teCLa :: Rivista #7

in questo numero contributi di Giacomo Pace Gravina, Giuseppe Giugno, Claudia Caruso, Valentina Raimondo, Giuseppe Cipolla, Simone Ferrari.

codice DOI:10.4413/GIUGNO1 - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010

Luigi Guglielmo Moncada: mecenate e uomo politico del Seicento di Giuseppe Giugno

Dopo la congiura del conte di Mazzarino Giuseppe Branciforti, scoppiata in Sicilia nel 1645 con lo scopo di separare l’isola dalla Spagna così da creare un regno indipendente, il duca di Montalto Luigi Guglielmo Moncada, che era stato coinvolto nella vicenda per assumere il ruolo di re della futura nazione siciliana, si ritira a Caltanissetta, per poi trasferirsi a Valencia dal 1652 al 1659 nelle funzioni di viceré[1].

A partire dal 1659, i suoi contatti e le sue relazioni politiche con la casa reale di Madrid diverranno sempre più intensi e frequenti, permettendogli di ricoprire importanti incarichi ed ottenere illustri onorificenze. Il Moncada fu, infatti, per ben tre volte grande di Spagna, membro del Consejo de Estado de España e gentiluomo del re Filippo IV È proprio del 1659 una nota di pagamento di onze 4 a favore di Gaspare Guercio, nella quale si fa richiamo alla «fattura di certi dissegni e piante di fabrice che si fecero in questa città mentre governò felicemente questo regno l’ecc.za del principe duca padrone»[2]. Si tratta di disegni di architettura, spediti a Madrid su ordine del marchese della Ginestra, procuratore del Moncada, che riproducevano le opere pubbliche realizzate a Palermo dal 1635 al 1638, cioè negli anni della presidenza del regno di Luigi Guglielmo. È probabile che i disegni di Guercio riguardassero porta Felice e la decorazione delle sale Montalto a palazzo dei Normanni, opere di Pietro Novelli, assieme agli interventi di ammodernamento di mura e bastioni della città. Pietro Novelli, in particolare, va ricordato per aver eseguito il ritratto di Luigi Guglielmo nelle vesti di presidente del regno, con la mise della più alta carica civile recante l’onorificenza del «Toson d’Oro», ma allo stesso tempo di poeta con un foglietto in mano appoggiato ad un tavolo su cui comparivano due sue pubblicazioni sulla Sicilia[3].

Il pagamento al Guercio è prova delle finalità autopologetiche e celebrative che i Moncada intendevano perseguire attraverso pittura e architettura. Finalità che trovano la loro più alta espressione nell’Opera Historico-Encomiastica commissionata da Luigi Guglielmo a Giovanni Agostino della Lengueglia: Ritratti della Prosapia et Heroi Moncadi nella Sicilia, pubblicata a Valenza nel 1657. I disegni di Guercio potrebbero essere gli stessi contenuti in un quaderno chiamato «Dibujos e inscripciones de las puertas monumentales levantadas en la feliz ciudad de Palermo»[4] tra il 1584 al 1668, o più precisamente, è probabile che parte degli elaborati di Guercio abbia contribuito a comporre il quaderno di disegni, attraverso il quale vengono documentate le opere e i miglioramenti del sistema difensivo palermitano, negli anni che vanno dal viceregno di Diego Henriquez de Guzman, conte di Albadelista, al viceregno di Francesco Fernandez de la Cueva, duca di Alburquerque. Il quaderno contiene numerosi dibujos di iscrizioni relative alle porte e mura di Palermo. Particolarmente utili sono quelle che rimandano ad interventi realizzati durante il governo del Moncada, come il baluardo di Montalto, le mura vicino porta Macheda, porta Felice e il tratto murario prossimo a porta dei Greci[5].

Dopo gli incarichi di governo nei viceregni siciliano e sardo, la carriera politica di Luigi Guglielmo prosegue in Spagna nel ruolo di viceré di Valencia. Sul suo periodo valenciano, si fa menzione, in particolare, di documenti e ordinanze da lui emanate come la prammatica di re Filippo IV en materia de los Coches y Cocheros, diffusa ed esecutoriata nell’intero viceregno nel 1654[6]. Si tratta di una sorta di codice della strada, che vietava l’uso di cocchi con sei cavalli per la città e le sue periferie ad eccezione del Grao, un quartiere di Valencia prossimo al porto commerciale. Un provvedimento certamente dettato dalla necessità di mantenere ordine e decoro nelle strade, come accadeva in quel tempo anche a Palermo e nelle altre città del regno.

Tuttavia di maggiore interesse per le sue implicazioni urbanistiche e per le sue relazioni culturali con la Sicilia è la Relacion de las festivas demostraciones, che illustra i festeggiamenti nella capitale valenciana per la nascita dell’erede di Filippo IV il Grande[7]. Il testo, datato 1658 e stampato a Valencia dal tipografo Bernardo Noguès, descrive le celebrazioni tenute in quell’occasione nelle piazze e strade della città con numerosi spettacoli di fuoco, i «teatri di fuoco», ampiamente documentati nel Seicento anche in Sicilia nelle celebrazioni civili e religiose come i festini.

La tradizione dei «teatri di fuoco» rappresenta indubbiamente uno dei numerosi anelli di congiunzione che lega la cultura siciliana a quella spagnola, come ben testimonia nel 1641 a Caltanissetta l’artificio di focu che Brandano Russo ed Egidio la Porta realizzano su commissione del rettore della compagnia di Gesù, Vincenzo Romano, per la visita in città di Luigi Guglielmo Moncada. Il prezioso documento d’archivio sul manufatto descrive l’impianto iconografico dell’opera, dove compaiono un gigante ed un elefante con sopra una fortezza:

un artificio di focu consistenti in 5000 fulgari cioè 3000 di terra e 2000 d’aria con uno Giganti di palmi 20 proportionato alla statura et uno leofanti supra un carro di longizza ditto leofanti palmi 12 cum una fortezza di sopra[8].

L’artificio di focu nisseno, espressione dell’architettura effimera barocca siciliana, manifesta molteplici relazioni ed affinità stilistiche con quanto già accadeva nel resto dell’isola, anticipando peraltro nell’impostazione iconografica l’artificio palermitano, realizzato nel 1650 da Mariano Quaranta per celebrare il trionfo di Giovanni d’Austria. Anche in questo caso, l’apparato scenografico propone l’immagine del «grande elefante con la torre sul torso», secondo un chiaro modello che rimanda alla xilografia dell’elefante in ossidiana con obelisco, pubblicata nel 1499 nella Hypnerotomachia Poliphili del monaco veneziano Francesco Colonna.

Si faceva ricorso ai «teatri di fuoco» per celebrare avvenimenti di particolare interesse pubblico, come accade a Caltanissetta a metà Seicento con la nascita dell’erede al trono di Spagna, secondo quanto attesta un provvedimento dei giurati del tempo:

si provede e comanda a tutte e singole perone di questa predetta citta che per li giorni 14, 15, 16 del corrente ogn’uno volesse fare festini, giubili … e la sera accendere nelle strade quantità di lume e domenica mattina esere assistere nella Venerabile Chiesa Madre per la solennità dovrà farsi e tutto ciò per il felice parto della nostra sovrana avendo dato alla luce un fortunato figlio maschio per sollievo e consolazione universale[9].

I festeggiamenti valenciani per la nascita dell’erede di Filippo IV, preceduti da tre giorni di preghiera dedicati a Dios Sacramentado, alla protectora Maria Reyna del Cielo e Madre de Desamparados e al patrono san Vincenzo Ferreri, iniziano nella piazza del real convento di San Francesco, nella quale viene preparato un sobervio castillo de forma quadrangular, su cui comparivano las armas reales de Aragon. L’intera composizione era concepita per incendiarsi – a a se comunicò el ardor a la fabrica toda – in ossequio alla nascita del principe erede. Allo spettacolo di fuoco fece seguito il corteo processionale per le vie della città con la presenza del Moncada che indossava il Toson d’Oro e un sombrero diamantato a bordo di un sontuoso cocchio. Il corteo processionale si snodò alla volta della piazza dei Predicatori lungo la via del Mar, per raggiungere subito dopo la piazza di Santa Caterina e fare nuovamente ritorno a San Francesco. I festeggiamenti continuarono nella notte con una commedia data nel Real.

Si tratta del palazzo di origine medievale che ospitava i viceré valenciani, al cui interno era stato avviato per volontà del Moncada un programma di ammodernamento, che interessava in particolare il cuarto de los leones, cioè l’appartamento del viceré, detto appunto dei Leoni. Nelle trasformazioni vennero coinvolti Jerónimo Vilanova e Jerónimo Crespo, i cui interventi riguardarono la sostituzione e ridisegno delle vecchie scale a caracol de mallorca con moderne scale quadrate castigliane e la creazione di nuovi spazi per i membri della corte[10]. In quella cicorstanza venne chiamato a palazzo anche Giuseppe Facciponti, probabilmente nella decorazione degli interni. Si tratta di un importante pittore, per il quale già nel 1650 si registra a Caltanissetta su mandato del Moncada un pagamento di onze 70, per un’opera purtroppo imprecisata[11].

Durante i giorni dei festeggiamenti, le mura e torri di Valencia assieme al Micalete, cioè il campanile della cattedrale, assunsero l’aspetto di fiaccole e si diede vita nel mercato ad un nuovo artificio di focu, che raffigurava una fortaleza con otto baluardi e un alto torrione quadrato. La composizione coronata delle armi della città provocò lo stupore della gente, incendiandosi improvvisamente con un vomito de dardos de fuego.

Dopo il periodo valenciano, a Madrid nel 1662, Luigi Guglielmo sebbene non ancora cardinale ha già relazioni e contatti con la curia romana, in particolare con alcuni dei maggiori protagonisti ed esponenti dell’architettura e scultura del tempo. Il suo interesse per l’arte è documentato da una fitta corrispondenza epistolare con Franco Filippucci, membro della segreteria di stato vaticana. Il carteggio informa sul gusto del principe per la statuaria classica, il Laocoonte in particolare, e sulla commissione a Gian Lorenzo Bernini di una statua bronzea, forse raffigurante un imperatore, spedita a Madrid:

questa statua ho procurato si facci con tutta diligenza essendo stata revista e ritoccata più volte dal cavalier Bernini e se bene la delicatura e puntualità di V.E. ci trovarà molti defetti li dico che più qua non s’è potuto fare, dalla parte di dietro non viene totalmente indorata perché mi dicono che in tal caso sarria parsa statua di legno indorato e così si conosce esser di bronzo ch’è quanto posso dir a V.E. d’ordine anche del cavalier Bernino che ha voluto che particolarmente la testa stia nella forma che la vedrà[12].

Il dialogo con Bernini, probabilmente già intessuto dal padre di Luigi Guglielmo, il principe Antonio, del quale è nota l’amicizia con papa Urbano VIII Barberini, principale committente dell’artista, esemplifica l’ampiezza e vastità delle relazioni culturali e politiche che il Moncada era riuscito ad intessere in quel tempo[13]. La corrispondenza con Filippucci documenta anche le relazioni del Moncada col principe Panfilio, al quale erano stati donati li libri della genealogia, probabilmente i Ritratti della Prosapia.

Particolarmente interessanti dalla lettura dell’epistolario risultano i continui rimandi alle trasformazioni urbanistiche e architettoniche romane in corso in quel tempo, come il progetto del colonnato berniniano per piazza San Pietro. A tal proposito, Filippucci riferisce al Moncada di essere stato il 20 giugno 1662 in casa del cavalier Bernino «per veder il lavoro di certe statue che si fanno per il superbo teatro della fabrica di san Pietro quall’accesso ha fatto stupir tutta la corte», fornendo anche notizie sui lavori a piazza del Popolo, con particolare riferimento alle chiese di Carlo Rainaldi, «in fronte della porta che già cominciano a far comparsa»[14].

Le relazioni del Moncada con la segreteria di stato vaticana sono indubbiamente rilevanti, perchè preparatorie alla sua assunzione al cardinalato.

Dopo la morte della moglie Caterina Moncada de Castro, figlia del marchese di Aitona, Luigi Guglielmo verrà creato cardinale nel 1667 da papa Alessandro VII, trasmettendo tutti i titoli, patrimonio e privilegi al figlio Ferdinando. Subito dopo otterrà nel 1670 da re Carlo II l’amministrazione delle abbazie di Santa Maria di Novara e di San Michele Arcangelo di Troina in Sicilia. La concessione è attestata da due cedole reali emesse nel dicembre 1670, con le quali si richiedeva alla santa sede l’approvazione del provvedimento reale:

 

humiliter deprecantes aliosque exhortantes ut nostram electionem nominationem et cum omni juris plenitudine iuxta ordinationem sacri Concilij Tridentini conferre … canonice instituere dignetur[15].

 

Il cardinal Moncada viene designato per le sue virtù alla guida dei due monasteri come successore di don Ildelfonso Perez de Guzman patriarca delle Indie. Egli era, infatti, abbastanza noto al re per la sua eximiam probitatem, manifestata durante il periodo vissuto in Spagna come consiliarius degli affari di stato. Oggi purtroppo delle due abbazie resta ben poco. Circa la prima, l’abbazia di Santa Maria di Novara, anche conosciuta come abbazia di Santa Maria di Nucaria o Santa Maria di Vallebona, è noto che la sua fondazione avvenne nel 1137 probabilmente per volontà di re Ruggero II o di un gruppo di monaci basiliani, divenendo nel 1172 monastero cistercense legato all’abbazia di Santa Maria di Sambugiugno in Calabria[16]. La rovina dell’edificio inizierà nel 1784 con la sua soppressione per ordine dei Borbone. La seconda abbazia di San Michele Arcangelo fu fondata nel territorio di Troina da re Ruggero e rappresenta assieme al monastero di Sant’Elia di Ebulo uno dei più importanti monasteri basiliani dell’isola[17].

Il cardinal Moncada morirà a Madrid il 4 maggio del 1672, lasciando di sé imperituro ricordo nelle sue opere, città e palazzi da lui voluti e realizzati nelle principali città del regno, che videro ed accompagnarono la sua crescita come committente ed importante uomo politico del Seicento europeo


[1] Luigi Guglielmo Moncada nasce a Collesano nel 1614 da Antonio d’Aragona Moncada e Giovanna de la Cerda duchessa di Medina. Dopo essere stato investito del titolo di principe di Paternò, sposa nel 1629 Maria Afàn de Ribera, figlia del viceré di Napoli. Con la morte precoce della principessa, il Moncada deciderà di risposarsi nel 1642 con la figlia del marchese di Aitona, donna Caterina Moncada de Castro, riuscendo grazie a questa unione ad irrobustire i suoi legami con la corte reale a Madrid. Sulla figura di Luigi Guglielmo Moncada cfr. R. Pilo, Luigi Guglielmo Moncada e il governo della Sicilia (1635-1639), Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2008; L. Scalisi, R. L. Foti, Il governo dei Moncada in L. Scalisi (a cura di), La Sicilia dei Moncada. Le corti, l’arte e la cultura nei secoli XVI-XVII, Domenico Sanfilippo Editore, Catania 2008, pp. 43-54; G. Giugno, Caltanissetta dei Moncada. Il progetto di città moderna, Lussografica, Caltanissetta 2012, pp. 33-34.

[2] Archivio di Stato di Palermo (d’ora in poi ASPa), vol. 1957, f. 162 r. Sulla figura di Gaspare Guercio cfr. L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. Architettura, vol. I, a cura di M.C. Ruggieri Tricoli, Novecento, Palermo 1993, pp. 219-221.

[3] Il ritratto di Luigi Guglielmo Moncada realizzato dal Novelli è documentato in G. Di Stefano, Pietro Novelli il monrealese, Flaccovio, Palermo 1989, pp. 220-221.

[4] Archivo Histórico Nacional (d’ora in poi AHN), Estado (E), Bellas artes, vol. 5033-187, s.f.

[5] Per una descrizione delle porte della città di Palermo si veda L. Triziano, Le Porte della città di Palermo, Stamperia di A. Gramignani, Palermo 1732, rist. anast. per le stampe di Pezzino, Palermo 1981. Il testo, oltre ad informare sul coinvolgimento del Moncada nella costruzione e completamento di porta di Montalto e porta Felice, riconduce a Luigi Guglielmo anche l’apertura dell’asse viario che collegava porta Vicari col piano di Sant’Erasmo. Gli interventi pubblici di Luigi Guglielmo Moncada in qualità di presidente del regno sulle porte della città di Palermo sono ben descritti in B. Mancuso, L’arte signorile d’adoprare le ricchezze. I Moncada mecenati e collezionisti tra Caltanissetta e Palermo (1553-1672) in L. Scalisi (a cura di), La Sicilia dei Moncada…, pp. 136-143. Per un approfondimento su Porta Felice si vedano T. Viscuso, Pietro Novelli architetto del senato di Palermo e architetto del regno, in Pietro Novelli e il suo ambiente, catalogo della mostra (Palermo, Albergo dei Poveri, 10 giugno - 30 ottobre 1990), Flaccovio, Palermo 1990, pp. 94-96 e il testo di E. Scaglione, Ricerche su Porta Felice e la sua zona monumentale, Atti del VII Congresso nazionale di Storia dell’architettura, a cura del Comitato presso la Soprintendenza ai Monumenti, Palermo 24-30 settembre 1950, pp. 313-327.

[6] AHN, E, Bellas artes, vol. 5033, s.f.

[7] Biblioteca Històrica Valenciana, Obras del siglo XVII, ms. 818/37, f. 40 r.

[8] Archivio di Stato di Caltanissetta (d’ora in poi ASCl), Not. A. La Mammana, vol. 642, f. 103 r. Per un approfondimento sull’argomento si veda G. Giugno, Scultura lignea a Caltanissetta nel Seicento tra sacro e profano, in P. Russo, S. Rizzo, T. Pugliatti (a cura di), Manufacere et scolpire in lignamine. Scultura e intaglio ligneo in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, Maimone Editore, Catania 2012, pp. 608-611.

[9] ASCl, Archivio Storico del Comune, vol. 1087, f. 149 r.

[10] Sulla residenza dei viceré a Valencia cfr. L. Arciniega Garcìa, Construcciones, usos y visiones del palacio del real de valencia bajo los austrias, in Ars Longa, n. 14-15, 2005-2006, pp. 129-164.

[11] ASCl, Not. A. la Mammana, vol. 650, f. 755 r.

[12] Il documento è stato pubblicato dall’autore in forma integrale in G. Giugno, Caltanissetta dei Moncada …, p. 165.

[13] Per un approfondimento sull’argomento cfr. ibid, p. 34.

[14] ASPa, Fondo Moncada, vol. 4, s.f.

[15] AHN, Sección Nobleza, Toledo, Moncada, vol. 413, f. 19: «Cedola Reale della Abbazia di S. Michele Arcangelo di Traijna conferita in persona dell’Eccellentissimo Signor Cardinal Moncada et Aragona data in Madrid a 12 di dicembre 1670 presentata in Palermo a 18 di marzo 1671».

[16] Sulla presenza dei cistercensi in Sicilia cfr. A. Gibilisco, I cistercensi in Sicilia: con una monografia su l'Abbazia di S. Maria di Roccadia, Istina, Siracusa 2001.

[17] Per un approfondimento sull’argomento cfr. C. Filangeri (a cura di), Monasteri basiliani di Sicilia: mostra dei codici e dei monumenti basiliani siciliani, Messina 3-6 dicembre 1979, Biblioteca regionale universitaria, Palermo 1980.

Galleria di Immagini

tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno tecla 7 - giugno



Scarica il numero della rivista in versione stampabile

Temi di Critica - numero 7

Scarica il documento PDF/OCR





Avviso! Gli utilizzatori di Safari, Opera, Firefox, Camino su piattaforma MacOS o Linux che non visualizzano correttamente il file pdf possono scaricare il plugin qui.
Gli utilizzatori di Google Chrome che non visualizzano correttamente lo zoom possono impostarlo in automatico digitando nella barra degli indirizzi "about:plugins" e abilitare la voce "Adobe Reader 9 - Versione: 9.4.1.222 Adobe PDF Plug-In For Firefox and Netscape '9.4.1'"

Licenza Creative Commons
"teCLa" - Temi di Critica e Letteratura Artistica by http://www.unipa.it/tecla/ is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License