”, X, 5, 1907

61       Sulla vita e sulle opere del Picherali, cfr. G. Agnello, Pompeo Picherali architetto siracusano del sec. XVIII alla luce di nuovi documenti, in “Archivio Storico della Sicilia”, II-II, 1936-37, pp. 271-47; Id., Su Pompeo Picherali ed il prospetto del Duomo siracusano, in “Brutium”, XVIII, 1939, pp. 12-14; Id., Nuove notizie sull’architetto siracusano Pompeo Picherali, in “Archivio Storico della Sicilia”, VI, 1940, pp. 185-238 e Id., Nuovi documenti sull’architetto Pompeo Picherali, in “Archivio Storico siciliano”, II, 1947, pp. 281-315.

62             Id., Il Duomo di Siracusa e i suoi restauri, in “Per l’Arte sacra”, IV, 1-2, 1927, pp. 2-40.

63             Agnello concepisce l’opera d’arte tanto nel suo valore estetico, quanto in quello sempre più consapevole di documento del nostro patrimonio storico e culturale. Principio, questo, che ci consente di inquadrarne la sensibilità artistica nel novero delle più moderne posizioni verso le quali progressivamente si andava indirizzando il dibattito di studiosi e critici dell’arte in ambito nazionale ed internazionale, relativamente alla politica di conservazione e tutela di quei beni che ancora a quel tempo, e per molto ancora, la nostra legislazione avrebbe definito come “cose artistiche”. A tal proposito, cfr. W. Cortese, Il patrimonio culturale. Profili normativi, Terza Editrice, Palermo 2007.

64             Per Giovannoni l’intervento di restauro deve necessariamente poggiare su una preliminare ricerca filologica. A sostegno di tale idea, il monumento, inteso sempre come documento, va studiato e tutelato a prescindere dal periodo storico di appartenenza o da una sua presunta maggiore dignità, applicazione questa che troverà poi nella cosiddetta Carta di Atene (1931) i suoi principi fondanti. Cfr. M. Vecco, L’evoluzione del concetto di patrimonio culturale, Milano 2007, p. 183.

65             Per quanto concerne la rivalutazione del paesaggio, inteso quale patrimonio nazionale, negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, il governo giolittiano si muove verso questa direzione promuovendo una nuova coscienza “geografica”, intesa sia nella sua valenza territoriale che storica, in relazione anche alla formazione di una coscienza nazionale. Un ruolo di rilievo va attribuito a Corrado Ricci, protagonista del dibattito nazionale che precedette la legge 1909, a sostegno di una nuova consapevolezza del valore paesaggistico e della necessità della sua tutela; valore questo successivamente sancito dal provvedimento del 23 giugno 1912 (legge n. 688) nel quale le disposizioni in materia di tutela e salvaguardia vengono estese a ville, parchi e giardini di rilevanza storico-artistica. Si veda a tal proposito: A. Emiliani, Quattro punti di politica istituzionale, in La cura del bello. Musei, storie, paesaggi per Corrado Ricci, catalogo della mostra (Ravenna, 9 marzo - 22 giugno 2008), a cura di A. Emiliani, C. Spadoni, Milano 2008, pp. 27-43; R. Balzani, Per le antichità e le belle arti. La legge 364 del 20 giugno 1909 e l’Italia giolittiana, Bologna 2003. Per un maggiore approfondimento si veda anche: D. Levi, I luoghi e l’ombra incerta del tempo. Enrico Mauceri e due suoi mentori, Corrado Ricci e Paolo Orsi, in Enrico Mauceri (1869-1966)..., pp. 77-85. Dal 1950 al 1974 Agnello è Presidente della Commissione per la tutela delle bellezze naturali della provincia di Siracusa. Cfr. G. Agnello, Il Museo di Siracusa e l’urgenza di un provvedimento riparatore, in “Il Corriere di Sicilia”, 13 settembre 1925, p. 3; Id., La chiesa della Madonna dei Miracoli in Siracusa e l’opera dei recenti restauri, in “Arte e Restauro”, XIV, 1/2, 1937, pp. 23-26; Id., La rinascita di antichi monumenti religiosi. La chiesa della Madonna dei Miracoli a Siracusa, in “L’Illustrazione va­ticana”, VIII, 1937, pp. 680-683; Id., Monumenti di Siracusa. Il Castello svevo ritrova l’antico splendore, in “Il Giornale d’Italia”, (Cronaca siciliana), 19 marzo 1947, p. 2; Id., Difficoltà finanziarie per i restauri a Palazzo Abela, in “Il Giornale d’Italia”, (Cronaca siciliana), 18 giugno 1949, p. 2; Id., Risorge il bel chiostro di San Domenico, in “Il Corriere di Sicilia, (Cronaca di Siracusa), 23 giugno 1949, p. 2; Id., Nobili antichi monumenti d’arte destinati agli usi meno adatti, in “La Sicilia”, (Cronaca di Siracusa), 8 novembre 1949, p. 2; Id., Lo stato attuale dei monumenti svevi in Sicilia, in “Itine­rario della Cultura e della Scuola siciliana”, 1-3, 1950, pp. 4-6; Id., Castel Maniace sia restituito all’arte, in “Corriere di Si­cilia”, (Cronaca di Siracusa), 14 giugno 1950, p. 2; Id., La mutilazione di piazza L. Greco Cassia. Affiora la «re­sponsabilità storica» del sovvertimento edilizio cittadino, in “Giornale dell’Isola”, (Cronaca di Siracusa), 24 agosto 1950, p. 2; Chiuso per noi il «ritorno» polemico sulla costruzione del­l’edificio I.N.A.I.L. con una controreplica del prof. Agnel­lo, in “Corriere di Sicilia”, (Cronaca di Siracusa), 29 agosto 1950, p. 2; Id., Un importante restauro: la chiesa paleocristiana di S. Pie­tro a Siracusa, in “Arte cristiana”, XXXVIII,, 1951, pp. 25-30; Id., Le gravi condizioni della Piazza Santa Lucia, in “Corriere di Catania”, (Cronaca di Siracusa), 13 gennaio 1953, p. 4; Id., Minaccia di franare Piazza Santa Lucia a causa degli scavi nella sottostante catacomba, in “La Sicilia”, (Cro­naca di Siracusa), 13 gennaio 1953, p. 4; Id., Il colossale a tutti i costi?, in “Presenza cristiana”, V-10, 1957, p. 3 [A proposito dell’erigendo san­tuario alla Madonna delle lacrime a Siracusa]; Id., Passa alla controffensiva il prof. Agnello stigmatizzando il modernismo di mons. Musumeci, in “La Domenica”, 9 giugno 1957, p. 3; Id., Il concorso per il tempio alla Madonnina delle lacrime, in “Arte cristiana”, XLV, 1957, pp. 79-86; Id., Il tempio delle lacrime, in “Il Mondo”, 9 luglio 1957, p. 13; Id., Squilla il campanello d’allarme per il languente patrimonio artistico, in “La Domenica”, 13 luglio 1958, p. 2; Id., La necessità di valorizzare insigni monumenti sottolineata in una conferenza al Rotary Club, in “La Sicilia”, (Cronaca di Siracusa), 22 luglio 1958, p. 5; Id., Sfumò per un gioco d’intrighi la sistemazione del Castello Maniace, in “La Domenica”, 27 luglio 1958, p. 3; Id., Tutelare i nostri monumenti, in “La Voce di Siracusa”, 25 luglio 1959, p. 1; Id., La questione del costruendo Palazzo di Giustizia e la proposta di «vincolo» della zona di Montedoro, in “La Sicilia”, (Cronaca di Siracusa), 12 novembre 1960, p. 5; Id., Si difende e contrattacca la commissione per le bellezze pa­noramiche, in “Siracusa nuova”, 12 novembre 1960, p. 2; Id., La profanazione dei monumenti esige drastici e urgenti ri­medi, in “La Voce di Siracusa”, 20 gennaio 1962, p. 1; Avvilito e infranto il fascino della nostra suggestiva città, in “La Voce di Siracusa”, 17 novembre 1962, p. 1; Id., Il problema di Castel Maniace e le responsabilità della so­printendenza ai monumenti, in “Settegiorni di Siracusa”, 24‑25 novembre 1962, p. 4; Id., Intervista col Prof. Giuseppe Agnello, Presidente della Commissione per la tutela delle bellezze naturali e pano­ramiche, in “Settegiorni di Siracusa”, 1-2 dicembre 1962, pp. 4 e 11; Id., Per il restauro della basilica di S. Marziano a Siracusa, in “Arte cristiana”, LI, 1963, pp. 25-28; Id., I guasti di Siracusa, in “Le Vie d’Italia”, LXIX, 1963, pp. 920-928; Id., Problemi archeologici ed esigenze industriali, in “Sette giorni di Siracusa”, 12-13 gennaio 1963, pp. 7‑8; Id., Il sacco di Siracusa, in “Il Mondo”, 5 febbraio 1963, p. 15; Id., Le ferite di Siracusa, in “Le Vie d’Italia”, LXX, 1964, pp. 946-956; Id., Vicende poco note della Venere Landolina, in “Siculorum Gymnasium”, XVIII, 1965, pp. 120-143; Id., Siracusa, in “Italia nostra”, 47, 1966, pp. 31-32; Id., I monumenti bizantini della Sicilia e la loro tutela, in Byzantino-Sicula, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici, Palermo, 1966 (“Quaderni, 2”), pp. 7-17; Id., L’ipogeo Politi a Siracusa e la storia della sua scoperta, in “Siculorum Gymnasium”, XIX, 1966, pp. 226-244; Id., Lo scempio edilizio di Siracusa, in “Il Cittadino”, 27 luglio 1967, pp. 1 e 4; Id., Raso al suolo dall’ANAS l’artistico portale settecentesco di viale Scala Greca, in “Siracusa Nuova”, 2 novembre 1968, p. 1; Id., I primi tentativi per il riscatto del Teatro Greco di Siracusa, in “Dioniso”, XLII, 1968, pp. 216-244; Id., Il decreto del vincolo di Ortigia e la storia delle sue vicende, in “Archivio storico si­racusano”, XIILXIV, 1967-68, pp. 209-214; Id., Il vincolo di Ortigia: storia delle sue vicende, in “La Domenica”, 25 maggio 1969, pp. 1-2; Id., Siracusa, in “Italia nostra”, 69-70, 1970, p. 43; Id., Dopo anni di abbandono e di distruzioni si intravede un futuro migliore per gli antichi castelli di Sicilia, in “Cro­nache castellane”, 23, 1970, pp. 715-716; Id., Sculture romaniche tra i ruderi, in “Atti e Memorie del­l’Istituto per lo Studio e la Valorizzazione di Noto antica”, 1970, pp. 107-112; Id., Si intravede un futuro migliore per gli antichi castelli di Sicilia, in “La Sicilia”, 3 novembre 1970, p. 3; Id., Disprezzo per la tutela della città e delle sue antiche bellezze naturali, in “Il Gazzettino di Siracusa”, 20 marzo 1971, pp. 1 e 3.

66             P. Orsi, Sicilia bizantina, a cura di G. Agnello con prefazione di U. Zanotti-Bianco, Vol. I, Arti Grafiche Aldo Chicca Editore, Tivoli 1942 (“Collezione Meridionale diretta da U. Zanotti-Bianco-s. III: Il Mezzogiorno Artistico, 15”).

67       G. Agnello, I monumenti bizantini della Sicilia, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1951.

68             Id., L’architettura bizantina in Sicilia, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1952 (“Collezione Meridionale diretta da U. Zanotti-Bianco, s. III: Il Mezzogiorno Artistico, 16”).  

69             A. Colasanti, L’arte bizantina in Italia, Bestetti e Tumminelli, Milano 1912.

70             G. Agnello, Palermo bizantina, Verlag Adolf M. Hakkert, Amsterdam 1969.

71             Si vedano a tal proposito: M. Andaloro, L’orizzonte tardoantico e le nuove immagini, Jaca Book, Milano, 2006; Id., La croce dipinta di Siracusa e l’orizzonte bizantino-mediterraneo, in Federico e la Sicilia. Dalla terra alla corona. Arti figurative e arti suntuarie, a cura di C.A. Di Stefano, A. Cadei, M. Andaloro, I-II, Siracusa-Palermo 1995, pp. 474-480; E. Kitzinger, Alle origini dell’arte bizantina. Correnti stilistiche nel mondo mediterraneo dal III al VII secolo, ed. a cura di M. Andaloro, P. Cesaretti, Jaca Book, Milano 2005; A. Iacobini, Le porte del paradiso: arte e tecnologia bizantina tra Italia e Mediterraneo, Campisano, Roma 2009; La cristianizzazione in Italia tra Tardoantico ed Altomedioevo, Atti del IX Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana (Agrigento 20-25 novembre 2004), a cura di R.M. Bonacasa Carra, E. Vitale, Carlo Saladino Editore, Palermo 2007.

72             G. agnello, Architettura bizantino-normanna. La basilica dei Santi Gio­vanni e Marziano in Siracusa, in “Bollettino d’arte del Ministero della P.I.”, IX, 1929-1930, pp. 3-24; Id., S. Lorenzo Vecchio presso Pachino, ivi, XXXIII, 1948, pp. 63-68; Id., La basilichetta trichora del Salvatore a Catania, in “Rivista di Archeologia cristiana”, XXIII‑XXIV, 1947-1948, pp. 147-168; Id., La chiesa della Favorita presso Noto, in “Bollettino d’arte del Ministero della P.I.”, XXXIV, 1949, pp. 307-310; Id., Un importante restauro: La chiesa paleocristiana di S. Pie­tro a Siracusa, in “Arte cristiana”, XXXVIII, 1951, pp. 25 ‑30.

73             Proprio a questa civiltà va ricondotta – secondo lo studioso – la prima arte di matrice propriamente cristiana, punto di partenza indispensabile all’interpretazione dei successivi sviluppi artistici, da quello normanno a quello svevo.

74             Id., Le sculture normanne di Santa Lucia di Mèndola nel Museo di Siracusa, in “Bollettino d’arte del Ministero della P.I.”, VII, 1927-1928, pp. 586-595; Id., Architettura bizantino-normanna. La basilica dei Santi Giovanni e Marziano in Siracusa, ivi, IX, 1929-1930, pp. 3-24; Id., Aspetti della scultura normanna in Sicilia, in Atti del Con­vegno Internazionale di Studi Ruggeriani (Palermo 21-25 aprile 1954), 1, Scuola linotypografica Boccone del Povero, Palermo 1955, pp. 295-301; Id., L’architettura religiosa militare e civile dell’età normanna, in “Archivio storico Pugliese”, XII, 1959, pp. 159-196 e Id., L’architettura monastica nel Trecento, in “Ortigia”, 1-3, 1927, pp. 9-10.

75 Id., L’architettura sveva in Sicilia, (con disegni di R. Carta e G. Di Grazia), Collezione Meridionale Editrice, Roma 1935, (“Collezione Meridionale diretta da U. Zanotti-Bianco, s. III: Il Mezzogiorno Artistico, 10”).

76        Id., L’architettura sveva in Sicilia, Roma 1935, riedizione a cura di W. Krönig, Siracusa 1986.

77        Id., La destinazione militare dei monumenti d’arte, in “Realtà nuova”, XV, 1950, pp. 447-448. È il caso del Castello Maniace di Siracusa, la cui destinazione militare rese necessaria una serie di trasformazioni che alterarono profondamente la facies dell’edificio. È merito di Giuseppe Agnello l’aver restituito graficamente la straordinaria pianta del monumento federiciano.

78             A tal proposito, cfr. E. Bertaux, Castel del Monte et les architectes français de l’empereur Frédéric II, Paris 1897 (Extrait des Comptes Rendus des Séances de l’Académie des Inscriptions et Belles- Lettres); Id., L’art dans l’Italie méridionale de la fin de l’empire romain à la conquête de Charles d’Anjou, 3 voll., A. Fontemoing, Paris 1904. Per Bertaux e gli aggiornamenti sulla sua opera, cfr. V. Papa Malatesta, Émile Bertaux tra storia dell’arte e meridionalismo. La genesi de L’art dans l’Italie méridionale, École française de Rome, Roma 2007; L’art dans l’Italie Méridionale, Aggiornamento dell’Opera di Emile Bertaux sotto la Direzione di Adriano Prandi, tomi IV-VI, École Française de Rome & Università di Bari, Rome1978; W. Krönig, Castel del Monte-Frédéric II et l’architecture française…, pp. 929-951; C.A. Willemsen, I castelli di Federico II nell’Italia meridionale, Società Editrice Napoletana, Napoli 1979.

79             Si vedano S. Bottari, Ancora sulle origini dei castelli svevi della Sicilia, in Atti del Convegno Internazionale di Studi Federiciani (Palermo, Catania, Messina, 10-18 dicembre 1950), Tip. A. Renna, Palermo 1952, pp. 501-506; Id., La genesi dell’architettura siciliana del periodo normanno, in “Archivio Storico per la Sicilia Orientale, s. 2, VIII, 1932, 28, 1, pp. 320-337; Federico e la Sicilia. Dalla terra alla corona. Architettura e archeologia, a cura di C.A. Di Stefano, A. Cadei, Ediprint, Siracusa-Palermo 1995; G. Di Stefano, L’architettura gotico-sveva in Sicilia, F. Ciuni, Palermo 1935; Id., L’architettura religiosa in Sicilia nel secolo XIII, in “Archivio Storico Siciliano”, 1938, pp. 51-60; Id., Monumenti della Sicilia Normanna, 2ª edizione a cura di W. Kroning, Flaccovio, Palermo 1978; H.W. Kruft, Storia delle teorie architettoniche da Vitruvio al Settecento, Laterza, Roma Bari 2004.

80             G. Agnello, Problemi ed aspetti dell’architettura sveva, in “Palladio. Rivista di storia dell’architettura e restauro”, n. s., X, 1-2, 1960, pp. 37-47.

81             S. Bottari, Intorno alle origini dell’architettura sveva nell’Italia meridionale e in Sicilia, in “Palladio”, n.s., 1, 1951, pp. 21-53.

82             G. Agnello, Il castello di Catania nel quadro dell’architettura sveva, in “Bollettino storico catanese”, V, 3, 1940; Id., Lo stato attuale dei monumenti svevi in Sicilia, in “Itine­rario della Cultura e della Scuola siciliana”, 1-3, 1950, pp. 4-6; Id., Monumenti svevi ignorati, in “Siculorum Gymnasium”, III, 1950, pp. 106-121; Id., L’Arte ai tempi di Federico II. I monumenti svevi del Si­racusano, in “L’Illustrazione siciliana”, IV - 7 / 10, 1951, pp. 23-30; Riflessi svevi nel castello di Scaletta, in “Siculorum Gymnasium”, V, 1952, pp. 199-209; Id., S. Maria della Valle o la «Badiazza» in Messina, in “Pal­ladio”, 111, 1953, pp. 49-66; Id., Il castello svevo di Prato, in “Rivista dell’Istituto nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte”, III, 1954, pp. 147-227; Id., Il Castello svevo di Milazzo, in “Rivista dell’Istituto nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte”, IV, 1955, pp. 20-41.

83             Id., L’architettura civile e religiosa in Sicilia nell’età sveva, Collezione Meridionale Editrice, Ro­ma 1961 (“Collezione Meridionale diretta da U. Zanotti-Bianco-s. III: Il Mez­zogiorno Artistico, 19”).

84             Per gli aggiornamenti sull’arte federiciana in Sicilia si veda: M. D’Onofrio, Il castello di Federico II a Gaeta, in Arte d’Occidente. Temi e metodi, Studi in onore di A. M. Romanini, vol. I, Edizioni Sintesi Informazione, Roma 1999, pp.151-158; I Normanni popolo d’Europa MXXX-MCC, catalogo della mostra (Roma, 28 gennaio - 30 aprile 1994, Venezia, 20 maggio - 18 settembre 1994) a cura di M. D’Onofrio, Marsilio, Venezia 1994; Federico e la Sicilia. Dalla terra alla corona. Arti figurative e arti suntuarie, a cura di M. Andaloro, catalogo della mostra (Palermo 1994-1995), Ediprint, Palermo 1995; F. Basile, L’architettura della Sicilia Normanna, V. Cavallotto, Catania - Caltanissetta - Roma 1975; M. Righetti Tosti-Croce, La scultura del castello di Lagopesole, in Federico II e l’arte del Duecento italiano. Atti della settimana di studi, I, a cura di A. M. Romanini, Congedo, Galatina 1980, pp. 237-252.

85        Molti degli studi portati avanti da Agnello sul tema della Sicilia medievale sono stati ripresi, in tempi recenti, da non pochi studiosi. A tal proposito si ricordano, ad esempio, gli approfondimenti sull’architettura federiciana condotti da Henri Bresc e Ferdinando Maurici, I castelli demaniali della Sicilia (secoli XIII-XV), in Castelli e fortezze nelle città italiane e nei centri minori italiani (secoli XIII-XV), a cura di Francesco Panero e Giuliano Pinto, Centro Internazionale di Ricerca sui Beni Culturali, Cherasco 2009, pp. 271-317 o da Antonio Cadei, La forma del castello: l’Imperatore Federico II e la Terrasanta, Zip, Pescara 2006; ancora si ricordano gli studi sia di archeologia, che di architettura medievale condotti da Camillo Filangeri, Monasteri basiliani di Sicilia: mostra dei codici e dei monumenti basiliani siciliani, Atti del convegno (Messina 3-6 dicembre 1979), STASS, Palermo 1980.  

86             Cfr. G. Bellafiore, Architettura in Sicilia nell’età islamica e normanna (827-1194), A. Lombardi, Palermo 1990; Id., Architettura dell’età sveva in Sicilia 1194-1266, A. Lombardi, Palermo 1993; Id., Dall’Islam alla Maniera. Profilo dell’architettura siciliana dal IX al XVI secolo, Flaccovio, Palermo 1975.

87             G. Agnello, L’Annunciata di Antonello da Messina, in “L’Osservatore Romano”, 9 ottobre 1926, p. 2. Il medesimo articolo, con qualche variante e col titolo La chiesa dell’Annunziata e la pala di Antonello da Messina, viene pubblicato l’anno successivo anche su “Aχραιων”, numero unico diretto da G. Mi­gliore Leone, Società Tipografica Editrice, Siracusa 1927, pp. 9-12 e in “Per l’Arte sacra”, IV‑4, 1927, pp. 5-11. Si veda a tal proposito S. La Barbera, Enrico Mauceri connoisseur, museologo e storico dell’arte, in Enrico Mauceri..., pp. 31-57.

88             Sull’artista, cfr. E. Brunelli, Pietro de Saliba, Tipografia dell’Unione cooperativa editrice, Roma 1906.

89             Sull’artista, cfr. M.C. Di Natale, Tommaso de Vigilia I, (con introduzione di M. Calvesi), in “Quaderni dell’A.F.R.A.S.”, n. 4, 1974; Ead., Tommaso de Vigilia II, (con introduzione di M. Calvesi), in “Quaderni dell’A.F.R.A.S.”, n. 5, 1977.

90             Sull’artista, cfr. E. Mauceri, Riccardo Quartararo a Napoli, in “L’Arte”, VI, fasc. I-IV, 1903, pp. 128-129; S. Bottari, Da Tuccio di Gioffredo a Riccardo Quartararo, in “Arte Antica e Moderna” (estratto), 1959, pp. 170-171; F. Meli, Documenti su Riccardo Quartararo, in “Arte Antica e Moderna”, 1965, pp. 375-383; T. Pugliatti, Pittura del Cinquecento in Sicilia. La Sicilia occidentale 1484-1557, Electa, Napoli 2008, in part. pp. 119 e ss.

91       G. Agnello, La chiesa dell’Annunziata…, in “Per l’arte sacra”, pp. 8-9.          

92             Si vedano a tal proposito i diversi contributi forniti da questi studiosi: G. Di Marzo, Di Antonello da Messina e dei suoi congiunti. Studi e documenti, Palermo 1902; Id., Di Antonello d’Antonio da Messina. Primi documenti messinesi, in “Archivio Storico Messinese”, II, 1903; Id., Nuovi studi ed appunti su Antonello da Messina con 25 documenti, Libreria Editrice Ant. Trimarchi, Messina 1905; J. A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, The Early Flemish Painters. Notices of their lives and works, J. Murray, London 1857 (ed. it. Firenze); S. Bottari, Antonello da Messina, Principato, Messina - Milano 1939; G. La Corte Cailler, Antonello da Messina. Studi e ricerche di G. La Corte Cailler con documenti inediti, in “Archivio Storico Messinese”, IV, 1903, pp. 332-441.

93             G. Agnello, L’architettura aragonese‑catalana in Siracusa, Arti Grafiche Aldo Chicca Editore, Tivoli 1942 (“Collezione Meridio­nale diretta da C. Zanotti-Bianco-s. III: Il Mezzogiorno Artistico, 14”).

94             Si veda a tal proposito E. De Benedictis, Della Camera delle Regine siciliane. Memoria storica, Tip. Di A. Norcia, Siracusa 1890.

95             Anche in questo caso si tratta di studi pioneristici e larga parte del materiale pubblicato da Agnello circa i due palazzi è praticamente inedito. A tal proposito si vedano anche S. Russo, Siracusa medievale e moderna, A. Lombardi, Palermo 1992; A. Conejo da Pena, La arquitectura civil en la Sicilia del siglo XV: influencias del levante de la Corona de Aragón, in “Quaderni del Mediterraneo”, 10, 2003, pp. 119-166; Siracusa città e fortificazioni, catalogo della mostra (Siracusa 19 giugno - 19 luglio 1987) a cura di L. Dufour, Sellerio, Palermo 1987; Id., Siracusa tra due secoli. Le metamorfosi di uno spazio 1600-1695, A. Lombardi, Palermo 1998; Verso un repertorio dell’architettura catalana, Province di Caltanissetta,Catania, Enna, Messina, Palermo, a cura di L. Anderozzi, Aracne, Roma 1996; Verso un repertorio dell’architettura catalana, Province di Agrigento, Ragusa, Siracusa,Trapani, a cura di G. Pagnano, Siracusa 2005; G. Pagano, I paramenti lapidei di età aragonese a Siracusa, in Verso un repertorio..., pp. 41-56.

96             Id., Influencias y recuerdos españoles en la región de Siracusa, in La Huella de España en Sicilia, “Revista Geográfica Española”, Madrid (traduzione italiana Influssi e ricordi spagnuoli nel Siracusano, in Spagna in Sicilia) pp. 88-104; Id., Influencias y recuerdos españoles en Ragusa y su región (Influssi e ricordi spagnuoli nel Ragusano), pp. 125-134; Id., L’architettura aragonese‑catalana nell’Italia insulare e continentale, in “Rivista storica del Mezzogiorno”, 1-1/2, 1966, pp. 243 -259.

97             Si veda per una più dettagliata ed approfondita trattazione degli indirizzi della critica d’arte rispetto alla questione siciliana La critica d’arte in Sicilia nell’Ottocento, a cura di S. La Barbera, Flaccovio, Palermo 2003; S. La Barbera, Note sulla letteratura artistica siciliana dei secoli XVII-XX, in L. Di Giovanni, Le opere d’arte nelle chiese di Palermo, trascrizione e commento a cura di S. La Barbera, Flaccovio, Palermo 2000, pp. 7-40; G.C. Sciolla, La critica d’arte del Novecento, UTET, Torino 1995; M. Accascina, Indagini sul primo Rinascimento a Messina e provincia, in Scritti in onore di Salvatore Caronia, La Cartografica, Palermo 1966, pp. 1-16.

98             Si vedano a tal proposito G. Di Marzo, La pittura in Palermo nel Rinascimento. Storia e Documenti, Reber, Palermo 1899; Id., Delle belle Arti in Sicilia, S. Di Marzo, F. Lao, Palermo, 1858-1866.

99             Sulla pittura figurativa del siracusano si veda Da Antonello a Paladino. Pittori messinesi nel siracusano dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra (Siracusa 14  dicembre 1996 - 28 febbraio 1997) a cura di G. Barbera, Ediprint, Siracusa 1996.

100            Su Maria Accascina, cfr. Storia, critica e tutela dell’arte nel Novecento….

101            Vengono citati, a tal proposito, un polittico con Madonna in trono col Bambino tra i SS. Lucia e Marziano della chiesa di S. Martino e due opere conservate presso il Museo Bellomo: una Vergine in trono col Bambino e il Polittico di S. Maria. La critica allora riconduceva le opere o al pittore locale Stefano da Zevio o, in funzione dei legami intravisti con il Serra e con il Borassà, a un pittore locale di formazione spagnola legato alla scuola o addirittura ad un autore spiritualmente vicino a Gentile da Fabriano.

102            Si veda a tal proposito G. Agnello, Pittori siciliani dei secoli…., p. 47.

103            Cfr. S.L. Agnello, Attività gaginiane e precisazioni documentarie, in “Bollettino storico catanese”, 1946.

104            Nella bibliografia Agnello cita tra le sue fonti diversi lavori di Enrico Mauceri: La pittura Siracusana nel sec. XV, in “Rassegna d’Arte, X, 1910, pp. 23-27 e Su alcuni pittori vissuti a Siracusa nel Rinascimento, in “L’Arte”, VII, 1904, pp. 161-167.

105            S. Caronia Roberti, Il Barocco in Palermo, a cura del Banco di Sicilia, Palermo 1935; Id., L’architettura del Barocco in Sicilia, Tip. De Magistris e V. Bellotti, Palermo 1955.

106     Giuseppe Agnello si serve in particolare di F. Meli, Degli architetti del Senato di Palermo nei secoli XVII e XVIII, Scuola tip. Boccone del povero, Palermo 1938.          

107            Si vedano per esempio A. Giuliana Alajmo, Andrea Palma e la sua sconosciuta opera in Sant’Antonio Abate, Antonino Perna, Palermo 1949; Id., Gli architetti del Senato di Palermo. Mariano Smiriglio. I. La vita. II. Le opere: Porta Felice, Tip. A. Perna, Palermo 1950; Id., L’architetto della Catania settecentesca. G.B. Vaccarini e le sconosciute vicende della sua vita, in “L’Illustrazione siciliana. Periodico d’arte di pensiero e critica”, a. III, n. 1- 2, gennaio-febbraio, 1950, pp. 17-18.

108            Cfr. E. Mauceri, Il Caravaggismo in Sicilia e Alonso Rodriguez, pittore messinese, estratto da “Bollettino d’arte”, XIX, giugno, IV, s. II, 12, pp. 559-571.

109            In particolare M. Accascina, Profilo dell’architettura a Messina dal 1600 al 1800, a cura del Comune di Messina, Ateneo, Messina 1964.

110            Per l’attività di Corrado Ricci si veda La cura del bello….

111            G. Agnello, L’architettura barocca in Sicilia, in Barocco europeo, barocco italiano, barocco salentino, Atti del Congresso Internazionale sul Barocco (Lecce e T. d’O., 21-24 settembre 1969), a cura di P.F. Palumbo, Centro di Studi Salentini, (“Congressi Salentini, I”), Lecce 1970, pp. 157-182.

112            E. Calandra, Breve storia dell’architettura in Sicilia, Laterza, Bari 1938.

113            G. Agnello, Scultori e marmorari catanesi del Settecento a Siracusa, in “Catania”, IV,1932, pp. 163-172; Id., Aspetti artigiani dell’architettura barocca in Siracusa, in “Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura”, Università di Roma, VI-VII-VIII, fasc. 31-48, 1961, pp. 281- 286.

114            Id., I Vermexio, architetti ispano-siculi del secolo XVII, “La Nuova Italia” Editrice, Firenze 1959, (“Collezione Meridio­nale diretta da U. Zanotti-Bianco-S. III: Il Mezzogiorno Artistico, 17”).

115            Il volume monografico è stato preceduto dagli articoli: Id., Architettura vermexiana. Il palazzo Corvaia a Siracusa, in “Archivio storico siracusano”, I, 1955, pp. 23-30; Id., Monumenti vermexiani sconosciuti, in Atti del V Convegno Nazionale di Storia dell’Architettura, (Perugia 23 settembre 1948) Noccioli, Firenze 1957, pp. 395-405.

116            Per l’aggiornamento bibliografico rimando a L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. I. Architettura, a cura di M.C. Ruggieri Tricoli, ad voces a cura di M. T. Montesanto, Novecento, Palermo 1993, pp. 434-435.

117            G. Agnello, L’opera di Giovanni Vermexio nel palazzo del Senato a Siracusa, in “Archivi”, XI-XVI, 1949, pp. 46-81.

118            Id., La Chiesa del Sepolcro di S. Lucia e l’opera di Giovanni Vermexio, in Santa Lucia. Terzo Centenario del Patrocinio di Santa Lucia, numero unico a cura della On. Deputazio­ne della Cappella di S. Lucia, Siracusa, 5 maggio 1946; Id., Il tempio vermexiano di S. Lucia a Siracusa, in “Archivio storico della Sicilia orientale”, VII, 1954, pp. 153-177.

119            Id., Architettura gesuitica. La Chiesa del Collegio di Siracusa, in “Per l’Arte sacra”, V-1, 1928, pp. 7-16.

120      Per una trattazione dell’opera dei Vermexio a Siracusa, si veda G. Agnello, I Vermexio…, pp. 25.

121      Id., Il Palazzo dei Vescovi a Siracusa e l’opera di Andrea Ver­mexio, in “Palladio”, II, 1952, pp. 65-70; Id., Giovanni Torres Osorio vescovo ed umanista, in “Archivio storico della Sicilia orientale”, IX, 1933, pp. 223-276; Id., Rinascimento e barocco nella Casa dei Vescovi a Siracusa, in “L’Illustrazione vaticana”, V, 1934, pp. 21-22.      

122            Per lo scultore, cfr. L. Sarullo, Dizionario degli Artisti Siciliani. Scultura, vol. III, Novecento, Palermo 1993, ad vocem a cura di V. Scavone, C. Vella, p. 325.

123            G. Agnello, Gregorio Tedeschi scultore fiorentino del sec. XVII e la sua attività in Sicilia, in “Archivi”, VII,1940, pp. 180-197.

124            Id., Note e documenti inediti su artisti ignorati del secolo XVIII in Sicilia. Luciano Alì - Ermenegildo Martorana - Gregorio Lombardo - Rosario Minniti - Giacomo Ferlito, in “Archi­vi”, III, 1936, pp. 286-299; Id., Pittori siciliani dei sec. XVI‑XVII‑XVIII: Mario Minniti - Antonino Maddiona - Giuseppe Piccione - Francesco Callia - Mario Cordua - Antonino Calvo - Antonino Bonincon­tro - Mauro e Giuseppe Troia, ivi, VI, 1939, pp. 42-54.

125            Id., Un caravaggesco: Mario Minniti, in “Archivi”, VIII, 1941, pp. 60-80. Per gli aggiornamenti sul siracusano Mario Minniti (1577-1640) rimando a Mario Minniti. L’eredità di Caravaggio a Siracusa, catalogo della mostra Siracusa 30 maggio - 19 settembre 2004) a cura di G. Barbera, V. Greco, Electa, Napoli 2004.

126            G. Agnello, Mattia Preti e alcune sue tele sconosciute, in “Per l’Arte sacra”, IX, 1932, pp. 53-57. Su Mattia Preti (Taverna 1613 - La Valletta 1699), cfr. Mattia Preti tra Roma, Napoli e Malta, catalogo della mostra (Napoli, 1999), Electa, Napoli 1999.

127            Id., Il caravaggismo in Sicilia ed Alonso Rodriguez pittore messinese, in “Bollettino d’Arte”, s. II, IV, 1924-1925, pp. 559-571.

128            Id., Un caravaggesco…, p. 71.

129            Id., Una tela ignorata del Caravaggio (?) a Siracusa, in “Per l’Arte Sacra”, V, 1, 1928, pp. 7-16.

130            Su Raffaello o Raffaele Politi (Siracusa 1783 - Agrigento 1870), cfr. G. Russo, Cenni su la vita e le opere di Raffaello Politi, Tip. Montes, Girgenti 1870; L. Sarullo, Dizionario degli Artisti Siciliani. Pittura, vol. II, Novecento, Palermo 1993, ad vocem a cura di E. Sessa, pp. 416-418. Cfr. pure C. Bajamonte, Raffaello Politi “bizzarro scrittore, insigne archeologo, artista intelligente”, in “Kalós – arte in Sicilia”, a. 19, n. 2, Aprile-Giugno 2007, pp. 28-33 e A. Palermo, Raffaello Politi uomo e scrittore (Siracusa, 1783-Girgenti, 1870), s.e., Marino 2007.

131            Per la vicenda del quadro si veda S.L. Agnello, Due secoli ad un catalogo, in Centri e periferie del Barocco, vol. III, Barocco mediterraneo. Sicilia, Lecce, Sardegna, Spagna, a cura di M.L. Madonna, L. Trigilia, Officina, Roma 1992, pp. 351. Il dipinto si trova oggi nella chiesa di S. Giuseppe di Siracusa. Cfr. anche Sulle orme di Caravaggio tra Roma e la Sicilia, catalogo della mostra a cura di V. Abbate, G. Barbera, C. Strinati, R. Vodret, Marsilio, Venezia 2001, scheda 13 a cura di G. Barbera, p. 134.

132            Nel ruolo di Provveditore agli studi, affidatogli dall’A.M.G.O.T. (Allied Military Government of Occupied Territories-Amministrazione militare alleata dei territori occupati), lo studioso ripristina e riorganizza le scuole del siracusano, che grazie al suo intervento già nell’autunno dello stesso anno riprendono con regolarità a funzionare in tutta la provincia.

133            Si vedano a tal proposito i diversi articoli apparsi nel 1946: G. Agnello, Intervento alla Consulta nazionale, 19 febbraio e 4 marzo 1946, in “Atti Parlamentari”, Consulta nazionale, Assemblea della Camera dei Deputati, Roma 1946; Id., A proposito di una polemica, in “La Gazzetta”, 3 marzo 1946 e Id., Candidati alla Costituente e moralità politica, in “L’Idea Popolare”, 30 maggio 1946.

134            Id., Giuseppe Agnello candidato alla D.C., in “L’Idea Popolare”, 30 maggio 1946, p. 1.

135            Id., Buona sera colonnello Stevens, Mascali editore, Siracusa 1946.

136     Id., Chi farà il processo al fascismo?, Mascali editore, Siracusa 1947.   

137            In quegli anni l’Ateneo etneo si preparava ad inaugurare un nuovo filone di studi e ricerche che – citando le parole di Salvatore Pricoco, docente presso l’Ateneo catanese e allievo dello stesso Agnello – si possono racchiudere nel termine “cristianistica”. Sino ad allora gli insegnamenti avevano concentrato e indirizzato le migliori risorse verso l’indirizzo classico, di antica e robusta tradizione, tralasciando le indagini sul Medioevo alla sola filologia romanza. Cfr.: S. Pricoco, Il Docente, in Giuseppe Agnello. Atti…, p. 62

138            Per Stefano Bottari (1907-1967), cfr. G.C. Sciolla, La critica d’arte del Novecento…, p. 252.

139            Mi riferisco alle “Giornate di studio in onore di Giuseppe Agnello nel decennale della scomparsa” tenutesi a Canicattini Bagni e a Siracusa il 28-29 novembre 1986. Al convegno intervennero il Prof. Vincenzo la Rosa, il Sen. Giuseppe Alessi dell’Istituito dell’Enciclopedia Italiana, Salvatore Pricoco e Anna Maria Marchese docenti dell’Università di Catania, Salvatore Boscarino docente dell’Università di Palermo, Salvatore Russo, allora Presidente della Società Siracusana di Storia Patria, Corrado V. Giuliano della Lega per l’ambiente di Palermo e Gioacchino Gargallo di Castel Lentini, docente presso l’Università “La Sapienza” di Roma.

140            In vero molti articoli di questo primo periodo si riferiscono all’attività portata avanti dall’Orsi nel campo dell’Archeologia Cristiana: Paolo Orsi e gli studi cristiano-bizantino della Sicilia e della Calabria, La Sicilia sotterranea cristiana e la Sicilia bizantina nel volume dedicato allo studioso dall’“Archivio Storico per la Calabria e la Lucania”. Si vedano G. Agnello, Paolo Orsi e gli studi cristiano‑bizantini della Sicilia e della Calabria, in “L’Illustrazione vaticana”, VII, 1936, pp. 81-84; Id., La Sicilia sotterranea cristiana e la Sicilia bizantina, in Paolo Orsi 1859-935, volume a cura dell’Archivio storico della Calabria e Lucania, Roma 1935, anche riportato in “Archivio storico per la Calabria e la Lucania”, V – 3/4, 1935, pp. 253-274.

141            Si veda a tal proposito G. Agnello, Siracusa Medievale…, pp. 14-19.

142            Id., Architettura bizantino-normanna…, in “Bollettino d’Arte”, IX, 1929-30, pp. 72-79; Id., Esplorazioni nella cripta di S. Marziano a Siracusa, in “Arte sacra”, IV, 1934, pp. 67-68.

143            S. Russo, Ricerca storica e memorie patrie, in Giuseppe Agnello. Atti…, p. 139: «…quando ci si chiedeva se Giuseppe Agnello fosse un politico, un archeologo o uno storico dell’arte, o se fosse uno storico dell’arte con delle simpatie per l’archeologia, o un archeologo con delle aperture per la storia dell’arte, sono tutti interrogativi che mi lasciano molto perplesso. In realtà la sua natura, il suo sentimento fondamentale è questo amore inesausto per il passato e per la ricerca del passato». 

144            La Società viene istituita il 3 dicembre 1953 nella sala della Giunta Municipale di Siracusa. Tra i fondatori: il Sindaco di Siracusa, Marcello Alagona, Mario Tommaso Gargallo, Santi Luigi Agnello, Paolo Albani, Giorgio Badame, Luigi Bernabò Brea, Sebastiano Capodieci, Salvatore Grillo, Vittorio Guardo, Michele Minniti, Rocco Moscato, Corrado Piccione e Raffaele Strano. A reggere la presidenza nei primi anni è Mario Tommaso Gargallo vero ispiratore del sodalizio, alla sua morte lo succederà nel 1958 Giuseppe Agnello. L’impegno fondamentale è costituito dalla pubblicazione dell’Archivio Storico Siracusano che per serietà scientifica e il rigore documentario dei contributi di qualificati collaboratori ha conseguito e mantiene un posto di alta considerazione nel mondo culturale italiano e internazionale.

145      G. Agnello, Le arti figurative nella Sicilia bizantina, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici, Palermo 1962 (“Testi e Monumenti pubblicati da Bruno Lavagnini. Monumenti. 1”). I diversi capitoli sono il frutto di una ristampa, talora con aggiunte e modificazioni, di studi apparsi negli anni 1928-1959.

146     Id., Capitoli e ordinamenti degli orafi e degli argentieri dal XV al XVIII secolo, in “Archivi”, XXIII, 1956, pp. 99-115; Ibidem, Orafi e argentieri dei secoli XVI, XVII, XVIII, pp. 265-294; Ibidem, Orafi e argentieri dei secoli XVI, XVII, XVII, pp. 343-361; Id., Un maestro del ferro battuto. Domenico Ruggeri, in “Per l’Arte sacra”, VI, 1929, pp. 72-78; Id., Argentieri e argenterie del Settecento (I), ivi, pp. 12-25; Id., Argentieri e argenterie del Settecento (II), ivi, VI, 1929, pp. 151-165; Id., III Mostra d’arte sacra. Rassegna regionale retrospettiva del paramento e dell’arredo (Caltanissetta, 14-28 aprile 1954), Ente Pro­vinciale per il Turismo, Caltanissetta 1954, pp. 11‑14. 

147            Id., Arte bizantina. Il cofanetto eburneo dell’ex Cattedrale di Lentini, in “Per l’Arte sacra”, X, 1933, pp. 44-52; Id., Un nuovo importante contributo alla storia e alla lettura degli antichi codici della melurgia bizantina, in “Rivista musicale italiana”, XLIII, 1939, pp. 109-114; Id., Cimeli bizantini. La stauroteca di Lentini, in “Siculorum Gymnasium”, IV, 1951, pp. 85-89; Id., Sculture bizantine della Sicilia, in “Siculorum Gym­nasium”, V, 1952, pp. 76-91 (seguono altre tre puntate, una nel vol. VI del 1953 alle pp. 222-35 una nel vol. VII del 1954 alle pp. 104-117 e, infine, l’ultima nel vol. X del 1957 alle pp. 101-122); Id., Croci bizantine di Sicilia, in “Siculorum Gymnasium”, VI, 1953, pp. 88-98; Id., Il ritrovamento subacqueo di una basilica bizantina prefabbricata, in “Byzantion”, XXXIII, 1963, pp. 1-9.

148     Per tali aspetti, cfr. F. Maurici, Castelli medievali in Sicilia. Dai bizantini ai normanni, Sellerio, Palermo 1992, pp. 13-47; Sicilia romana e bizantina, a cura di C. Quartarone, Grafill, Palermo 2006.

149            Prima di Giuseppe Agnello era stato Victor Schultze, nel 1877, il primo a sentire la necessità di avviare nuove ricerche in Sicilia anche per il periodo della cristianizzazione. Lo stesso Giovanni Battista De Rossi, contemporaneo dello Schultze e archeologo cristiano “romano” per eccellenza, ideatore e promotore della Pontificia Commissione di Archeologia Cristiana, pur non avendo conoscenza diretta dei monumenti siculi ne caldeggiava vivamente gli studi. Il voto fu accolto, agli inizi del Novecento, da Joseph Führer e da Paolo Orsi, al quale si deve il quadro più vasto ed organico della Sicilia Paleocristiana e Bizantina fino agli studi di Giuseppe Agnello. Importanti lavori sul patrimonio cimiteriale cristiano ed ebraico si devono anche ad altri due insigni archeologi: Antonino Salinas (per la Sicilia Occidentale) e Francesco Saverio Cavallari (per la Sicilia Orientale), quest’ultimo, primo Sovraintendente alle Antichità di Sicilia il cui operato fu proseguito prima proprio da Orsi e poi, a partire dal 1941, da Luigi Bernabò-Brea. Sui recenti studi inerenti la Sicilia paleocristiana e le prime forme d’arte della civiltà cristiana si veda Atti del IX Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana (Agrigento, 20-25 novembre 2004), a cura di R.M. Carra Bonacasa, E. Vitale, Carlo Saladino Editore, Palermo 2007; La Sicilia centro-meridionale tra il II e il VI sec. d. C., catalogo della mostra (Caltanissetta - Gela, aprile-dicembre 1997) a cura di R.M. Bonacasa Carra, R. Panvini, Sciascia, Caltanissetta 2002; R.M. Carra, Insediamenti e spazio cristiano in Sicilia, in Materiali per una topografia urbana. Status quaestionis e nuove acquisizioni, Atti del V convegno sull’’archeologia tardoromana e altomedievale in Sardegna, Oristano, S’Alvure, 1995, p. 241-270.

150            Istituita da Pio IX il 6 gennaio 1852 per iniziativa del gesuita Giuseppe Marchi (1795-1860), già conservatore dei sacri cimiteri, e del “padre fondatore” degli studi di Archeologia Cristiana, Giovanni Battista de Rossi (1822-1894), con lo scopo di “custodire i sacri cimiteri antichi, per curarne preventivamente la conservazione, le ulteriori esplorazioni, le investigazioni, lo studio, per tutelare inoltre le più vetuste memorie dei primi secoli cristiani”. Con i Patti Lateranensi (art. 33 del Concordato) la sua autorità e sfera d’azione e di studio fu estesa a tutte le catacombe esistenti sul territorio italiano. Sull’ argomento si veda: R. Jacqard, L’Institut pontifical d’Archéologie Chrétienne. Journal de cinquante années (1925-75), Roma 1975. Sull’Ispettorato di Siracusa si veda A. Ferrua, La Sicilia nella mia vita, in L’Accademia selinuntina di Scienze, Lettere, Arti di Mazara del Vallo ed il Premio Sélinon 1987, Mazara del Vallo 1987.

151      Tra i più importanti ricordo: G. Agnello, Sicilia cristiana. Le catacombe dell’altipiano di Ragusa, in “Rivista di Archeologia cristiana”, XXIX, 1953, pp. 67-87; Id., Sicilia cristiana. I monumenti dell’agro netino, ivi, XXX, 1954, pp. 169-188; Id., Catacombe inedite di Cava d’Ispica, ivi, XXXV, 1959, pp. 87-104; Id., Necropoli paleocristiane nell’altipiano di Sortino, ivi, XXXX, 1963, pp. 105-129; Id., Nuovi ritrovamenti nella catacomba di S. Maria a Siracusa, ivi, XLIX, 1973, pp. 7-31.

152            Id., La pittura paleocristiana della Sicilia, Società Amici Catacombe, Città del Vaticano 1952, (“Collezione ‘Amici delle Catacombe’, XVII”).

153      La rivista storica dell’Ateneo catanese, fondata nel 1912 da Paolo Ubaldi e rifondata dal Prof. Emanuele Rapisarda, rimane attiva fino al 1934, anno della morte del suo ideatore. Dall’atto della sua rifondazione, in occasione della quale il titolo viene modificato da “Didascaleion” a “Nuovo Didascaleion”, la rivista esce sempre, più o meno con continuità ininterrotta sino al 1970. 

154      G. Agnello, L’oratorio ipogeico di Castelluccio, in “Nuovo Didaskaleion”, II, 1948, pp. 36-50; Id., Problemi archeologici della Sicilia paleocristiana, in “Pre­senza cristiana”, 11-14, 1954, p. 3; Id., Gli affreschi dei santuari rupestri della Sicilia. Le grotte di Lentini, in “Rendiconti della pontificia Accademia romana di Archeologia”, XXX‑XXXI, 1957-­59, pp. 189-204; Id., Siracusa, in “Italia nostra”, 17, 1960, pp. 26-27, resoconto dei ritrovamenti archeologici sotto il Palazzo del Senato; Id., Un sacello pagano con affreschi nella catacomba di S. Lucia a Siracusa, in “Palladio”, XIII, 1963, pp. 8-16; Id., L’ipogeo Politi a Siracusa e la storia della sua scoperta, in “Siculorum Gymnasium”, XIX, 1966, pp. 226-244. 

155      Id., In Piazza Archimede ritrovamenti archeologici, in “La Voce di Siracusa”, 26 marzo 1960, p. 2; Id., Nel sottosuolo del Palazzo del Senato. Ritrovamenti archeo­logici, ivi, 15 aprile 1960, p. 2; Id., Problemi archeologici ed esigenze industriali, in “Sette giorni di Siracusa”, 12‑13 gennaio 1963, pp. 7-8; Id., La scoperta di nuove catacombe a Siracusa, in “L’Osservatore romano”, 17 aprile 1964, p. 5; Id., Nuova rivelazione catacombale della Siracusa paleocristiana, in “La voce di Siracusa”, 6 giugno 1965, p. 2; Id., Sulla catacomba di Manomozza, in “La Sicilia”, (Cronaca di Siracusa), 21 aprile 1970, p. 6; Id., Sensazionale scoperta a Siracusa di un vasto complesso catacombale, in “La Sicilia”, 21 ottobre 1970, p. 3.

156      Id., Prefazione, in Atti del I Congresso Nazionale di Archeolo­gia Cristiana (Siracusa, 19-24 settembre 1950), “L’Erma” di Bretschneider, Roma 1952; Id., La Sicilia cristiana e i suoi illustratori…, ivi, pp. 7-29; Id., La necropoli e la chiesa rupestre di Bibinello…, ivi, pp. 31-47; Id., Recenti esplorazioni nelle catacombe Cassia e S. Maria a Siracusa, in Atti del II Congresso Nazionale di Archeo­logia Cristiana (Matera, Venosa, Menfi…, 25-31 maggio 1969), “L’Erma” di Bretschneider, Roma 1971, pp. 25-43; Id., Discorso inaugurale, ivi, pp. 486-490; Id., Ringraziamento e commiato del Presidente, ivi, pp. 494-497; Id., Gli ultimi scavi nella catacomba di S. Maria a Siracusa, in Atti del III Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, Edizioni Lint, Trieste 1974 (“Antichità alto-­adriatiche”, VI), pp. 443-465. Sugli interventi di Agnello ai Congressi Nazionali ed Internazionali di Archeologia Cristiana si veda pure: Rilievi strutturali e sepolcri a baldacchino nelle catacombe di Sicilia, in Actes du Ve Congrès International d’Archéo­logie Chrétienne (Aix-en‑Provence, 13-19 septembre 1954), Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana - Société d’Edition Les Belles-Lettres, Città del Vaticano - Paris 1957 (“Studi di Antichità Cristiana”, XXII); Id., The Frescoes in the Crypt of St. Martian at Syracuse, in X. Milletlerarasi Bizans Tetklkleri Kongresi Tebligleri (Actes du Xe Congrès International d’Etudes Byzantines) (Istanbul, 15-21. IX. 1955), Publication du Comité d’Organisation du X. Congrès International d’Etudes Byzantines, Istanbul 1957, p. 109; Id., Recenti scoperte e studi sui cimiteri paleocristiani della Si­cilia, in Atti del VI Congresso Internazionale di Archeolo­gia Cristiana (Ravenna, 23‑30 settembre 1962), Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Città del Vaticano 1965 (“Studi di Antichità Cristiana”, XXVI), pp. 279-294; Id., Recenti scoperte di monumenti paleocristiani nel Siracu­sano, in Akten des VII. Internationalen Kongresses für Christliche Archäologie (Trier, 5 11 September 1965), Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana - Deutsches Archáologisches Institut, Città del Vaticano - Berlin 1969 (“Studi di Antichità Cristiana”, XXVII), pp. 309-326; Id., Le catacombe di Sicilia e di Malta e le loro caratteristiche strutturali, in Atti del XV Congresso di Storia dell’Archi­tettura (Malta, 11-16 settembre 1967), Centro di Studi per la Storia dell’Architettura, Roma 1970, pp. 213-235. 

157            Id., Prefazione, in Atti del I Congresso Nazionale di Archeolo­gia Cristiana (Siracusa, 19-24 settembre 1950), “L’Erma” di Bretschneider, Roma 1952, pp. 5-6. 

158     Ancora ne sono stati recentemente aggiunti dal nipote a completamento della già ricchissima enumerazione.

 



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Temi di Critica - numero 3

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