teCLa :: Rivista

in questo numero contributi di Pina De Angelis, Elvira D'Amico, Carmelo Bajamonte, Giuseppe Giugno, Iolanda Di Natale, Angela Giardina, Roberta Priori.

codice DOI:10.4413/RIVISTA - codice ISSN: 2038-6133
numero di ruolo generale di iscrizione al Registro Stampa: 2583/2010 del 27/07/2010

Inter-Art-in-GAM: un progetto di accessibilità museale. L’opera d’arte come strumento di riabilitazione dei disturbi dell’autismo di Angela Giardina e Roberta Priori

Premessa. Per una cultura senza barriere Roberta Priori

L’istituzione museale e il suo ruolo educativo sono cresciuti enormemente negli ultimi anni.[1] I musei e la loro programmazione sono sempre più proiettati verso una progettualità volta a dialogare con ogni tipologia di pubblico:[2] non più quindi solo luoghi destinati all’esposizione e alla conservazione ma di esperienza conoscitiva e di aggregazione sociale aperti a sperimentazioni progettuali che implicano l’ascolto del territorio e la rielaborazione di quello che ci comunica per poter accogliere e includere tutti e in primo luogo il pubblico di persone con disabilità.

La promozione e la tutela dei diritti e della dignità delle persone con disabilità è una precisa responsabilità sociale[3] delle istituzioni culturali sancita dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità emanata nel 2006 e recepita in Italia dal Parlamento italiano il 3 marzo 2009 con Legge n. 18 Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. I principi espressi dalla convenzione guidano le istituzioni in ambito di accessibilità, fruizione e programmazione culturale.[4]

Per un museo la qualità dell’accessibilità è quindi data non solo dalla qualità dell’accoglienza degli spazi e dall’allestimento delle opere, dalla segnaletica, dall’accesso all’informazione, ma anche dalla specificità offerta dai servizi finalizzati all’apprendimento delle persone con disabilità sensoriali o con disabilità psichiche e cognitive. Le attività didattiche, all’interno della progettazione museale sono quindi uno strumento indispensabile, non solo per far sì che le persone con disabilità possano comprendere e vivere al meglio in un ambiente validante l’esperienza culturale proposta attraverso strumenti idonei e specifici, ma anche per rendere sempre più lo spazio museale un luogo di condivisione, partecipazione, costruzione e diffusione di narrative plurali e diversificate.

L’educazione estetica delle persone con disabilità[5] è stata negli ultimi anni al centro di numerosi incontri istituzionali, convegni,[6] corsi di formazione e studi[7] che hanno visto la nascita di diversi contributi teoretici volti a sviluppare metodi pedagogici grazie alla collaborazione fra diverse figure professionali, che possono permettere e garantire non solo l’accesso ai beni culturali ma favorire la formazione e l’integrazione sociale dei disabili all’interno di un ormai acquisito riconoscimento della funzione educativa e riabilitativa dell’esperienza estetica.

Negli ultimi anni la Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di Palermo ha avviato una fitta programmazione rivolta all’accessibilità e ad implementare l’offerta di attività educative sul territorio cittadino;[8] nell’ambito di queste attività è nato un programma per ragazzi affetti dallo spettro autistico, denominato Inter-Art-in-GAM, sperimentato nel 2015 dalla collaborazione fra lo staff del museo con Neuro-team Life and Science.[9] Le autrici del presente contributo si sono occupate con un approccio interdisciplinare delle fasi di ricerca, progettazione e conduzione del programma con scopo riabilitativo rivolto ad adolescenti con autismo, volto a stimolare le funzioni socio-cognitive attraverso i processi creativi dell’arte. L’articolo ripercorre le fasi che hanno portato alla sua realizzazione: una prima fase di ricerca e confronto sui presupposti teorici e le pratiche operative; una seconda che ha visto la definizione dei percorsi educativi e infine una terza dedicata alla realizzazione di tre laboratori che hanno coinvolto sette adolescenti con diagnosi di autismo a medio funzionamento e alla loro valutazione. I percorsi proposti all’interno delle sale espositive e negli spazi museali dedicati alle attività didattiche hanno avuto lo scopo di incrementare attraverso l’osservazione di alcune opere e attraverso i laboratori artistici le competenze relazionali dei partecipanti connesse alle sfere emotive, corporee e spaziali. Dopo la fase di sperimentazione più che positiva, a partire da marzo 2016 il progetto è entrato a far parte dei programmi educativi del museo ed è stato aperto alle scuole e alle famiglie.

L’esperienza dell’opera d’arte al museo e il potere delle immagini Roberta Priori

La fruizione dell’opera d’arte assume un ruolo centrale e determinante per la programmazione dell’attività educativa di un museo,[10] soprattutto per quella rivolta alle persone con disabilità fisiche, motorie, sensoriali e cognitive. Il tema continua a stimolare riflessioni sulle pratiche volte all’apprendimento e nell’ambito della didattica sperimentale delle arti.

Prima di passare alla descrizione delle fasi di svolgimento del progetto Inter-Art-in-GAM è necessaria una premessa su quelli che sono stati i presupposti teorici da cui la nostra riflessione è iniziata. Il nostro contributo si sofferma soprattutto su uno degli aspetti legati alla fruizione: quello che indaga le reazioni delle persone di fronte a un’opera d’arte.

David Freedberg, storico dell’arte, “Pierre Matisse Professor” alla Columbia University, e direttore dell’Italian Academy di New York, è tra gli studiosi che negli ultimi decenni ha contribuito in maniera determinante in ambito estetologico alla riflessione sull’argomento con lo scopo di comprendere le risposte e le emozioni umane di fronte ad un opera d’arte. Nel suo celebre saggio Il potere delle immagini, pubblicato nel 1989[11] lo studioso afferma il ruolo delle emozioni nell’esperienza estetica ponendo le basi per le connessioni fra la sperimentazione neuroscientifica e cognitivista e le categorie estetiche.

L’interesse per il rapporto tra corpo, emozioni e risposta alle immagini risale ai suoi primi studi e interventi sui contesti storici dell’iconoclastia e della censura.[12] Nel volume The power of images sono descritte le risposte positive e negative alle immagini con la discussione sulle reazioni psicologiche e comportamentali che esse suscitano. Il libro non affronta però ancora il nesso tra le immagini come appaiono e le reazioni emozioni che esse provocano [13] sottolineando «quanto la storia dell’arte abbia trascurato il ruolo delle emozioni, o meglio, di quanto sistematicamente le abbia disciplinate, come se, ignorandole, potesse evitarne l’esplosione».[14]

Altro ambito che secondo Freedberg necessitava di essere indagato e approfondito era quello dell’empatia. L’argomento era stato trattato alla fine del XIX secolo; nel 1873, fu Robert Vischer ad introdurre in estetica la nozione di empatia, in un suo intervento dal titolo Über das optische Formgefühl.[15]

Come spiega Vittorio Gallese, neuroscienziato dell’Università di Parma, con il termine empatia, Einfühlung,letteralmente “sentire all’unisono”:

Vischer si riferiva alle risposte fisiche generate dalle osservazioni di forme di arte visiva. Descrisse come particolari forme fossero in grado di evocare in risposta particolari sensazioni, sulla base della conformità delle forme artistiche della struttura e funzione della muscolatura corporea, da quella degli occhi a quella degli arti, fino alla postura corporea in generale. Vischer distinse chiaramente una nozione passiva della visione – vedere – da una attiva – guardare esplorando con i movimenti degli occhi. Secondo Vischer, l’atto di esplorare con gli occhi caratterizza meglio di ogni altro la nostra esperienza estetica di fronte a immagini in generale, e opere d’arte in particolare, come un processo motorio.[16]

Continua Gallese, citando Vischer:

Possiamo spesso osservare in noi stessi il fatto curioso che uno stimolo visivo sia esperito non tanto con i nostri occhi, quanto con un diverso senso in un'altra parte del nostro corpo […]. L’intero corpo è coinvolto; l’intero essere corporeo è mosso. […] Perciò ogni sensazione empatica in ultima analisi conduce a rafforzare o indebolire la generale sensazione vitale [allgemeine Vitalempfindung].[17]

Questo modo di concepire la percezione dell’arte, continua Gallese:

implica un coinvolgimento empatico che, a sua volta, comprende una serie di reazioni corporee da parte dell’osservatore. Forme particolari osservate evocherebbero così specifiche reazioni emozionali sulla base della conformità delle prime al corpo dell’osservatore. Secondo Vischer, le forme simboliche acquisiscono il proprio significato prima di tutto in ragione del proprio contenuto antropomorfo. I simboli sono qualcosa di differente dalla manifestazione indiretta di concetti. È attraverso la non conscia risonanza della propria immagine corporea che l’osservatore è in grado di stabilire una reazione con l’opera d’arte.[18]

Dal 1893 Aby Warburg scrive delle Pathosformeln, formule del pathos, attraverso le quali le forme esteriori di un movimento in un’opera rivelano e comunicano le emozioni interiori del personaggio interessato.[19] Quasi contemporaneamente Bernard Berenson teorizza il concetto di “Valori tattili”, «che garantiscono all’opera d’arte “quella qualità” che lui stesso definisce “esaltazione di vita […]». Riferendosi ai lottatori di Pollaiolo, infatti, Berenson «descrive come l’osservazione di una simile opera d’arte possa provocare nello spettatore un senso di possibilità muscolare e fisica che è in realtà ben oltre le sue possibilità».[20]

Le teorie fin qui accennate suggeriscono che posti di fronte ad un qualsiasi tipo di immagine è impossibile separare le risposte fisiche da quelle emotive.

Esse, infatti, viaggiano all’unisono. Un passo significativo in questo senso è stato compiuto grazie al lavoro sui neuroni specchio mirror neurons svolto da un gruppo di neuroscienziati dell’Università di Parma diretto da Giacomo Rizzollatti.[21] Si tratta di una scoperta che fornisce una promettente spiegazione per la simulazione dell’azione percepita e delle emozioni degli altri e che ha forti conseguenze anche nel campo della storia dell’arte. Il potere delle immagini non risiede nelle associazioni che esse suscitano, ma si trova in qualcosa di più autentico, più reale e infinitamente più afferrabile. La scoperta dei neuroni mirror ha modificato il modo tradizionale di concepire i meccanismi alla base della comprensione delle azioni osservate. L’osservazione di un’azione, infatti, sembra attivare lo stesso circuito nervoso che ne controlla l’esecuzione. Una stessa azione viene dunque simulata nel cervello dell’osservatore e percepita nel mondo. Questo meccanismo di simulazione può essere posto alla base di una comprensione implicita delle azioni altrui.[22]

Neuroscienze e arte Angela Giardina

Un crescente numero di ricerche nel campo delle neuroscienze cognitive suggerisce l’esistenza di marcate interazioni tra lo sviluppo delle competenze sociali ed emotive e l’esperienza estetica. A questo riguardo, gli studi di neuroestetica, o neurologia dell’estetica, nuova disciplina del campo delle neuroscienze che si apre all’indagine dell’arte attraverso una prospettiva neurobiologica,[23] hanno lo scopo di comprendere e descrivere i processi senso-motori ed emotivi che intervengono durante la percezione degli oggetti d’arte.[24]

L’esperienza estetica, come abbiamo visto, secondo Gallese[25] si esprime attraverso correlati fisiologici brain-body, i quali permetterebbero di far “risuonare” la raffigurazione osservata in una esperienza interiore mediata dal corpo. In tale esperienza sarebbero le intenzioni sottese nell’opera raffigurata ad essere immediatamente comprese da colui che osserva, sia in termini motori, quindi nel riconoscere l’obiettivo dell’azione osservata,[26] sia in termini emotivi, nell’ esperire cioè gli stati d’animo ad essa associati. Questo tipo di conoscenza, che è possibile definire intercorporale, sarebbe sostenuta da meccanismi di simulazione incarnata[27]attivi durante tutte le esperienze intersoggettive. La comprensione di ciò che ci circonda in termini di simulazione mediante il nostro corpo o di imitazione interiore del gesto osservato, trova il suo riferimento neuroanatomico nei Mirror Mechanisms.

Tali meccanismi neurofunzionali sono responsabili della comprensione automatica delle intenzioni del comportamento osservato, mediante l’attivazione cerebrale delle medesime risorse neuronali tra colui che osserva e colui che agisce.[28] Nell’esperienza estetica la conoscenza ‘intercorporale’ innescherebbe in colui che osserva una sorta di imitazione corporea delle azioni raffigurate, di empatia non mediata con lo scenario emotivo descritto, e nel caso di artefatti simbolici, di sintonizzazione motoria con i gesti che l’artista ha eseguito per realizzare la sua opera.[29] Le esperienze di simulazione esperite nell’ambiente impegnano, o piuttosto, obbligano gli agenti – colui che osserva e colui che agisce – in una relazione di tipo sociale, in altre parole in una relazione caratterizzata da scambi di significato condiviso.[30]

Disabilità e arte Angela Giardina

Alla luce di quanto detto l’incontro con l’arte può essere considerato un efficace strumento di sostegno allo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo. Sul piano educativo le ricerche indicano che gli studenti delle scuole in cui l’arte è parte integrante dei programmi formativi, mostrano un maggior rendimento scolastico sviluppando un marcato pensiero creativo, attenzione prolungata al compito, capacità di progettazione relata al raggiungimento di obiettivi, controllo dell’ansia e maggiori abilità sociali.[31] Tali risultati designano nel complesso un percorso formativo più gratificante, con un minor tasso di abbandono scolastico rispetto agli studenti che frequentano scuole in cui l’arte riveste un ruolo marginale negli insegnamenti. Risultati incoraggianti provengono anche dagli studi che indagano il ruolo dell’arte in contesti educativi speciali con studenti che presentano disabilità cognitiva.[32] La programmazione didattica inclusiva, che si serve dell’arte come strumento di apprendimento dei saperi, attinge da modelli teorici e metodiche di diversi ambiti di ricerca, secondo un’ottica multidisciplinare che ha tra i suoi obiettivi quello di comprendere come l’arte intervenga nello sviluppo dei processi cognitivi.[33] Le pratiche di impiego dell’arte, nello specifico delle arti visive, nel trattamento della disabilità, a sostegno dello sviluppo cognitivo e sociale, in Italia resta ancora sul piano sperimentale. Questo sia sul campo educativo pedagogico che finanche nella pratica clinica.

Il presente lavoro, seguendo le attuali tendenze della ricerca nel campo della neuroestetica, nasce dall’esigenza di coniugare saperi e pratiche di ambiti disciplinari che fino a poco tempo fa non trovavano terreno comune di indagine, e che oggi comunicano fittamente per giungere a conoscenze condivise. Esso si pone dunque tra gli studi pioneristici che si occupano di rispondere alla domanda di come e se l’osservazione delle opere d’arte e la loro rielaborazione cognitiva possa intervenire in termini terapeutici; in altre parole, come le arti visive possono essere impiegate in percorsi didattici a supporto di trattamenti di riabilitazione cognitiva.

Alla luce di quanto detto, la nostra opinione è che le disabilità che coinvolgono disfunzioni della sfera comunicativa ed emotiva, come nel caso dell’autismo, possano trovare grande giovamento dall’ideazione di modelli educativi e di trattamento che si pongano l’obiettivo di potenziare lo sviluppo cognitivo e sociale, impiegando le arti visive come strumento per stimolare quelle risorse brain-body,[34] che negli autistici appaiono deficitarie e/o poco sviluppate.[35]

Autismo e conoscenza intercorporale Angela Giardina

L'autismo è un disturbo pervasivo dello sviluppo, che riguarda una varietà e complessità di disordini neurologici.[36] Questi disordini danno luogo a differenti gradi di compromissione del comportamento sociale, in termini di reciprocità emotiva, di uso sociale della comunicazione verbale e non verbale, e dello sviluppo, gestione e mantenimento delle relazioni con significato condiviso. I sintomi sono riconducibili a una diade che comprende in termini nosografici: deficit persistenti nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale, e schemi inusuali di attività ristette e ripetitive.[37] Lo studio delle cause della compromissione della relazione interpersonale nell’autismo rappresenta un campo di ricerca complesso, per tutti i livelli d’indagine: nell’individuazione dei suoi meccanismi fisiologici, nella descrizione di quadri neuropsicologici e nella designazione di modelli cognitivi di funzionamento in grado di spiegare in modo esaustivo lo spettro. Una delle ipotesi emergenti nel campo delle neuroscienze cognitive ipotizza, alla base dei deficit sociali, un funzionamento compromesso dei meccanismi mirror i quali, come abbiamo detto, sostengono la comunicazione continua tra gli agenti sociali attraverso meccanismi di simulazione. La nascita di un “Sé”, che non può prescindere dalla dimensione relazionale, richiede lo sviluppo di processi di controllo in grado di sostenere il confronto tra prospettive differenti – prospettiva personale versus prospettiva dell’altro.[38] La prospettiva personale è legata prima di tutto all’esperienza di possedere un corpo che occupa un determinato spazio.[39] Staccarsi dalla propria prospettiva visiva per assumere quella di un altro agente sociale locato in una posizione differente dello spazio rispetto alla propria, comporta l’impiego di risorse di tipo embodied, di simulazione incarnata, sostenute dai meccanismi mirror.[40] Lo sviluppo di un “Sé” sociale, in grado di comprendere gli stati corporei degli altri, come gli altri vedono o sentono, appare dunque strettamente connesso alla competenze senso-motorie, quelle stesse competenze coinvolte anche nel processo dell’empatia.[41] La creazione di uno spazio intersoggettivo, necessario per lo sviluppo di un “Sé” in relazione risulta un processo difficoltoso e a volte incompiuto nel caso di soggetti con autismo.

Il progetto Inter-Art-in-GAM: uno studio intervento Angela Giardina/Roberta Priori

Alla luce delle considerazioni fin qui discusse, il presente studio ha avuto lo scopo di indagare l’effetto delle opere d’arte sulla dimensione spaziale-corporea di adolescenti con autismo a medio funzionamento, con l’ipotesi che l’intervento, attraverso laboratori artistici connessi alle sfere emotive, corporee e spaziali, potesse incrementare le loro competenze relazionali nel confronto di punti di vista differenti. Lo studio rappresenta, a nostra conoscenza, il primo lavoro interdisciplinare operato in Italia in questo ambito d’intervento.

Partecipanti

Allo studio hanno partecipato sette adolescenti maschi (di età media 14 anni) con diagnosi di autismo. Due degli adolescenti presentavano un ritardo mentale lieve. Entrambi con sviluppo del linguaggio verbale, uno di loro presentava stereotipie motorie. Il resto del gruppo non presentava ritardo mentale. Uno di questi ultimi mostrava marcate difficoltà nella espressione della comunicazione verbale, pur mantenendo un buon livello di comprensione del linguaggio.

Il progetto

Lo scopo quindi del progetto è stato quello di incrementare le competenze relazionali di soggetti con autismo attraverso esperienze gruppali con opere d’arte esposte all’interno del percorso museale della Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di Palermo.[42]

Nello specifico il progetto si è proposto di influire su componenti cognitive di tipo funzionale attraverso diverse azioni quali: stimolare la consapevolezza sulle differenze tra volto proprio e i volti degli altri; stimolare associazioni con le proprie emozioni e differenziarle da quelle degli altri; favorire la percezione dello stato degli altri mediante la simulazione delle loro azioni; stimolare il confronto tra il proprio punto di vista spaziale con quello degli altri.

Tali sotto-obiettivi sono stati individuati allo scopo di incrementare i processi di: comprensione delle intenzioni, emozioni e prospettive degli altri e stimolazione dei processi di generalizzazione.

Sono stati previsti tre incontri, ciascuno di essi ha avuto come target di intervento una delle tre aree individuate dalla letteratura scientifica come maggiormente disfunzionali in soggetti con autismo: il corpo, le emozioni e lo spazio d’interazione.

È stata somministrata una scheda di competenze in fase pre- e post-attività, per individuare i possibili effetti dell’intervento nelle sfere individuate.

Primo incontro: I nostri volti

La dimensione del ‘corpo’

Il corpo rappresenta il modello o il paradigma della conoscenzache si caratterizza attraverso le sue relazioni con il mondo.[43] La raccolta delle informazioni ambientali avviene mediante il corpo, attraverso le funzioni sensoriali e motorie, la cui organizzazione permette di creare piani cognitivi e motori di comprensione-simulazione e risposta nel proprio ambiente. La formazione della cognizione si basa sulle interazioni intrattenute con il proprio ambiente, caratterizzando la sua natura sociale e profondamente ‘incorporata’.[44]Abbiamo suggerito prima come le persone con autismo possano avare problemi nel comprendere il mondo che li circonda in termini intersoggettivi, a causa del mal funzionamento dei meccanismi mirror.

Uno degli aspetti che evidenzia la loro difficoltà nella reciprocità sociale è associata ad un deficit di percezione dei volti.[45] Il volto è la parte del corpo maggiormente saliente da un punto di vista sociale, uno stimolo rilevante per l’interazione e la comunicazione delle intenzioni tra agenti sociali. Gli autistici mostrano difficoltà nel “riconoscere” in modalità embodied - incorporata e dunque attraverso processi empatici - le emozioni che i volti esprimono.[46]

Laboratorio

Il laboratorio sul corpo dal titolo I nostri volti ha previsto un incontro di due ore. L’attività ha avuto lo scopo di stimolare, attraverso l’osservazione di ritratti presenti nelle collezioni dei dipinti del museo, l’attenzione e la riflessione sulle caratteristiche dei volti. Le opere selezionate sono Autoritratto giovanile (1807) di Giuseppe Patania, Ritratto di fanciulla con colomba (1830) di Giuseppe Patania Ritratto di giovane gentiluomo di Salvatore Lo Forte (1835-1845 circa), Bolla di sapone (1927) di Cagnaccio di San Pietro.

Stimolando la capacità di percepire le specificità e le somiglianze fra i volti osservati, l’intento è stato quello di poter generalizzare tali competenze alla rappresentazione del volto di ciascuno di loro. La prima parte dell’attività ha previsto la presentazione delle opere scelte e domande stimolo su di esse. Di seguito alcuni esempi di domande stimolo: Questo uomo/donna è giovane, vecchio/a…? Di che colore sono gli occhi e i capelli…? Il naso è a patata o all’insù…? Ti ricorda qualcuno…?

La seconda parte dell’attività è stata svolta presso gli spazi laboratoriali. Sono state presentate ai partecipanti le immagini in cartaceo delle opere osservate. Ciò che si chiedeva ai ragazzi era di realizzare con quelle opere, ritagliando e ricomponendo i vari elementi del volto (occhi, naso, ovale…), il loro volto e quello di uno dei loro compagni.

Secondo incontro. Di che colore è la felicità? Dimensione delle “emozioni”

Le emozioni rappresentano la codifica ai contenuti interni e esterni, capaci di controllare le risposte adeguate agli eventi. Abbiamo già sottolineato che l’integrità del sistema senso-motorio è cruciale per il riconoscimento delle emozioni espresse dagli altri,[47] perché supporta la ricostruzione di cosa potrebbe sentire l’altro quando esprime una determinata emozione. Tali meccanismi risultano compromessi in soggetti con autismo e possono risultare a diversi livelli compromessi nel funzionamento autistico.[48]

Alcuni studi recenti evidenziano che il colore impiegato nella realizzazione di un’opera suggerisce il suo contenuto affettivo.[49] «L’associazione “colore-significato”, afferma Gallese, si arricchisce quindi di tonalità emotive che portano i colori all’espressione simbolica di veri e propri contenuti emozionali».[50] Ramachandran già nel 2012 riscontrò la capacità di creare associazioni simboliche tra colori ed emozioni nella sindrome di Asperger, un disturbo dello spettro autistico.[51] In questo incontro il colore ha rappresentato lo strumento principale nella guida delle attività.

Laboratorio

Il laboratorio sulle emozioni dal titolo Di che colore è la felicità? ha previsto sempre un incontro della durata di due ore. Le attività hanno avuto lo scopo di stimolare la rappresentazione delle emozioni, mediante la loro “visualizzazione” attraverso elementi sensoriali capaci di caratterizzarle, mediante l’associazione ad esse di un colore. L’associazione delle emozioni ad colore permette di simbolizzarle, e di creare mappe emozionali personali da confrontare con quelle degli altri.

Come il precedente incontro, la prima parte delle attività ha previsto l’osservazione di alcune opere target funzionali a stimolare sensazioni e riflessioni sull’uso del colore per esprimere emozioni e stati d’animo. Le opere scelte per questo percorso sono I Vespri siciliani (1890-1891) di Erulo Eroli, Vento in montagna (1872) di Francesco Lojacono, Autunno (1907) di Francesco Lojacono, I carusi (1905) di Onofrio Tomaselli, Taormina (1907) di Ettore De Maria Bergler. Al gruppo davanti ai dipinti sono state sottoposte le seguenti domande stimolo: Qual è il colore dominante in quest’opera? Come ti fa sentire questo dipinto? Ti rende felice? Ti spaventa?Il dipinto è luminoso? O cupo? Per finzione, quale emozione potrebbe rappresentare?

La seconda fase dell’intervento si è svolta presso i locali del laboratorio della GAM, per la realizzazione della “mappa” delle proprie emozioni e confronto con quelle degli altri. Ai ragazzi è stato chiesto di associare le emozioni felicità, rabbia, disgusto, tristezza, ad un colore che meglio per loro le rappresentasse. Ciascun colore scelto veniva riportato a tempera sotto l’emozione corrispondente al’interno di un quadrante di un grande foglio bianco suddiviso in quattro parti: uno per ogni emozione. I ragazzi osservando le scelte da loro fatte e quelle dei loro compagni venivano stimolati a commentarle: come mai hai scelto il rosso e secondo te perché lui ha scelto il giallo? C’è un colore per la felicità che vada bene per tutti?

Terzo incontro. Lo spazio è di tutti

Spazio Relazionale

La letteratura recente mette in evidenza come gli autistici presentino difficoltà a tracciare i propri confini spaziali rispetto a quelli degli altri, rendendo complesso nella loro esperienza assumere il punto di vista spaziale degli altri e a differenziarlo dal proprio.[52] Questa dimensione risulta intrinsecamente associata con i meccanismi di percezione del corpo e dell’elaborazione delle emozioni descritte precedentemente, nonché con lo sviluppo della cognizione sociale, in cui prospettive differenti sono continuamente messe a confronto.[53]

Il laboratorio dal titolo Lo spazio è di tutti ha previsto anch’esso un incontro della durata di due ore. Lo scopo del laboratorio è stato quello di stimolare la capacità di riprodurre nello spazio, attraverso i propri corpi, la posizione raffigurata da alcune sculture presenti in galleria le quali rappresentano azioni in movimento: Gli Iracondi (1910) di Mario Rutelli, e Caino di Domenico Trentacoste. Tra le domande stimolo Cosa sta/stanno facendo? Dove si trova/trovano? Cosa sta pensando? Che posa assumeresti tu se provassi lo stesso? Fammela vedere. Presso gli spazi laboratoriali è stato chiesto ai ragazzi di realizzare tutti insieme, attraverso la manipolazione dell’argilla, una scultura tra quelle osservate e imitate nelle sale espositive riproposta da alcuni di loro che fungevano da modelli. La scultura realizzata nasceva dall’esperienza personale/corporea che i ragazzi avevano acquisito dell’opera che veniva così ricopiata/manipolata in un prodotto comune.

Discussione sugli esiti Angela Giardina

Dall’analisi delle competenze nelle aree individuate dal presente lavoro il gruppo ha mostrato un incremento nella gestione dei comportamenti richiesti nelle diverse attività intraprese. Nello specifico, nell’area del corpo i ragazzi, per la riproduzione del loro volto e di quello di un loro compagno, nel complesso hanno mostrato una adeguata applicazione dei suggerimenti e delle riflessioni compiute di fronte alle opere, accompagnando l’attività con commenti frequenti sulle scelte fatte da ciascuno per la realizzazione di somiglianze e differenze. Nell’item della scheda di valutazione, dell’area della Percezione – Capacità di cogliere somiglianze e differenze tra volti differenti – tutti i partecipanti, rispetto alla valutazione di base, hanno avuto un incremento, mostrando un livello adeguato di comprensione del compito e di manipolazione degli elementi per realizzarlo. Questo è stato riscontrato anche per i partecipanti che inizialmente presentavano un punteggio più basso, e che, come era prevedibile, si sono maggiormente attenuti ad un piano concreto nella realizzazione dei loro prodotti: hanno ricostruito il volto scegliendo nel complesso un maggior numero di pezzi appartenenti alla stessa opera. Anche loro hanno però mostrato una buona capacità di argomentazione delle scelte effettuate – perché hai scelto questi occhi e questo naso per rappresentarti? Perché hai scelto questi occhi e questo naso per rappresentare il tuo compagno? –, evidenziando durante la realizzazione l’adesione alla strategia richiesta dal compito (riprodurre somiglianze e differenze tra i volti), seppur con la presenza di elementi percettivi interferenti, probabilmente derivanti dalla memoria dei volti osservati nelle opere d’arte, che hanno rappresentato il percetto d’ispirazione per le loro realizzazioni.

L’area delle emozioni è stata quella che ha visto la maggiore partecipazione da parte di tutti. Questo si è rilevato per il numero e la pertinenza di commenti, domande e considerazioni fatte di fronte alle opere e durante la realizzazione delle mappe emotive create in laboratorio. I punteggi ottenuti nella scheda di valutazione mostrano un incremento in tutti gli item previsti per quell’area. Ciascun membro del gruppo ha mostrato una buona consapevolezza delle scelte effettuate per realizzare la propria mappa dei colori, ma anche di comprensione per le scelte diverse fatte dagli altri.

Infine, nell’area dello spazio relazionale, nell’assunzione delle posture richieste per la riproduzione delle opere scultoree, i ragazzi hanno evidenziato una buona coordinazione e capacità di auto-organizzazione, che è andata migliorando sia con il ripetersi del numero dei tentativi per ciascuna opera, che per l’imitazione delle opere successive, per cui il gruppo mostrava una accresciuta dimestichezza nella gestione dello spazio comune. La collaborazione mostrata dai partecipanti per la realizzazione di una delle sculture osservate in galleria come prodotto comune ha, a nostro avviso, suggerito l’aumentata consapevolezza della relazione interpersonale nello spazio condiviso, con la capacità di manipolare la sua rappresentazione in modalità simbolica.

Per concludere, il presente lavoro mostra l’accrescimento di competenze legate alla cognizione sociale in un gruppo di adolescenti autistici a medio funzionamento, in un percorso riabilitativo che ha impiegato le opere d’arte e le metodiche artistiche come strumenti d’intervento. È opportuno sottolineare però come la natura sperimentale del lavoro presenti diversi limiti. Il numero esiguo degli incontri previsti per ciascuna area d’intervento primo tra tutti, così come la necessità della presenza di tutor che facilitino l’accompagnamento dei ragazzi nel nuovo ambiente e fungano da supporto agli operatori. La progettazione di piani di trattamento prolungati nel tempo può rappresentare una delle sfide che questo studio multidisciplinare si auspica di inaugurare.

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Le autrici desiderano ringraziare Antonella Purpura, direttrice della Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di Palermo per la disponibilità e il sostegno dimostrati durante le fasi di ricerca e di svolgimento del progetto ed esprimere gratitudine a Gaetana Rogato, allo staff della didattica e a tutto il personale di Civita Sicilia che in vario modo ha contribuito alla realizzazione di questo lavoro.

1 Cfr. D. FERRARI, Viaggi nei musei: escursioni ed esperienze nella scoperta di se stessi, in Esperienze e percorsi alla GAM: i viaggi possibili, a cura di A. Purpura, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2014, pp. 11-14. Sulla didattica e le pratiche educative museali si veda anche C. FRANCUCCI, Museo come territorio di esperienza, Corraini, Bologna, 2017; C. DE CARLI (a cura di), Education through art. I musei di arte contemporanea e i servizi educativi tra storia e progetto, Mazzotta, Milano 2003; M. DALLARI, Educare con le arti, in “Pedagogia più didattica”, 3, ottobre 2011 e C. FRANCUCCI, P. VASSALLI (a cura di), Educare all’arte, Electa, Milano 2005.

2 V. CERUTI, Posso entrare? Esperienze di accessibilità, in Museo come territorio di esperienza…, p. 36. Cfr. anche J. CATON, L’apprendimento degli adulti al museo: l’esperienza anglosassone, in M. SANI, A. TROMBINI, La qualità nella pratica educativa al museo, Editrice compositori, Bologna 2003, pp. 146-152.

3 R. SANDELL, I musei e la lotta alla disuguaglianza sociale: ruoli, responsabilità, resistenze, in Il museo relazionale, a cura di S. Bodo, Edizioni della Fondazione Agnelli, Torino 2003, pp. 189-216.

4 L’articolo 30 della convenzione riguarda la partecipazione alla vita culturale, alla ricreazione, al tempo libero e allo sport e stabilisce che “Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di eguaglianza con gli altri alla vita culturale e dovranno prendere tutte le misure appropriate per assicurare che le persone con disabilità: a) godano dell’accesso ai materiali culturali in formati accessibili; b) abbiano accesso a programmi televisivi, film, teatro e altre attività culturali, in forme accessibili; c) abbiano accesso a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici, e, per quanto possibile, abbiano accesso a monumenti e siti importanti per la cultura nazionale. 2. Gli Stati Parti prenderanno misure appropriate per dare alle persone con disabilità l’opportunità di sviluppare e realizzare il loro potenziale creativo, artistico e intellettuale, non solo a proprio vantaggio, ma anche per l’arricchimento della società. 3. Gli Stati Parti prenderanno tutte le misure appropriate, in conformità con il diritto internazionale, per assicurare che le norme che tutelano i diritti della proprietà intellettuale non costituiscano una barriera irragionevole e discriminatoria all’accesso da parte delle persone con disabilità ai materiali culturali. 4. Le persone con disabilità dovranno essere titolari, in condizioni di parità con gli altri, del riconoscimento e sostegno alla loro specifica identità culturale e linguistica, ivi comprese la lingua dei segni e la cultura dei non udenti. 5. Al fine di permettere alle persone con disabilità di partecipare su base di eguaglianza con gli altri alle attività ricreative, del tempo libero e sportive, gli Stati Parti prenderanno misure appropriate per: a) incoraggiare e promuovere la partecipazione, più estesa possibile, delle persone con disabilità alle attività sportive ordinarie a tutti i livelli; b) assicurare che le persone con disabilità abbiano l’opportunità di organizzare, sviluppare e partecipare ad attività sportive e ricreative specifiche per le persone con disabilità e, a questo scopo, incoraggiare la messa a disposizione, sulla base di eguaglianza con gli altri, di adeguati mezzi di istruzione e formazione e di risorse; c) assicurare che le persone con disabilità abbiano accesso a luoghi sportivi, ricreativi e turistici; d) assicurare che i bambini con disabilità abbiano eguale accesso rispetto agli altri bambini alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative, di tempo libero e sportive, incluse le attività comprese nel sistema scolastico; e) assicurare che le persone con disabilità abbiano accesso ai servizi da parte di coloro che sono coinvolti nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive. in Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, 13 dicembre 2006. La normativa relativa all’accessibilità degli spazi pubblici nel nostro paese nasce con la legge n. 118 del 30 marzo 1971 Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili. In seguito la legge n. 104 del 5 febbraio 1992, Legge quadro per l’assistenza, integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, «non si sofferma, commenta Veronica Ceruti, come enuncia il titolo stesso, all’aspetto di accessibilità fisica, ma denota un cambiamento non indifferente nella considerazione dell’individuo diversamente abile inserito in un contesto sociale. La 104/92 affronta ogni aspetto della partecipazione del cittadino con disabilità all’interno della società; esso viene finalmente contemplato nel suo sviluppo completo e unitario e si stabiliscono gli interventi in grado di agevolare la fruizione di tutti i servizi con cui si viene in contatto nell’arco di una vita, dall’assistenza alla cura, fino all’accesso alla formazione e alla cultura». Cfr. V. CERUTI, Posso entrare? Esperienze di accessibilità, in Museo come territorio di esperienza…, p. 37.

5 Cfr. L. SECCHI, L’educazione estetica per l’integrazione, Carocci, Roma 2004. Segnalo poi una esaustiva e completa bibliografia sulle tematiche relative all’accessibilità museale nella pagina web delle azioni della Commissione Accessibilità ICOM Italia, scaricabile al seguente link:

http://www.icom-italia.org/index.php?option=com_phocadownload&view=category&id=31:documenti&Itemid=103.

6 Cito in questa sede tra i più recenti quello svoltosi presso Palazzo Strozzi nel 2016: L’arte accessibile. Musei e progetti per persone con disabilità, Convegno internazionale (Firenze, Palazzo Strozzi, 10-11 novembre 2016).

7 Fra tutti segnalo qui i contributi presenti in L'arte a portata di mano. Verso una pedagogia di accesso ai Beni Culturali senza barriere, Atti del convegno (Portonovo di Ancona, 21-23 ottobre 2004), Armando editore, Roma 2006.

8 La Galleria d’Arte Moderna di Palermo ha svolto e svolge un ruolo pioneristico in Sicilia in ambito di accessibilità. Nell’ambito del progetto GAM Bene Comune, che ha permesso alla GAM di costruire una fitta rete di imprese specializzate nella valorizzazione dei beni culturali e realtà del Terzo Settore cittadino, si sviluppano collaborazioni e attività volte alla realizzazione di un centro di produzione e diffusione culturale. Per maggiori approfondimenti si rimanda direttamente al sito web del museo www.gampalermo.it. Ai non vedenti e ipovedenti è consentita l’esplorazione tattile di alcune sculture e sono saltuariamente proposti al pubblico visite tattili e laboratori multisensoriali. Dal 2016 è attivo un programma dedicato alle persone con Alzheimer e a chi se ne prende cura denominato Ri-narrarsi attraverso l’opera d’arte nato dalla collaborazione fra il museo, Civita Sicilia e l’Unità di Geriatria e Lungodegenza e con l’Unità Valutativa Alzheimer n. 6 del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo e l’associazione A.L.M.A. (Associazione Lotta Malattia Alzheimer). Dopo la fase di sperimentazione, a partire da settembre 2016 il progetto è entrato a far parte dei programmi educativi della Galleria d’arte moderna. Gli esiti del progetto sono stati presentati al pubblico il 2 febbraio 2017 presso la GAM. Sui primi progetti di accessibilità in GAM cfr. R. PRIORI, Un museo di tutti. Per una cultura senza barriere, in Esperienze e percorsi alla GAM: i viaggi possibili…, pp. 22-23.

9 È un’associazione a vocazione sociale e a scopo scientifico, attiva sul territorio di Palermo, che comprende un’équipe con diverse competenze: neurologi, neuropsicologi, psicologi clinici, psicoterapeuti.

10 Sull’argomento rimando al recente saggio S. SPADONI, Sulla fruizione dell’opera d’arte, in Museo come territorio di esperienza…, pp. 55-67.

11 D. FREEDBERG, The power of images. Studies in the History and Theory of Response, University of Chicago Press, Chicago-London 1989 (trad. it. Il potere delle immagini. Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico, Einaudi, Torino 1993).

12 Cfr. D. FREEDBERG, Iconoclasts and Their Motives, Gary Schwartz, Maarsen 1985.

13 D. FREEDBERG, Immagini e risposta emotiva: la prospettiva neuroscientifica, in A. OTTANI CAVINA (a cura di), Prospettiva Zeri, Umberto Allemandi, Torino 2009, p. 87.

14 Ibidem. Qui si riferisce alle teorie del filosofo inglese Robin George Collingwood, che esclude categoricamente che le emozioni siano uno dei fattori costitutivi dell’arte. Cfr. R.G. COLLINGWOOD, The Principles of Art, The Clarendon Press, Oxford 1938.

15 R. VISCHER, Über das optische Formgefühl, Hermann Credner, Leipzig 1873. Lo studioso è tra i primi a ipotizzare un rapporto tra empatia (Einfühlung) e esperienza esteticae ad affermare che «artisticamente l’uomo affronta il mondo non solo con il senso della vista, ma con un più profondo insieme di sensazioni corporee, la principale delle quali era l’Einfühlung, ovvero una sensazione sensomotoria “interna” creata dalle forme visive». Cfr. H.F. MALLGRAVE, Emozioni spaziali, in “La Domenica” supplemento de “Il Sole 24 Ore”, 20 ottobre 2017. Su empatia e architettura cfr. H.F. MALLGRAVE, L’empatia degli spazi, Raffaello Cortina editore, Milano 2015. Anche Heinrich Wöllflin affronta l’argomento in H. WÖLLFLIN, Prolegomena zur einer Psycologie der Architektur, in J. GANTNER (a cura di), Heinrich Wöllflin. Kleine Schriften (1886-1933), Schawabe, Basilea 1946, pp. 13-47 (trad. it. a cura di L. Scarpa, Psicologia dell’architettura, Cluva, Venezia 1985). «In questo saggio giovanile Wöllflin studiava il rapporto tra architettura e reazioni psicofisiche individuali, applicando le teorie dell’Einfühlung, nonchédalle tesi elaborate dagli psicofisiologi attivi della seconda metà del XIX secolo tra cui Theodor Lipps, secondo cui nel processo conoscitivo è fondamentale l’aspetto fisiologico; la nostra psiche reagisce agli stimoli che provengono dalle forme esterne e quindi anche su quelle artistiche, architettoniche in particolare. Se le forme sono simmetriche, regolari, la reazione psicofisica è di piacere estetico, di armonia con l’organicità insita nell’opera considerata “classica”; se invece i rapporti armonici delle forme sono alterati, la psiche reagisce con affaticamento, disagio, eccitazione del tutto contrari al godimento estetico provato nella situazione precedente». Cfr. G.C. SCIOLLA, La critica d’arte del Novecento, Utet, Torino 1995, p. 75. Per un’introduzione al pensiero di Wöllflin si veda ivi, pp. 74 e sgg.; pp. 105 e sgg.

16 V. GALLESE, Aby Warburg and the dialogue among aesthetics, biology and physiology, in “Ph”, 2, 2012, p. 51.

17 Ibid.

18 Ibid.

19 D. FREEDBERG, Immagini e risposta emotiva: la prospettiva neuroscientifica…, p. 96. Cfr. C. CIERI VIA, Nei dettagli nascosto. Per una storia del pensiero iconologico, Carocci, Roma 20092, pp. 31 e sgg. Per una bibliografia su Aby Warburg cfr. ivi, pp. 345-357.

20 D. FREEDBERG, Immagini e risposta emotiva: la prospettiva neuroscientifica…, p. 101.

21 L’argomento sarà approfondito nel prossimo paragrafo.

22 D. BRUNI, Intervista a David Freedberg, in “Rivista per la Formazione, Tendenze - Pratiche – Strumenti”, n. 87, 2011, p. 83.

23 S. ZEKI, Art and the Brain, in “Journal of Consciousness Studies”, 6, 1999, pp. 76-96; V.S. RAMACHANDRAN, W. HIRSTEIN, The science of art: a neurological Theory of aesthetic experience, in “J. Conscious. Stud”, 6, 1999, pp. 15-51.

24 V. GALLESE, Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale, in “Rivista di psicoanalisi”, 53 (1), 2007, pp. 197-208.

25 Ibid.

26 M.A. UMILTÁ, E. KOHLER, V. GALLESE, L. FOGASSI, L. FADIGA, C. KEYSERS, G. RIZZOLATTI, I know what you are doing: A neurophysiological study, in “Neuron”, 31 (1), 2001, pp. 155-165. https://doi.org/10.1016/S0896-6273(01)00337-3

27 Cfr. V. GALLESE, Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale, inRivista di psicoanalisi”, 53 (1), 2007, pp. 197-208 «Grazie alla simulazione incarnata ho la capacità di riconoscere in quello che vedo qualcosa con cui ‘risuono’, di cui mi approprio esperienzialmente, che posso fare mio. Il significato delle esperienze altrui è compreso non in virtù di una spiegazione, ma grazie ad una comprensione diretta, per così dire, dall’interno  […]. I meccanismi di simulazione ci forniscono uno strumento per condividere a livello esperienziale gli stati mentali altrui. Da un certo punto di vista, la simulazione incarnata può essere considerata come il correlato funzionale dell’empatia», pp. 202; 208.V. Gallese, Seeing art… beyond vision. Liberated embodied simulation in aesthetic experience, in A. Abbushi, I. Franke, I. Momennejad, Seeing with the Eyes Closed, Association for Neuroesthetics, Berlin 2011, pp. 62-65.

28 M. AMMANITI, V. GALLESE, The Birth of Intersubjectivity, Psychodynamics, Neurobiology and the Self, W. W. Norton & Company, New York, 2014; V. GALLESE, C. KEYSERS, G. RIZZOLATTI, A unifying view of the basis of social cognition, in “Trends in Cognitive Science”, 8, 2004, pp. 396-403; V. GALLESE, L. FADIGA, L. FOGASSI, G. RIZZOLATTI, Action recognition in the premotor cortex, in “Brain”, 119, 1996, pp. 593-609.

29 D. FREEDBERG, V. GALLESE, Motion, emotion and empathy in esthetic experience, in “Trends in Cognitive Sciences”, 11, 2007, 197-203; M.A. UMILTÁ, C. BERCHIO, M. SESTITO, D. FREEDBERG, V. GALLESE, Abstract art and cortical motor activation: An EEG study, Frontiers in Human Neuroscience, 6, 2012, 311, doi: 10.3389/fnhum.2012.00311.

30 V. GALLESE, Embodied simulation: from neurons to phenomenal experience, in “Phenomenology and the Cognitive Science”, 4, 2005, pp. 23-48.

31 D. SOUSA, How the arts develop the young brain: Neuroscience research is revealing the impressive impact of arts instruction on students’ cognitive, social, and emotional development, in “The School Administrator. Retrieved”, 63 (11), 2006, pp. 26-31; S. MELNICK, J. WITMER, M. STRICKLAND, Cognition and student learning through the arts, Atti del Convegno, University of CT, a cura di Northeastern Educational Research Association (NERA) 2008; K. SMITHRIM, R. UPITIS, Learning through the arts: Lessons of engagement, in “Canadian Journal of Education” 28 (1-2), 2005, pp. 109-127.

32 B. GERBER, J. KELLEMAN, Understanding students with autism through art, National Art Education Association Reston, VA, 2010.

33 J. DERBY, Disability studies and art education, in “Studies in Art Education”, 52(2), 2011, 94-111; J. DERBY, Art education and disability studies, in “Disability Studies Quarterly”, 32 (1), 2012.

34 Cfr. V. GALLESE, Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale…, pp. 197-208.

35 I.M. EIGISTI, A review of embodiment in autism spectrum disorders, in “Front Psychol”, 4, 2013, p. 224, DOI: 10.3389/fpsyg.2013.00224: Alla base dell’autismo secondo le recenti ipotesi ci sarebbe un malfunzionamento dei meccanismi di rispecchiamento sostenuti dalla simulazione incarnata - embodiment, che spiegherebbero le manifestazioni della sindrome: deficit di imitazione, di empatia e di comunicazione intenzionale; V. GALLESE, La molteplicità condivisa. Dai neuroni mirror all’intersoggettività, in A. Ballerini, F. Barale, S. Uccelli, V. Gallese, Autismo. L’umanità nascosta, Einaudi, Torino 2006, pp. 207-270. Sull’argomento cfr. T.T. BRUNEY, T. DITMAN, G.E. GILES, C.R. MAHONEY, K. KESSLER, H.A. TAYLOR, Gender and autistic personality traits predict perspective-taking ability in typical adults, in “Personality and Individual Differences”, 52 (1), 2012, pp. 84-88; K. KESSLER, H.F. WANG, Differently embodied transformations in visuo-spatial perspective taking, in “Cognitive Processing”, Atti del congresso, 13, 2012, pp. 21-22, HEIDELBERG, GERMANY, a cura di Springer Heidelberg Tiergastenstrasse.

36 D.G. AMARAL, C. M. SCHUMANN, C. W. NORDAHL, Neuroanatomy of autism, “Trends in neurosciences”, 31 (3), 2008, 137-145.

37 American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM-5®), 2013, American Psychiatric Pub.

38 K. VOGELEY, G. R. FINK, Neural correlates of the first-person-perspective, in “Trends in cognitive sciences”, 7 (1), 2003, pp. 38-42.

39 Ibidem.

40 V. GALLESE, Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale…, pp. 197-208.

41 V. GALLESE, La consonanza intenzionale. Una prospettiva neurofisiologica sull’intersoggettività e sulle sue alterazioni nell’autismo infantile, in Neuroni che sentono. Cervello, azione, empatia,“Dedalus”, 2006, pp. 18-29.

42 La Galleria d’Arte Moderna, che dal 2006 ha sede presso il complesso monumentale di Sant’Anna, nel cuore del centro storico della città ospita nelle sale espositive oltre duecento opere tra pitture e sculture, suddivise in quattordici sezioni tematiche e monografiche che illustrano il percorso delle arti figurative in Italia tra Otto e Novecento. Cfr. Galleria d’arte moderna di Palermo. Catalogo delle opere, a cura di F. Mazzocca, G. Barbera, A. Purpura, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2007.

43 M. WILSON, Six views of embodied cognition, in “Psychon Bull Rev”, 9, 2002, pp. 625-636.

44 V. GALLESE, The manifold nature of interpersonal relations:the quest for a common mechanism, in “Philos TransR Soc Lond B Biol Sci”, 358, 2003, pp. 517-528.

45 N. HADJIKHANI, R.M. JOSEPH, J. SNYDER, H. TAGER-FLUSBERG, Abnormal activation of the social brain during face perception in autism, “Human brain mapping”, 28 (5), 2007, pp. 441-449; R.P. HOBSON, J. OUSTON, A. LEE, What's in a face? The case of autism, in “British Journal of Psychology”, 79(4), 1988, pp. 441-453.

46 D.N. McINTOSH, A. REICHMANN-DECKER, P. WINKIELMn, J.L. WILBARG, When the social mirror breaks: deficits in automatic, but not voluntary, mimicry of emotional facial expressions in autism, in “Developmental science”, 9 (3), 2006, pp. 295-302; L.M. OBERMAN, V.S. RAMACHANDRAN, The simulating social mind: the role of the mirror neuron system and simulation in the social and communicative deficits of autism spectrum disorders, in “Psychological bulletin”, 133 (2), 2007, p. 310.

47 R. ADOLPHS, H. DAMASIO, D. TRANEL, G. COOPER, A.R. DAMASIO, A role for somatosensory cortices in the visual recognition of emotion as revealed by three-dimensional lesion mapping, “J. Neurosci”, 20, 2000, pp. 2683-2690; V. GALLESE, “The Empathic Body in Experimental Aesthetics – Embodied Simulation and Art” in Empathy, pp. 181-199, Palgrave Macmillan, London 2017; A.D. BAIRD, I.E. SCHEFFER, S.J. WILSON, Mirror neuron system involvement in empathy: a critical look at the evidence, in “Social Neuroscience”, 6 (4), 2011, pp. 327-335; M. IACABONI, Imitation, empathy, and mirror neurons, in “Annual review of psychology”, 60, 2009, pp. 653-670.

48 Y.T. FAN, J. DECETY, C.Y. YANG, J.L. LIU, Y. CHENG, Unbroken mirror neurons in autism spectrum disorder,in “Journal of Child Psychology and Psychiatry”, 51 (9), 2010, pp. 981-988.

49 Cfr. V. YANULEVSKAYA, J. UIJLINGS, E. BRUNI, A. SARTORI, E. ZAMBONI, F. BACCI, D. MELCHER, N. SEBE, In the eye of the beholder: Employing statistical analysis and eye tracking for analyzing abstract paintings, in Atti del Convegno ACM Multimedia, ACM, New York 2012 DOI: 10.1145/2393347.2393399; J. VAN PAASSCHEN, E. ZAMBONI, F. BACCI, D. MELCHER, Consistent Emotions Elicited by Low-Level Visual Features in Abstract Art, in “Art & Perception” 2, 2014.

50 Cfr. V. GALLESE, M. ARDIZZI, Il senso del colore. Tra mondo, corpo e cervello, in L’Emozione nei colori dell’arte, catalogo della mostra (Torino, GAM 17 marzo – 23 luglio 2017), Silvana editoriale, Cinisello Balsamo 2017, p. 30.

51 VS RAMACHANDRAN, L. MILLER, M.S. LIVINGSTONE, D. BRANG, Colored halos around faces and emotion-evoked colors: a new form of synesthesia, in “Neurocase”, 18 (4), 2012, pp. 352-8, DOI: 10.1080/13554794.2011.608366.

52 M. CONSON, E. MAZZARELLA, D. ESPOSITO, D. GROSSI, N. MARINO, A. MASSAGLI, A. FROLLI, Put myself into your place: Embodied simulation and perspective taking in autism spectrum disorders, in “Autism Research”, 8(4), 2015, pp. 454-466 «…in social cognitive tasks, individuals with ASD (Autistic Spectrum Disorder) do not resort to embodied simulation and have difficulties in cognitive control over self - and other - perspective».

53 K. KESSLER, L.A. THOMSON, The embodied nature of spatial perspective taking: embodied transformation versus sensorimotor interference, in “Cognition”, 114 (1), 2010, pp. 72-88.

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Temi di Critica - numero 14

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