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in questo numero contributi di Diana Malignaggi, Roberta Cinà, Ivan Arlotta, Roberto Lai, Raffaella Picello, Francesco Paolo Campione.

codice DOI:10.4413/RIVISTA - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010

Charlot: eroe surrealista di Ivan Arlotta

Charlot, vagabondo, poeta illuminato, ingenuo e sognante simbolizza uno degli aspetti più tragici della vita, egli è l’uomo messo al margine della società. Un personaggio con delle caratteristiche fisiche precise, un tipico abbigliamento e un’andatura che si evolve durante la pellicola ed ancor di più nel corso degli anni.
Può essere considerato un “mito”? Certamente. Il suo essere “personaggio” è stato cristallizzato, fissato com’è accaduto a Giobbe, a Sisifo o a Prometeo. Charlot rappresenta l’emarginato, il reietto, che si rifiuta di recitare il ruolo che la società gli ha destinato, un uomo che si oppone alle idee mercantiliste e perbeniste, che vuole affermare con forza, e qui sta il contrasto maggiore con il suo essere un povero vagabondo dagli abiti sdruciti e impolverati, la sua esistenza1. Amato o odiato dai suoi contemporanei, diviene un’icona per gli appartenenti alle avanguardie europee, in particolar modo suscitò l’interesse dell’intellighenzia surrealista. Nel 1919, in Cinéma et Cie, Louis Delluc definisce Chaplin/Charlot «désenchanté», ovvero un attore capace grazie alle sue innate doti di essere in grado «par sa violente sensibilité d’embrasser toute la joie et toute la peine»2.
Desnos, Soupault e Goll hanno esaltato a più riprese questo piccolo grande eroe che spesso, con la forza dell’ironia, ha più volte denunciato la condizione dell’uomo quale caricatura di se stesso, nella società a lui contemporanea, quella del primo Novecento, compiendo come vedremo, in particolare Soupault e Goll, quasi una ‘riscrittura’ dei film del regista.


Le merveilleux de Charlot

Tra gli appartenenti al gruppo surrealista chi maggiormente si è occupato di cinema è senz’altro Robert Desnos3. Egli iniziò a scrivere articoli sulla septième art (raccolti in seguito in Cinéma) a partire dagli anni Venti, occupandosi delle prime teorizzazioni sul cinematografo, interessandosi a svariati argomenti, dalla produzione americana a quella russa, dalle avanguardie alla censura cinematografica.
Come la maggior parte dei surrealisti fu un divoratore di film e di serie come Les Mystères de New York, Les Vampires o Fantômas, che riuscivano a scuotere l’immaginazione dello spettatore4.
Desnos scrive in anni in cui il cinema subisce continue innovazioni, dall’abolizione dei sottotitoli al sonoro, cambiamenti a proposito dei quali egli prese sempre una posizione chiara. Nell’articolo del 27 aprile 1923, mette in relazione il cinema e il sogno enunciando inizialmente la carica di magia e d’imprevisto che il sogno possiede: «Il est un cinéma plus merveilleux que tout autre. Ceux auxquels il est donné de rêver savent bien que nul film ne peut égaler en imprévu, en tragique, cette vie indiscutable à laquelle est consacré leur sommeil»5.
Nell’articolo si fa esplicito riferimento a quello che potrebbe essere uno dei motivi che spinsero i surrealisti a recarsi al cinema e a divenirne dei cannibales: «A défaut de l’aventure spontanée que nos paupières laisseront échapper au réveil, nous allons dans les salles obscures chercher le rêve artificiel et peut-être l’excitant capable de peupler nos nuits désertées»6. L’articolo si conclude con la denuncia dello snaturamento del sogno nel cinema e nell’incapacità di sceneggiatori e registi di mostrare sullo schermo le potenzialità del sogno:

Il ne nous a pas été donné encore, malgré de nombreuses tentatives, de voir se dérouler à l’écran un scénario affranchi des lois humaines. Les rêves, notamment, y sont absolument dénaturés; aucun ne participe de la magie incomparable qui fait leur charme. Aucun où le metteur en scène se soit servi de ses souvenirs7.

Desnos rileva come al cinema si mostri sempre di meno il merveilleux, capace, secondo lo scrittore, di dare accesso alle regioni in cui il cuore e il pensiero si liberano dello spirito critico e descrittivo che li unisce alla terra, e scopo supremo dello spirito umano da quando esso si è impadronito del potere creatore conferitogli dalla poesia e dall’immaginazione8.
Egli dedica gran parte dei suoi articoli all’analisi critica dei film prodotti e distribuiti nelle sale e, in occasione di una retrospettiva su Charlot organizzata al Vieux-Colombier (1924-1925), Desnos scrive un articolo esaltando le doti di Charlie Chaplin (come già detto, uno degli eroi cinematografici dei surrealisti) capace, attraverso le peripezie del suo personaggio, di creare un incantesimo assimilabile a quello prodotto dal sogno.

Charlot fait du ciné est un film de la plus grande époque: celle de la tarte à la crème et du vrai rire. La logique à laquelle sont soumises ces péripéties est parente de celle du rêve. […] Il ne s’agit là de voir ce le film est bien fait […] mais de suivre avec fièvre les aventures des héros9.

Nell’articolo apparso in “Journal Littéraire” il 28 marzo del 1925, a proposito degli ultimi film di Chaplin, commenta:

Quoique Charlot pèlerin témoigne d’un esprit d’invention merveilleux, qu’il reste bien entendu très supérieur à toute la production contemporaine, je persiste à préférer Une idylle aux champs, ou Charlot fait une cure, ou Charlot s’évade. Mais la qualité du comique est la même, il laisse rêveur10.

Non solo Charlot riesce a far sognare, ma è lui stesso uno di quei sognatori che i benpensanti disprezzano. Nello stesso anno consacra un intero articolo all’eroe surrealista capace di far sognare gli spettatori, considerato un poeta, un moralista:

Qu’on l’aime ou non, il impose sa leçon, aussi bien aux rieurs qu’aux esprits moroses. Vous riez devant Charlot ? Vous Avez tort. Vous restez sérieux ? Vous avez tort. Il prêche d’exemple et chacun au fond de l’âme doit reconnaître le pessimisme de son jugement sur la vie ridicule que nous menons11.

Fustigatore, quindi, di quella società «ridicule» vincolata da norme morali, sociali e religiose che non permettono all’uomo di essere libero. Charlot in un primo momento disprezzato dalla critica, ora è osannato e si cerca di intrappolarlo dentro un’estetica che i critici gli hanno tessuto attorno, credendo di aver capito profondamente il suo pensiero, il suo spirito, di averlo quasi influenzato. Ma per fortuna, ci rassicura Desnos, Charlot è rimasto quel «creatore spontaneo» che gli spettatori conoscono e non si è lasciato condizionare dai giudizi esterni che lo avrebbero portato a una sorta di degradazione, così come avvenuto per altri celebri comici dei primi del Novecento.

Heureusement que Charlot avec Jour de paye atteste la toute-puissance de la poésie et nous permet d’admirer encore une fois son authentique et surprenant génie. Et même, à quoi bon affaibli d’un commentaire ce que son nom seul signifie de perfection?12

Desnos corre in soccorso di Chaplin quando quest’ultimo subisce un processo mediatico, scrivendo un articolo in sua difesa (29 gennaio 1927) nel momento in cui è in procinto di divorziare13. Forse la parola-chiave attorno alla quale ruota l’idea di cinema di Desnos è, come suggerisce Gauthier, «enchantement», ovvero tutto ciò che rompe con la logica, con la quotidianità, tutto ciò che favorisce il sogno, che ci libera e ci allontana dalle preoccupazioni materiali, una droga «opium parfait» come sostiene Desnos14.
Ma in fondo, cosa chiedevano Desnos e i surrealisti a questa nuova arte dalle potenzialità illimitate e sconosciute, cosa desideravano vedere sullo schermo nero e magico?

Ce que nous demandons au cinéma, c’est l’impossible, c’est l’inattendu, le rêve, la surprise, le lyrisme qui effacent les bassesses dans les âmes et les précipitent enthousiastes aux barricades et dans les aventures; ce que nous demandons au cinéma c’est ce que l’amour et la vie nous refusent, c’est le mystère, c’est le miracle15.

E Chaplin/Charlot era stato, senza dubbio, uno dei protagonisti di questo miracolo.


L’homme qui a fait rire le monde

Philippe Soupault16 è stato uno dei primi surrealisti ad interessarsi al cinema, riconoscendo l’importanza e le possibilità di questo nuovo mezzo di comunicazione. In Note sur le cinéma pubblicato nel 1918 in “Sic”, attacca cineasti e critici che rendono la settima arte «le miroir incolore et l’écho muet du théâtre». Inoltre, afferma che il cinema è dotato di qualità proprie: «Il renverse toutes les lois naturelles, il ignore l’espace, le temps, bouleverse le pesanteur, la balistique, la biologie, etc. Son œil est plus patient, plus perçant, plus précis»17.
Il primo articolo che scrisse nella rubrica Les Spectacles sulla rivista “Littérature”, lo dedicò a Une vie de chien che vede come protagonista l’eroe surrealista Charlot. Grazie alla poésie critique Soupault non rinuncia a scrivere versi che in molti casi ricordano alcuni passaggi di Les Champs magnétiques, opera composta insieme ad André Breton in quegli stessi anni (1919-1920) e inoltre illustra i film di Chaplin.
Significativamente, la prima composizione sul cinema si incentra sul film di Charlie Chaplin A Dog’s life (1918) – Une Vie de chien nell’edizione francese – unanimemente considerato dalla critica il primo capolavoro dell’attore-regista, che Dan Kamin in Charlie Chaplin’s One-Man Show afferma «essere il miglior film di Chaplin genio dell’arte comica»18.
A Dog’s life ha come protagonista Charlot, un vagabondo vittima delle circostanze, e un cane anch’esso rimasto solo a combattere le avversità della vita, un individuo cui mancano due elementi fondamentali nella vita di ogni uomo: l’amore di una donna e un lavoro. Il protagonista del film riuscirà a risolvere questi due problemi grazie all’aiuto del suo fedele amico19. La trama del film è semplice: Charlot è alla ricerca di un lavoro che non riesce a ottenere a causa degli intrighi di altri candidati. Nel frattempo salva un cane che stava disputandosi un osso con altri cani. I due protagonisti hanno diversi punti in comune: entrambi vivono di espedienti al margine della società, lottano quotidianamente per sopravvivere, conducono un’esistenza precaria in un mondo in cui la vita sembra un combattimento di cani.
A un certo punto del film Charlot incontra una sfortunata ballerina in un locale chiamato La Lanterne Verte e riesce a liberarla dalle grinfie di alcuni delinquenti. Il cane nel frattempo dissotterra un portafoglio rubato e nascosto da alcuni delinquenti; i due protagonisti sventano le mire criminali dei malviventi e, grazie a una giusta ricompensa, si ritirano in una fattoria. Nell’ultima scena, a sottolineare l’idillio, il cane presenta ai suoi padroni una nidiata di cuccioli.
Anche se, a una prima lettura, l’argomento trattato nel testo scritto da Soupault sembra ermetico (è difficile rintracciare i protagonisti umani e la figura del cane, centrale nel film, è assente nel testo) è comunque possibile individuare diversi elementi che, seguendo l’ordine cronologico del film, lo commentano.

À cinq heures du matin ou du soir, la fumée qui gonfle les bars vous prend à la gorge: on dort à la belle étoile.
Mais le temps passe. Il n’y a une seconde à perdre. Tabac. Au coin des rues on croise l’ombre; les marchands établis aux carrefours sont à leur poste. Il s’agit bien de courir: les mains dans les poches on regarde. Café-bar.
À la poste on écoute le piano mécanique. L’odeur de l’alcool fait valser les couples.
Ils sont là.
Au bord des tables, au bord des lèvres les cigarettes se consument: une nouvelle étoile chante une ancienne et triste chanson.
On peut tourner la tête.
Le soleil se pose sur un arbre et les reflets dans les vitres sont les éclats de rire. Une histoire gaie comme la boutique d’un marchand de couleurs20.

La prima frase si riferisce alla scena iniziale del film in cui si vede Charlot che dorme; successivamente dopo un inseguimento con un poliziotto che l’aveva visto rubare un hot-dog, Charlot si reca all’ufficio di collocamento dove nota un annuncio per un lavoro. «Il n’y a une seconde à perdre» perché altri disoccupati notano lo stesso annuncio, quindi deve affrettarsi a reclamare il posto prima che lo facciano gli altri.
Charlot non riesce a ottenere l’impiego e uscendo dall’ufficio salva il cane protagonista del film. Soupault cita gli ambulanti che per strada vendono le loro mercanzie «les marchands établis aux carrefours sont à leur poste»; nel film, in realtà, vi sono dei commercianti che espongono all’esterno dei loro negozi la merce, che diviene facile preda per le razzie di un branco di randagi. Successivamente Soupault commenta, con una sorta di flash-back, la scena dell’ufficio di collocamento: «Il s’agit bien de courir: les mains dans les poches on regarde» che nel film è cronologicamente inserita prima della scena in cui Charlot ed il cane si incontrano. Soupault si serve delle comuni insegne «tabac» e «cafè-bar» per evocare il locale dove il protagonista del film incontrerà la donna della sua vita, queste insegne però non sono presenti nella pellicola.
In A Dog’s life all’interno del locale la protagonista è accompagnata da un’orchestra, che nel testo Soupault sostituisce con «le piano mécanique», mentre ripropone l’immagine delle coppie che fumano e danzano nel locale «L’odeur de l’alcool fait valser les couples».
«Une nouvelle étoile chante une ancienne et triste chanson», con queste parole il poeta richiama la figura dell’amata del protagonista, che canta una canzone talmente malinconica da far sciogliere in lacrime i presenti, mentre lo stesso Charlot per contenere la sua emozione è costretto a distogliere lo sguardo  «On peut tourner la tête», e il suo vicino di tavolo versa fiumi di lacrime. Quest’ultima immagine comica attenua, per contrasto, l’effetto drammatico della scena. Negli ultimi due versi sono presenti tre metafore legate l’una all’altra in modo metonimico. Nella prima il sole è paragonato ad un uccello che si posa su un ramo e secondo Willard Bohn21 ciò annuncia che il sole sta tramontando, così come l’articolo di Soupault è giunto alla conclusione «Le soleil se pose sur un arbre».
La seconda metafora paragona i riflessi del sole sui vetri a degli scoppi di risa, che lo stesso Bohn afferma provenire dal pubblico in sala che sta assistendo alla proiezione del film di Chaplin «et les reflets dans les vitres sont les éclats de rire». La terza e ultima metafora, oltre a suggerire secondo Willard Bohn che Charlie Chaplin è un artista molto dotato, afferma che il film è allegro «comme la boutique d’un marchand de couleurs».
I critici americani si sono soffermati sulla carica comica di A Dog’s life che, a nostro parere, oltre ad avere indubbi elementi comici, possiede una notevole carica pessimistica. La combinazione di tragico e comico è presente e caratterizza tutta la produzione cinematografica di Chaplin. È questa caratterestica che fu particolarmente apprezzata dai surrealisti, come afferma Sadoul in Vie de Charlot22. Soupault non si limitò a scrivere questo testo di poésie critique, ma ne scrisse altri due a commento di altrettanti film di Chaplin: The Immigrant (1917) e Sunnyside (1919), rispettivamente Charlot voyage e Une Idylle aux champs nell’edizione francese. The Immigrant è diviso in due parti, nella prima è descritta la traversata degli emigranti, tra cui Charlot, in cerca di fortuna nel nuovo continente, nella seconda sono narrate le vicissitudini degli emigrati, in particolare di Charlot, al loro arrivo negli Stati Uniti.
I Surrealisti elogiarono in particolare la prima parte del film che mostrava chiaramente quanto fosse falso il mito degli Stati Uniti paese della «democrazia»:

Qu’il suffise de rappeler le spectacle tragique des passagers de dernière classe portant des étiquettes comme s’ils étaient des vaches sur le pont du bateau amenant Charlot en Amérique; les brutalités des représentants de la loi, l’examen cynique des émigrants, les mains sales tâtonnant les femmes dans le pays de la Prohibition, au-dessous de la garde classique de la Liberté illuminant le Monde23.

Soupault pubblicò il suo testo nell’agosto del 1919 in “Littérature”. Il testo si compone di due parti così come il film e solo alla fine traspare una certa inquietudine derivante dalla visione del film. Il poeta usa la metafora per confermare quanto in precedenza dichiarato.

Le roulis et l’ennui bercent les journées. Nous avons assez de ces promenades sur le pont : depuis le départ, la mer est incolore. Les dés que l’on jette ou les cartes ne peuvent même plus nous faire oublier cette ville que nous allons connaître : la vie est en jeu.
C’est la pluie qui nous accueille dans ces rues désertes. Les oiseaux et l’espoir sont loin. Dans toute les villes les salles de restaurants sont chaudes. On ne pense plus, on regarde les visages des clients, la porte ou la lumière. Est-ce que l’on sait maintenant qu’il faudra sortir et payer ? Est-ce que la minute qui est là ne nous suffit pas ? Il n’y a plus qu’à rire de toutes ces inquiétudes. Et nous rions tristement comme des bossus24.

Le prime frasi commentano le giornate trascorse dagli emigranti sulla nave che li sta portando nella «Terra promessa», i loro passatempi «Les dés que l’on jette ou les cartes», le loro monotone passeggiate sul ponte, il noioso paesaggio che li circonda «Nous avons assez de ces promenades sur le pont: depuis le départ, la mer est incolore». Soupault utilizza la metafora per descrivere l’oceano che circonda la nave, un’immensa distesa d’acqua paragonabile ad un deserto, riprendendo un episodio che nel film è cronologicamente inserito prima: un acquazzone colpisce la nave e i passeggeri sono costretti a restare chiusi nelle cabine. Il poeta non commenta nei suoi versi l’episodio che vede protagonista Chaplin/Charlot giocare a carte e vincere e successivamente essere accusato di aver derubato un’anziana signora e la figlia, ma si limita a concentrare la sua attenzione sul gioco, metafora della condizione di quanti abbandonano la loro madrepatria per recarsi in un altrove sconosciuto, speranzosi di far fortuna mettendo «la vie… en jeu».
Il film prosegue con l’arrivo della nave al porto di New York e con il periodo di quarantena sull’isola di Ellis Island. Le aspettative di chi credeva di aver raggiunto l’Eden, l’Eldorado sono deluse, non c’è la banda sulla banchina ad accoglierli, c’è solo indifferenza e isolamento per questi nuovi sventurati. Il poeta attraverso la descrizione della situazione atmosferica mostra l’ostilità degli indigeni verso i nuovi venuti: «C’est la pluie qui nous accueille dans ces rues désertes. Les oiseaux et l’espoir sont loin». Una volta sbarcato, Charlot è protagonista di un episodio comico, infatti, dopo aver trovato una moneta a terra si reca al ristorante e lì assistiamo al passaggio di questa moneta da una mano all’altra (cliente, cameriere e di nuovo a Charlot). L’episodio è sintetizzato da Soupaul con queste parole: «Est-ce que l’on sait maintenant qu’il faudra sortir et payer?». È evidente che la situazione che vive Charlot è tutt’altro che divertente, comunque trattandosi di un film comico Soupault ci invita a non prendere troppo sul serio ciò che sta accadendo e a riderci su,  senza però dimenticare che la fame e la povertà sono tristi realtà e quindi le nostre risa si tingono d’amaro: «Il n’y a plus qu’à rire de toutes ces inquiétudes. Et nous rions tristement comme des bossus», ingobbiti dal peso della vita.
L’ultimo film di Chaplin commentato da Soupault è Sunnyside (1919) che fu un vero insuccesso. Il film racconta le vicissitudini di un uomo alla ricerca dell’amore e della felicità e sullo sfondo è descritta la realtà sociale degli operai dell’epoca. La prima parte del film mostra la triste condizione di vita in cui è costretto Charlot che svolge il duplice lavoro di aiutante in una fattoria e ragazzo tuttofare in un albergo di Sunnyside che per ironia della sorte si chiama Hotel Evergreen. Nella seconda parte della pellicola sono narrate le avventure, a lieto fine, del protagonista che cerca di conquistare l’amore di una donna.
Nel febbraio del 1920, Soupault pubblica in “Littérature” la sua poésie critique sul film.

Les poètes savent faire des additions sans avoir jamais rien appris. Charlie Chaplin conduit les vaches sur les sommets où repose le soleil. Au fond de la vallée, il y a cet hôtel borgne qui ressemble à la vie, et la vie n’est pas drôle pour ce garçon qui se croit sentimental.
Nous rions aux larmes parce que les fleurs sont celles du pissenlit et que dans les coquillages on écoute l’amour, la mer et la mort25.

Soupault rievoca alcuni avvenimenti del film: «Charlie Chaplin conduit les vaches sur les sommets où repose le soleil. Au fond de la vallée, il y a cet hôtel borgne qui ressemble à la vie, et la vie n’est pas drôle», mettendo l’accento sulla vita grama che il povero protagonista deve condurre.
Nella prima frase il poeta si serve della metafora per sottolineare come nella vita ciò che è veramente utile non lo si impara sui banchi di scuola, ma grazie all’esperienza diretta o a doti innate e così come: «Les poètes savent faire des additions sans avoir jamais rien appris», Charlot ha imparato a pascolare le vacche ed a svolgere gli altri innumerevoli incarichi che gli hanno affibbiato. Chaplin, dunque, ha il dono di sapere creare poesia. La seconda parte dell’articolo è dedicata all’amore che sboccia tra il protagonista e la sua amata. Alcuni elementi presenti nel film come il bouquet che Charlot regala alla ragazza che ama «les fleurs sont celles du pissenlit» o la conchiglia che il protagonista trova – «dans les coquillages on écoute l’amour» – sono ripresi nella poesia. Soupault non cela una certa amarezza anche in quest’ultimo testo; la vita, sembra volerci suggerire, non è così felice come è mostrata alle volte sui grandi schermi e non termina sempre con un lieto fine. Infatti, per quanto il film ci faccia ridere «Nous rions» e ci faccia estraniare dalla vita quotidiana, il poeta ci riporta alla realtà ricordandoci che la vita di ognuno di noi si concluderà con «la mort».
L’ammirazione nei confronti del piccolo omino dai baffetti, diventato suo malgrado eroe universale, lo inducono a scrivere (1931) una sorta di fantabiografia che intitola semplicemente Charlot, in cui narra le vicissitudini del personaggio chapliniano dalla sua nascita sino alla sua presunta morte:

Pour écrire cette biographie je n’ai pas eu à utiliser de documents et mes sources sont à la portée de tous ceux qui aiment le cinéma […] je me rends compte enfin que je n’ai su exprimer que très incomplètement l’essentiel de Charlot, je veux dire, la poésie qui coule dans ses veines. Charlot est, en effet, un poète au sens le plus pur et le plus fort du terme […] pour pouvoir donner de lui une image plus profondément vraie, ce n’est pas une biographie qu’il aurait fallu écrire, mais un poème26.

 

Apologie des Charlot

Scrittore poliedrico e polifonico (in grado di scrivere indifferentemente in tedesco, in francese ed in inglese), interprete e fondatore dei movimenti di avanguardia che si sono susseguiti nella prima metà del Novecento, espressionismo, dadaismo, surrealismo e reismo, Yvan Goll27 non gode ancora oggi di quel prestigio che si dovrebbe ad un autore in grado di spaziare dalla poesia al romanzo, dal cinema al teatro, dalla musica all’elegia.
Anticipatore e fondatore del Surrealismo, nel suo articolo Das Überdrama del 1919 ripreso nella prefazione di Die Unsterblichen. Zwei Überdramen del 1920, e successivamente nella prefazione di Methusalem oder der ewige Bürger (1922), teorizza in contrasto con Breton un paradossale surrealismo antifreudiano in cui domina l’alogik. La alogicità, infatti, gli appariva come la forma di umorismo più intellettuale e perciò l’elemento costitutivo del dialogo surreale ed unica arma contro la logica, la matematica e la dialettica28.
È in Die Chaplinade. Eine filmdichtung (1920) un’opera a metà tra il poema e lo scénario d’un film, che si manifesta a pieno il linguaggio alogico e straniante che evidenzia una rottura con il linguaggio della routine quotidiana che porta all’incomunicabilità tra gli uomini.
Nella Chaplinade si esalta uno degli eroi surrealisti per eccellenza, protagonista di quella nuova arte che proponeva un linguaggio “altro” che possedeva grandi potenzialità e che si prestava all’alogismo golliano.
L’opera è composta di una serie di sequenze che non seguono un ordine cronologico né spaziale, ma sono una sovrapposizione d’immagini che rimandano metaforicamente ad un significato più profondo delle semplici parole.
Certamente si possono rintracciare un inizio (Chaplin che esce fuori dal cartellone pubblicitario), una parte centrale (il viaggio in treno) ed una fine (Chaplin rientra nel manifesto), che rendono l’opera circolare.
È evidente la scelta di Goll di riscrivere il personaggio di Chaplin, mostrando attraverso immagini poetiche l’archetipo caratterizzante Charlot: «Chaplin ist schnell hinter di Säule geschlüpft und erscheint bald darauf in den gewohnten Zivilkleidern: runder Melonhut, Jacken, Rohrstöckchen, Korkzieherhosen»29.
Chaplin/Charlot l’uomo-oggetto sfruttato da una società egoista, che ha posto come valore di riferimento l’arricchimento e di conseguenza approfitta senza scrupoli dei più deboli, è più volte “attaccato”:

Was fällt dir ein, Chaplin!
Ans Plakat, du Narr!
Arbeite, lächle, das ist dein Beruf ! [...]
Plakatkleber ergreift Chaplin am Halskragen und drückt ihn an die Säule.
Chaplin erscheint einen Augenblick als Christus mit Dornenkrone. Plakatkleber klebt ihn aber unerbittlich mit dem Pinsel ans Plakat. [...]
Die Plakate sind seit längerer Zeit alle wie in der Anfangsszene herbeigeschlichen.
Grüßen Chaplin tief.
Der Plakatkleber ergreift ihn und klebt ihn wieder an die Litfaßsäule30.

Questo «Charlot von Assisi», questo nuovo messia, messo in croce dalla società del lavoro e del denaro, che dirà più avanti: «Lasset die Kindlein zu mir kommen», grida più volte la sua voglia di essere affrancato: «Ich gebe dir die Krone: laß mich frei!» ed invita gli uomini-spettatori a servirsi di lui, a mangiarne un po’ «Ihr alle kommt an mein prophetisch Herz»31. Se vi sono, da una parte, degli uomini che riconoscono in Chaplin un liberatore:

Ave Charlot!
Heil dem Befreier aus dem Jahrhundert der Arbeit!
Führ uns wieder zu uns selber zurück!
Seltener Bruder des Rehs, Prophet der Wüstenvölker,
Hier schmachten und dursten wir nach deiner Kunst,
Schlag an den felsenen Quell unsrer Brust!
Schenke das Lachen den Menschen,
Gieß Himmel wieder in unsere Augen.
Wir können nicht mehr denken!
Wir können uns nicht mehr erkennen!
Erlöse uns von Der Arbeit! Bring den Kommunismus der Seele!

un rivoluzionario

Befrei die Menschen aus ihrer Langeweile!
Bring uns die Revolution!32

e amaro il suo bilancio alla fine:

Nun bin ich armer als am ersten Tag!
Mein Schicksal fließt wie Regen an mir nieder,
Mein Herz ist starr wie eine tote Uhr:
Und das ist Chaplin!
Einsamer als alle!33

La parte centrale di questa poesia filmica, anticipa di un ventennio La cantatrice chauve di Ionesco ed il teatro dell’assurdo. Goll mostra attraverso l’uso di una serie di nonsense, di frasi stereotipate e banali, le difficoltà della comunicazione tra gli uomini che non sembrano dialogare, ma piuttosto parlare a se stessi: «Wer andern keine Grube gräbt, fällt selbst hinein […] Morgenstunde hat Kaffee im munde […] Ich glaube, es regnet». Sceneggiatura di un possibile film, canovaccio per una pièce teatrale, poesia, è difficile classificare Die Chaplinade perché ha le caratteristiche di un scénario (didascalie esplicative su come gli attori devono muoversi o essere inquadrati o ancora su immagini da proiettare), ma presenta nei suoi monologhi una dirompente forza poetica che conduce il lettore/spettatore ad una riflessione sulla società e su se stesso.
Il ritratto di Chaplin che deriva da questa poesia-filmica è quello di un uomo che meglio degli altri ha saputo interpretare la condizione dei paria del suo tempo, gli umili, gli emarginati, attraverso il suo tragicomico Charlot esaltato in Apologie des Charlot in cui Goll afferma:

Er ist der größte Philosoph um 1920, zweifellos.
[...] Charlot ist das Genie unserer Zeit.
[...] Charlot ist der beste Mensch unserer Zeit34.


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1        J. Mitry, Tout Chaplin, Seghers, Paris 1972, pp. 11-13.

2        M. Tariol, Louis Delluc, Seghers, Paris 1965, pp. 104-105.

3      Robert Desnos (Parigi 1900 – Campo di Terezin 1945) fu uno dei membri più attivi del gruppo surrealista. Secondo André Breton – il Papa del Surrealismo – egli parlava «surrealismo a volontà», e Desnos stesso dichiarava di aver fatto «atto di surrealismo assoluto». Nel 1922, inizia la sua avventura surrealista con alcune sedute di “scrittura automatica” sotto ipnosi, esperienze nelle quali eccelle e che gli varranno gli elogi di Breton: «Il Surrealismo è all’ordine del giorno, e Desnos è il suo profeta» (Manifeste du Surréalisme, 1924) il suo lavoro a tempo pieno per testate giornalistiche ed il suo scetticismo riguardo al coinvolgimento della politica comunista nel surrealismo, provocano un’incrinatura tra lui e Breton. A partire dal 1927 prende le distanze dal movimento e nel 1929 dopo essere stato espulso da Breton, scriverà un pamphlet critico, insieme a Georges Bataille ed altri autori, contro il «bovino Breton». Corps et biens è la prima raccolta di poesie pubblicata dopo la parentesi surrealista, un componimento costituito da raggruppamenti di parole disposte e scelte nella più assoluta libertà. Più personale e maggiormente impegnato in una visione umanitaria della società, appare la raccolta Fortunes (1942), mentre vibrano di sincero patriottismo le poesie composte durante la resistenza Etat de veille (1943) nelle quali è evidente l’influenza di Aragon. Le sue ultime composizioni composte nei campi di concentramento in cui fu deportato, scevre da ogni virtuosismo verbale, esprime in modo semplice e puro l’amore e la speranza riposte dal poeta nell’umanità (Choix, 1945 – Rue de la Gaîté, 1947 postumo).

4        G. Gauthier, Le cinéma selon Desnos, in “Europe”, Desnos n. 517-518, mai-juin 1972, p. 131.

5        R. Desnos, Cinéma, textes réunis et présentés par André Tchernia, Gallimard, Paris 1966, p. 104.

6        Ivi.

7        Ivi, pp. 104-105.

8        Ivi, p. 137.

9            Ivi, p. 124.

10          Ivi, p. 134.

11          Ivi, p. 146.

12          Ivi, p. 141.

13       Ci si riferisce al divorzio con Lita Grey avvenuto dopo quattro anni di matrimonio, mentre stava girando il film Il Circo.

14       G. Gauthier, Le cinéma…, p. 132.

15       R. Desnos, Cinéma..., p. 165.

16      Philippe Soupault (Chaville 1897 – Parigi 1990) fece parte del movimento dadaista e contribuì alla nascita del surrealismo, attraverso il primo tentativo di scrittura automatica, Les champs magnétiques, (1920). Pur continuando a firmare (fino al ’25) la maggior parte dei manifesti surrealisti, maturò il progressivo distacco che causò la “scomunica” di Breton (1926) e l’attacco contenuto nel Secondo Manifesto del Surrealismo, in cui venne definito “infamia totale”. Soupault continuò a sentirsi e a vivere da surrealista. Il distacco dal movimento nel 1929, i numerosi viaggi intorno al mondo, le collaborazioni per la radio e i giornali, e con l’unesco hanno impresso un tono più lirico e familiare alle raccolte successive: Il y a un Océan (1936), Odes (1946), Sans phrases (1953), riunite in Poèmes et Poésies 1917-1973 (1973).

17       H.J. Dupuy, Philippe Soupault, Seghers, Paris 1957, p. 75.

18       D. Kamin, Charlie Chaplin’s One-Man Show, Scarecrow, New Jersey 1984, p. 84.

19       G. Sadoul, Vie de Charlot: Charles Spencer Chaplin, ses films et son temps, Lherminier, Paris 1978, p. 58.

20       P. Soupault, [essai sur Une vie de chien], “Littérature”, n. 4, juin 1919, ripubblicato in H.J. Dupuy, Philippe Soupault…, p. 202.

21       W. Bohn, Philippe Soupault rencontre Charlot, in “Mélusine”, Cahiers du centre de recherche sur le surréalisme, n. XXIV, Le cinéma des surréalistes, L’Age d’Homme, Paris 2004, p. 36.

22       G. Sadoul, Vie de Charlot..., p. 27.

23       M. Alexandre, L. Aragon et al., “Hands Off Love”, Transition, 1927.

24       P. Soupault, [essai sur Charlot Voyage], in “Littérature”, n. 6, août 1919.

25       P. Soupault, [essai sur Une idylle aux champs], in “Littérature”, n. 12, février 1920, ripubblicato in H.J. Dupuy, Philippe Soupault…, p. 204.

26          P. Soupault, Charlot, Librairie Plon, Paris 1957, pp. II-III.

27       Yvan Goll (pseudonimo di Isaac Lang, Saint-Diè-des-Vosges 1891 – Parigi 1950). «Yvan Goll n’a pas de patrie: la destinée le voulut juif, un hasard le fit naître en France, un papier estampillé le désigne comme Allemand», così egli stesso si presentò nel documento Menschheitsdämmerung che segna la nascita di uno dei principali movimenti d’avanguardia del Novecento: l’Espressionismo. Poeta poliglotta (scrisse in tedesco, francese e inglese) scrisse dal 1912 al ’22 in tedesco, successivamente soltanto in francese ad eccezione di alcune opere scritte durante l’esilio negli Stati Uniti d’America; nell’ultima raccolta Traumkraut ritornò ad usare la lingua tedesca. Fondatore nel ’24 di un Surrealismo, Manifeste du surrealisme, in contrapposizione a quello di Breton, fu sconfitto nella Bataille pour le surréalisme che segnò la rottura per decenni con i vecchi compagni surrealisti a causa dell’inesorabile “scomunica” bretoniana. Cfr. J. Stubbs, Goll versus Breton: The Battle for Surrealismus. Amore (diverse raccolte poetiche furono dedicate alla sua compagna Claire), Dio, morte, libertà, giustizia, furono alcune tra le tematiche affrontate nelle sue numerose opere, riunite postume in unico volume soltanto nel 1960. Attraversò tutti gli -ismi avanguardisti e fu fondatore nel 1948 del reismo in cui propone una “nuova realtà” una “neue Sachlichkeit”; secondo P. Chiarini anticipò con il suo Methusalem oder der ewige Bürger il “teatro dell’assurdo” di Ionesco, Adamov e Beckett.

28 P. Gambarota, Poetiche e linguaggi surrealisti, in Surrealismo in Germania. Risposte e contributo dei contemporanei tedeschi, Campanotto, Udine 1997, p. 84. Cfr. E. Robertson, R. Villan, Yvan Goll-Clare Goll: Texts and Contexts, Rodop, Amsterdam-Atlante, GA 1997.

29 Y. Goll, Die Chaplinade, 1920, ripubblicato in Y. Goll, Dichtungen. Lyrik, Prosa, Drama, Luchterhand, Darmstadt-Berlin Spandau-Neuwied am Rhein, 1960, p. 49: «Chaplin è sgusciato velocemente dietro la colonna e compare subito dopo nei consueti abiti civili: bombetta, giacchetta, bastone, calzoni spiegazzati » [le traduzione presenti in questo testo sono mie]. Esiste una traduzione italiana Chaplinata, tradotta da M. Morasso per le Edizioni L’Obliquo, in cui sono presenti delle differenze rispetto al testo originale in tedesco. Di Goll è interessante la lettura offerta da L. Mittner, Dal realismo alla sperimentazione (1890-1970) in Storia della Letteratura tedesca, v. III, Einaudi, Torino 2002; Id., L’Espressionismo, Laterza, Roma-Bari 2005. Cfr. anche M. Verdone, Teatro del tempo futurista, 2ª ed., Lerici, Roma 1988, p. 433, n. 2.

30 Ivi, pp. 49-50: «Cosa ti salta in mente, Chaplin!/Torna al manifesto, pazzo!/Lavora, sorridi, questo è il tuo mestiere! […] L’attacchino afferra Chaplin per il bavero e lo spinge verso la colonna. Per un attimo Chaplin appare come Cristo con la corona di spine. L’attacchino però, inesorabile, lo attacca col pennello al manifesto. […] I cartelloni, da un po’ sono rientrati come nella scena iniziale. Salutano Chaplin profondamente. L’attacchino lo afferra e lo riattacca alla colonna».

31 E. Blumenfeld, Charlie Chaplin, 1921.

32 Ivi, pp. 64-5: «Ave Charlot!/Salute a chi ci libera dal secolo del lavoro!/Guidaci di nuovo a noi stessi!/Raro fratello del capriolo, profeta dei popoli del deserto,/Qui ci struggiamo e abbiamo sete della tua arte,/Batti alla fronte rocciosa del nostro petto!/Dona il sorriso agli uomini,/Versaci di nuovo il cielo negli occhi./Non sappiamo più pensare!/Non sappiamo più riconoscerci!/Affrancaci dal lavoro! Porta il comunismo delle anime!/Libera gli uomini dalla loro noia!/Portaci la rivoluzione!».

33 Ivi, p. 69: «Sono più povero oggi di quanto lo fossi il primo giorno. Il mio destino mi scorre addosso come pioggia, il mio cuore è duro come un orologio morto: E questo è Chaplin! Più solo di chiunque altro».

34 Y. Goll, Apologie des Charlot, in “Die Neue Schaubuhne”, 1919, pp. 31-32: «Indubbiamente è il più grande filosofo nel 1920 […] Charlot è il genio del nostro tempo […] Charlot è il miglior uomo del nostro tempo».

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Temi di Critica - numero 6

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